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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



23/05/2018 
La Torino-Lione non è ad alta velocità: il programma gialloverde dice una bugia

La Torino-Lione non è ad alta velocità: il programma gialloverde dice una bugia


Non si possono raggiungere velocità troppo elevate lungo i trafori e sulle tratte di montagna

ROBERT PRATTA / REUTERS

Il programma di governo M5S-Lega afferma l´impegno a "ridiscutere integralmente" il progetto della "Linea ad Alta Velocità Torino-Lione". La nuova Torino-Lione, però, non è una linea ferroviaria ad alta velocità. Non è TAV. In francese potremmo dire che non è TGV.

Non si possono raggiungere velocità troppo elevate lungo i trafori e sulle tratte di montagna. Questo è il caso della Torino-Lione, che si compone di un traforo sotto il Moncenisio destinato a sostituire lo storico Frejus, ormai irrimediabilmente obsoleto, e di due tratte nazionali che portano da un lato a Lione e dall´altro a Torino. Il tutto senza alta velocità, impossibile in quel contesto.

Il programma/contratto M5S-Lega su questo punto contiene una bugia. Qualcuno dirà: non è l´unica. D´accordo. Qualcun altro dirà: non è la prima volta che i programmi di governo mentono. Di nuovo, d´accordo. Però questa bugia è stata rilanciata da tutto il sistema dell´informazione senza distinzione fra mezzi video, audio, on line o cartacei. Dappertutto si parla o si scrive di una TAV che non esiste. E´ una tossina avvelenata che, al pari di altre, viene introdotta nella discussione pubblica italiana rendendola sempre più disinformata e approssimativa, inconsapevolmente ideologica nell´era della post-ideologia.

Riassumiamo i fatti, che sono essenzialmente quattro. Primo, l´interscambio merci che transita fra Italia e Francia è di oltre 50 milioni di tonnellate all´anno e comprende, oltre ai flussi fra i due paesi, quelli con la penisola iberica e la Gran Bretagna, per un valore totale di circa 150 miliardi. L´Italia ha un attivo di bilancia corrente dei pagamenti secondo in Europa alla sola Germania, il che significa che milioni di posti di lavoro dipendono dal commercio internazionale. L´Italia ha quindi bisogno che il movimento delle merci generato dalla sua economia possa utilizzare infrastrutture di trasporto adeguate e moderne, smettendo di generare i pesanti impatti ambientali e gli elevati costi economici oggi prodotti dai milioni di TIR che transitano alle frontiere.

Secondo, la composizione modale del traffico che attraversa l´arco alpino occidentale è assolutamente distorta: 91 per cento su strada, solo 9 per cento su ferrovia. Questa aberrante distorsione comporta il transito annuale di 2,7 milioni di TIR, di cui 1,3 attraverso Ventimiglia e il resto diviso fra autostrade del Frejus e del Monte Bianco. I costi ambientali sono ingenti, a svantaggio non solo dei territori di frontiera alpina del Piemonte ma anche di quelli del Ponente ligure.

Terzo, una tonnellata di merci trasportata da un treno moderno produce meno del 20 per cento della CO2 prodotta dall´equivalente trasporto su strada, oltre a costare la metà. Il riaggiustamento inter-modale a vantaggio del trasporto eco-compatibile che verrà indotto dalla nuova linea ferroviaria Torino-Lione (senza alta velocità) toglierà dalle strade un milione di TIR all´anno. Farà respirare le montagne alpine e la Liguria e ridurrà le emissioni di CO2 in misura pari alla produzione di anidride carbonica di una città di 300 mila abitanti. Tutti i paesi alpini sono impegnati sull´obiettivo di togliere i TIR dalle loro strade. In Svizzera le merci viaggiano al 70 per cento su ferrovia grazie all´apertura di nuovi tunnel moderni (Loetschberg nel 2007, Zimmerberg nel 2010). A cui fra poco tempo si aggiungerà il Gottardo. Si tratta di una priorità di rango elevato per l´Unione Europea, che finanzia il 40 per cento del nuovo tunnel del Moncenisio (3,3 miliardi su 8,3 previsti, di cui 816 milioni già versati).

