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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



16/10/2009 M.Causi
Finanziaria light? Va bene, ma che non diventi anoressica
Commenti sulla riforma della legge di contabilità e finanza pubblica.
 
Riformare il processo di decisione della finanza pubblica italiana e i suoi strumenti (dal DPEF alla legge finanziaria) è obiettivo sacrosanto.
Si tratta di un assetto, datato 1978 e riformato parzialmente durante gli anni ´90 da Ciampi e due anni fa da Padoa Schioppa, in manifesta crisi ormai da molti anni. Manifestazione esterna della crisi sono stati, fino al 2008 e lungo le due ultime legislature, i reiterati voti di fiducia su maxi-emendamenti per procedere all´approvazione parlamentare delle leggi finanziarie e, nel 2008, il ricorso a un decreto legge approvato a luglio contenente la manovra triennale, seguito da un cospicuo numero di decreti legge in materia economico-finanziaria.
Insomma, è chiaro che il circuito Governo-Parlamento in materia di decisioni finanziarie non funziona. Con le leggi esistenti, e con i regolamenti parlamentari vigenti, il Governo non è affatto sicuro di poter vedere approvate in tempo misure per le quali la tempestività è cruciale. Dall´altro lato, se si svuotano le leggi con il ricorso reiterato e anomalo alla decretazione d´urgenza, si rischia di alterare profondamente l´equilibrio dei poteri: i Parlamenti delle moderne democrazie nascono con il ruolo primario di decidere e controllare come vengono spesi dal Governo i soldi dei cittadini (no taxation without representation), e nella situazione italiana ormai questo equilibrio è stato pericolosamente compromesso.
La crisi è aperta da anni anche su altri fronti. Ad esempio:
(a) il coordinamento fra decisioni di finanza pubblica centrali e locali;
(b) la concentrazione parossistica della discussione pubblica e dello scontro politico sulle previsioni legislative relative al bilancio e sulle manovre correttive, mentre poco si sa e poco si discute delle effettive realizzazioni, anche perché la reportistica esistente non consente con facilità di raccordare leggi di spesa, missioni e programmi del bilancio e valutazione dei risultati conseguiti su obiettivi misurabili;
(c) la certezza delle poste finanziarie in gioco e dei loro effettivi andamenti, i quali sono stati negli ultimi anni più volte corretti in corso di esercizio, o a esercizio concluso, non solo per l´inevitabile effetto del ciclo economico, ma anche per l´impatto delle nuove regole europee e per la scarsa omogeneità delle regole contabili all´interno del perimetro delle amministrazioni pubbliche.
La riflessione sulla riforma è avviata ormai da anni, ed ha ampie componenti e convergenze bipartisan, di cui è testimonianza il largo voto favorevole che il testo, attualmente all´esame della Camera, ha ricevuto nell´assemblea del Senato. Il consenso coinvolge, in particolare, tre obiettivi:
 superare una formulazione eccessivamente eterogenea ed estensiva della legge finanziaria, da una lato riportando maggiore centralità al bilancio (preventivo e consuntivo) articolato in missioni e programmi, dall´altro lato restituendo a sedi legislative proprie tanti contenuti di legge che, nel corso degli anni, trovavano espressione solo approfittando del veicolo della legge finanziaria. In sostanza, riportando lo spirito della legge finanziaria a quello del 1978, e cioè di manovra correttiva del tendenziale a legislazione vigente, non appesantita da misure legislative che hanno altre finalità (di riforma organizzativa, di politica industriale, di politica economica strutturale, ecc.) e che devono ritrovare la loro collocazione in provvedimenti collegati alla manovra finanziaria come provvedimenti di settore attraverso cui il Governo ha la possibilità di attuare il suo programma;
 armonizzare i bilanci delle pubbliche amministrazioni e superare le reiterate difficoltà di acquisizione dei dati e di loro aggregazione;
 rendere più trasparenti e leggibili tutte le procedure con cui i bilanci vengono costruiti e modificati, e in particolare quelle per la definizione dei tendenziali e delle coperture, e superare l´asimmetria informativa che in questo campo il Parlamento subisce da parte del Governo, anche attraverso il rafforzamento di tecnostrutture indipendenti dal Governo stesso.