Quarto, l´attuale progetto del tunnel del Moncenisio e della tratta italiana è molto diverso da quello iniziale. Le critiche pressoché generali e l´opposizione alla prima versione del progetto hanno prodotto cambiamenti radicali. Nel progetto iniziale si prevedeva la realizzazione in nuova sede di 82 km di linea, ridotti a 14 con il riutilizzo della linea storica esistente, accogliendo in sostanza le critiche rivolte alla proposta originaria. Il costo per l´Italia si è abbassato a 2,9 miliardi per il tunnel del Moncenisio e 1,9 miliardi per le linee di adduzione: 4,8 miliardi contro 9 inizialmente previsti. Dato che la distanza fra Lione e il tunnel è di 150 km, contro i 60 di Torino, l´adeguamento della tratta nazionale costa di più alla Francia, con stime fra 5 e 7 miliardi. Questo è il motivo che ha portato l´Italia a decidere di accollarsi una percentuale superiore dei costi del tunnel. L´Italia, poi, con la riprogettazione avviata nel 2007 dal governo Prodi ha trovato soluzioni meno costose e con minori consumi di suolo per la tratta interna di sua competenza, e questo sembra orientato a fare adesso il nuovo governo francese per il percorso Moncenisio-Lione: per una volta, insomma, l´Italia ha anticipato la Francia. La riprogettazione ha modificato le modalità di attuazione: non più un general contractor privato secondo il modello della Legge obiettivo ma un promotore pubblico espresso paritariamente dai due paesi. A tutti gli appalti, compresi quelli in territorio francese, verranno applicate le normative antimafia italiane, che sono state riconosciute più efficaci di quelle transalpine.

Insomma, il movimento di opinione critico sul progetto originario della Torino-Lione ha ottenuto risultati rilevanti, costringendo i governi ad accogliere molti elementi di ripensamento e convincendo l´Unione Europea ad aspettare quasi dieci anni (durante i quali la Svizzera ha realizzato due progetti simili, e fra poco anche il terzo). Questo successo però non viene riconosciuto e rivendicato. Si tratta invece di una vicenda positiva, della dimostrazione che è possibile innestare una dinamica feconda fra istituzioni e società civile nel nostro paese.

Gli estensori del programma gialloverde − con qualche difficoltà, credo, per la Lega, che nel dicembre del 2016 votò in Parlamento a favore dell´accordo internazionale fra Italia e Francia che fa da cornice alla realizzazione del tunnel del Moncenisio - pensano invece che le grandi opere pubbliche vadano per principio bloccate. Usano strumentalmente come motivazione i loro costi elevati, mentre allo stesso tempo coltivano l´idea di aprire in modo inconsulto i rubinetti delle pubbliche finanze con ampie riduzioni tributarie e programmi altrettanto ampi di spesa per sussidi e pensioni.

Per costoro è difficile capire perché Cavour volle il tunnel del Frejus e perché il piccolo Stato del Piemonte, prima, e poi il giovane Stato unitario italiano se ne sobbarcarono quasi interamente la spesa, diversamente da oggi con il Moncenisio finanziato in prevalenza dall´Europa e poi dai due paesi confinanti. Non ricordano bene, come si è visto in questi giorni, cosa accadde all´Italia nei venti anni precedenti all´assunzione del governo da parte di De Gasperi. Nel caso del Frejus penseranno forse che Cavour volesse fare un favore alle mafie degli appalti o alle grandi multinazionali, dimenticando che le esportazioni italiane provengono in prevalenza da piccole e medie imprese.

Il Frejus dopo 145 anni è obsoleto sul piano tecnologico e va sostituito. Ma fu allora, ed rimasto per più di cento anni, non solo un´opera che ha aiutato lo sviluppo del paese ma anche il simbolo della visione che Cavour, che lo promosse e non poté vederlo realizzato, volle dare sulla nuova Italia finalmente riunificata: un paese deciso a mettere fine alla precedente storia di chiusura, provincialismo, arretratezza economica, sociale e culturale, perduranti conflitti intestini, e desideroso invece di aprirsi alla libertà, agli scambi culturali e commerciali, all´innovazione economica e sociale, all´Europa, alla modernità, al progresso tecnologico.

A ben pensarci l´abbandono della strategia di politica ferroviaria di Cavour è, da parte di chi vuole fermare il nuovo tunnel del Moncenisio, una responsabilità ben più grave della bugia sull´alta velocità. Emergono davvero due opposte visioni dell´Italia. E, su questo punto, quella di Cavour mantiene ancora integre motivazioni e validità. Io non ho dubbi: va difesa strenuamente.


 

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