È sufficiente leggere i testi delle audizioni che organi istituzionali ed esperti hanno rilasciato alle Commissioni bilancio e finanze della Camera durante il mese di settembre per rendersi conto che sussistono numerosi dubbi sull´efficacia delle soluzioni proposte dall´attuale versione del testo di legge in merito a tutti e tre questi obiettivi. Non si vuole in questa nota proporre una trattazione esaustiva, ma ricordare solo alcuni esempi, sui quali si sta concentrando il lavoro emendativo da parte del Gruppo Camera del Partito Democratico:
 Spostare l´attenzione sul bilancio, e quindi su missioni e programmi: è preliminarmente necessario, a questo fine, ricostruire in via definitiva l´intera struttura del bilancio, a partire da capitoli e unità previsionali di base, chiarendo e sistematizzando la classificazione delle spese in rimodulabili e non rimodulabili, in modo da avere programmi che siano al loro interno omogenei in relazione alle materie ma soprattutto agli organi di governo che ne sono istituzionalmente responsabili. Ogni programma deve fare riferimento a un centro di responsabilità e, quindi, a un Ministro e a una Commissione parlamentare di merito, di modo che il circuito della responsabilità politica e dell´indirizzo e controllo parlamentare sia chiaro e ben regolato (nella discussione sul preventivo, in quelle infrannuali sugli aggiustamenti, in quella a consuntivo, che dovrà comprendere anche indicatori di valutazione e di risultato delle politiche). Solo così è accettabile la richiesta di conferire in via permanente, e non più eccezionale come nel decreto 112 del 2008, strumenti di flessibilità gestionale all´interno dei programmi a vantaggio del Governo. Occorre quindi prevedere una delega per completare la riforma del bilancio e per ridefinire adeguatamente i perimetri, ed eventualmente il numero, dei programmi, occorre che il parere delle commissioni parlamentari di merito sulla proposta di decreto delegato sia vincolante e occorre che gli aggiustamenti infrannuali siano portati alla conoscenza del Parlamento.
 Armonizzazione: è necessario coordinare la norma con quella parallela prevista nella legge 42 di attuazione del federalismo fiscale. Si può anche valutare l´idea che esistano due diversi comitati tecnici, il primo (quello della legge 42) che procede all´operazione di armonizzazione per i bilanci degli enti regionali e locali e il secondo per quelli dell´amministrazione statale. E´ chiaro però che i due comitati dovranno muoversi su criteri uniformi. E´ bene allora stabilire questi criteri, e farli valere per entrambe le operazioni.
 Trasparenza e tecnostrutture: il testo attuale promette un importante passo avanti nella disponibilità di dati e informazioni per il Parlamento, ma non è ancora sciolto il tema (organizzativo, ma anche di disegno istituzionale) delle tecnostrutture, sia di quelle parlamentari (dove l´obiettivo della riforma dovrebbe essere di rafforzare i servizi parlamentari, sul modello del Congressional Budget Office americano) sia di quelle intergovernative. Il testo attuale prevede una concentrazione enorme di funzioni e di potere a vantaggio della Ragioneria Generale dello Stato, mentre le istanze "multilivello" (Regioni ed enti locali) e la necessità di un disegno più equilibrato propendono per soluzioni che abbiano maggiore indipendenza dal Governo e, all´interno del Governo, da un solo Ministro, essendo la RGS un Dipartimento del Ministero dell´economia e delle finanze.
 Controllo. Il monitoraggio dei conti pubblici appare ispirato ad una impostazione fortemente Stato-centrica e sembra conferire alla RGS un potere incongruo. L´art. 17 (relativo al potenziamento del monitoraggio attraverso l´attività di revisori e sindaci) appare inoltre come un clamoroso ritorno a forme di controllo alquanto incoerenti con le disposizioni costituzionali vigenti.
Fin qui le questioni (soltanto alcune) che nascono dal filone di riflessione interno, se si vuole, alla scienza contabile e agli addetti ai lavori del processo di bilancio. C´è però un secondo filone di riflessione che impatta con il testo della legge in esame. Ed è quello originato dall´attuazione del federalismo fiscale e della Legge 42. Che i due testi non siano coordinati è rilievo fatto da tutti. Che possano essere indipendenti è quantomeno dubbio. Ne segue che c´è da fare un lavoro di coordinamento, che certamente dovrà mettere a norma il nuovo processo di bilancio con le procedure fissate nella 42, ma che potrebbe avere anche, di converso, qualche impatto di rifinitura e di completamento della stessa legge 42 (ad esempio, sulla questione degli statuti speciali regionali).
Nella legge 42 il processo di coordinamento della finanza pubblica fa perno sul DPEF, che stabilisce vincoli e obiettivi del "patto di convergenza". Era simile l´ispirazione del progetto di attuazione dell´articolo 119 che porta le firme di Prodi e Padoa Schioppa. Per il PD, quindi, il punto va tenuto fermo. E ciò implica aggiustamenti significativi all´iter del processo decisionale delineato nell´attuale testo:
 Il nuovo DPEF, la Decisione di finanza pubblica (DFP), non può limitarsi a portare "linee e indirizzi" e non può essere discusso in settembre, con scadenza così ravvicinata alla legge di bilancio e alla legge di stabilità.
 Nella DFP va realizzato il coordinamento, e vanno quindi riportate le macrocifre per funzioni e per livelli di governo (Stato, Regioni, enti locali), oltre che le informazioni ex ante ed ex post relative al patto di convergenza, le principali decisioni sull´allocazione delle risorse per le infrastrutture, quelle relative al debito.
 Ne segue che la concertazione (con gli enti locali, ma anche con le parti sociali) deve svolgersi fra giugno e luglio, e non più, com´è prassi di tutti i governi, a partire dal primo ottobre, a legge finanziaria già approvata. Si vede bene, qui, che la ricorrente accusa al Parlamento di essere un luogo di lentezza, inefficienza e opacità non sempre è intellettualmente onesta, perché se il governo convoca da un lato gli enti locali e dall´altro le parti sociali soltanto a ottobre (cosa che fa Tremonti, ma che facevano anche i governi di centro-sinistra), ciò costituisce già la base per emendamenti alla sessione di bilancio in corso d´opera, e poi tendenzialmente il 23 dicembre, di cui non è colpevole il Parlamento, ma il governo. Anche la prassi della concertazione potrebbe, se lo si vuole, essere maggiormente tutelata e proceduralizzata con la nuova legge di bilancio. Certamente di quella interistituzionale, alla luce della legge 42. Ma anche, perché no?, di quella con le parti sociali.
 Ne segue che la manovra finanziaria relativa a Regioni ed enti locali deve essere definita fin dal DFP, a fine luglio, e compresa poi in un atto autonomo (un collegato alla nuova legge finanziaria, la "legge di stabilità") che il Parlamento si impegna ad approvare prima della fine dell´anno, ad esempio entro la fine di ottobre.
Infine, emerge con grande evidenza una questione politica. Diversamente da un anno fa, quando questo disegno di legge cominciò il suo iter al Senato, oggi è molto più grande la preoccupazione per la progressiva restrizione degli spazi di tutela democratica nel paese e nelle istituzioni. L´opposizione, almeno è questo il parere emerso durante le riunioni dei componenti della Commissione bilancio appartenenti al Partito Democratico, non può contribuire ad una riforma così importante e strutturale, che potrebbe diventare insieme al federalismo fiscale uno dei vanti della legislatura in corso, se non ottiene in cambio alcune vere garanzie per l´agibilità democratica del processo di bilancio.
Abbiamo già citato due di questi possibili "paletti": un parere vincolante delle Commissioni di merito sulla nuova struttura del bilancio per programmi e una scansione temporale adeguata per i processi di concertazione-programmazione-decisione.
Ma quello più importante è la natura della legge di stabilità, la nuova legge finanziaria. E´ necessario ottenere la garanzia che la "finanziaria light" non implichi l´esautorazione del Parlamento, e quindi dell´opposizione, dalle scelte di fondo della politica economica, così come si è fatto nel 2008 e nel 2009 con le manovre per decreti.
Ciò significa che la nuova finanziaria, se dev´essere meno "heavy" delle vecchie, non può essere così "light" come qualcuno pensa. Non può diventare anoressica.
In particolare va restituito un ruolo ai collegati, con la certezza delle date della loro approvazione da parte del Parlamento. E vanno predisposte le opportune garanzie affinché quella della legge di stabilità sia una manovra vera, che non venga poi artatamente rimessa in discussione da qualsivoglia ulteriore decreto discrezionale. Eventualmente, si può pensare ad uno specifico processo di correzione infrannuale degli scostamenti, che il Governo può chiedere tramite la Relazione unificata sull´economia e sulla finanza (RUEF). In questo caso, però, la RUEF, che oggi è un atto del Ministro dell´economia e non passa neppure per il Consiglio dei Ministri, deve salire al rango parlamentare ed essere approvata con apposite risoluzioni di indirizzo.
 
 

 
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