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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



22/12/2011 M.Causi
VADEMECUM MANOVRA MONTI
VADEMECUM MANOVRA MONTI (solo parte fiscale)
 
 
Era necessaria una nuova manovra?
 
Era indispensabile per due motivi:
 
a)     le manovre di luglio e di agosto avevano lasciato numerosi punti aperti. Soprattutto, le modalità effettive con cui coprire il previsto contributo di 4, 16, 20 miliardi rispettivamente nel 2012, 2013, 2014 a carico della delega fiscale e assistenziale, oltre a previsioni di gettiti connessi alle misure anti evasione abbastanza aleatorie. La debole coerenza interna delle manovre estive, oltre alla carenza di misure strutturali, sono alla base del crollo di fiducia nei confronti dell´Italia da parte delle autorità europee, insieme alla scarsa reputazione della precedente compagine governativa e del suo Presidente del Consiglio;
b)     per effetto della minore crescita economica e del drammatico aumento dei tassi d´interesse, è stato necessario apportare un ulteriore aggiustamento pari a 1,3 punti di Pil.
 
 
Questa manovra è strutturale?
 
Indubbiamente sì, e infatti è percepita come molto dura e dolorosa. Dal lato fiscale vengono: introdotti nuovi tributi, come l´Imposta municipale propria; ampliate le basi imponibili; aumentate le aliquote di imposte esistenti, come Iva e accise. Dal lato delle spese il passaggio al sistema contributivo pro rata per tutti completa in modo definitivo la riforma pensionistica avviata nel 1995.
 
 
Basterà questa manovra, saranno utili i sacrifici?
 
La tempesta della crisi coinvolge l´intera area dell´Euro, e l´Italia in particolare per la fragilità connessa al suo elevato debito pubblico, accoppiata al fatto che cresciamo molto poco da ormai undici anni. Abbiamo anche un elevato deficit di bilancia corrente dei pagamenti (circa 50 miliardi all´anno di importazioni di beni e servizi superiori alle esportazioni). Per l´Italia è inevitabile (anche se l´Euro non esistesse) un aggiustamento che passi attraverso una fase di austerità e di riforme per la crescita. La crisi ha però messo in evidenza la fragilità dell´intera costruzione europea. Per avere una politica economica comune (ad esempio, sul fronte della stabilizzazione finanziaria) è necessario innanzitutto avere un vero coordinamento delle politiche fiscali e di bilancio all´interno dell´eurozona. Ci si sta arrivando con molta fatica e troppa lentezza, a causa di un governo inefficace della crisi da parte dell´asse franco-tedesco.
 
Le decisioni dell´ultimo vertice europeo tuttavia vanno nella giusta direzione, grazie anche alla nuova posizione assunta dall´Italia, che non è più nelle condizioni di subire, marginalizzata, le decisioni altrui, ma può esercitare con l´autorevolezza della nuova compagine governativa e del suo Presidente del Consiglio un ruolo di proposta e di mediazione. Va detto però che per l´Italia il rigore fiscale è condizione necessaria ma non sufficiente all´uscita dalla crisi. Occorre che l´Europa attivi altre due direttrici di politica economica: le misure per la stabilità finanziaria, in particolare per arginare la doppia crisi dei debiti sovrani e delle banche, e le misure per la crescita. Sul primo versante l´ultimo vertice europeo ha fatto qualche passo avanti, ma ancora non conclusivo. Sul secondo versante invece l´Europa è ancora ferma per colpa della prevalenza di approcci politici conservatori e di centro-destra. In ogni caso, non vanno sottovalutate le importanti misure assunte dalla BCE per garantire liquidità al sistema bancario.
 
 
E´ Monti che aumenta le tasse o le tasse sarebbero comunque aumentate?
 
Berlusconi e il centro-destra piangono lacrime di coccodrillo per l´aumento delle tasse. Ma la verità è che, senza questa manovra, sarebbe scattata in automatico la "clausola di salvaguardia" scritta nella manovra di luglio: un taglio di 4, 16 e 20 miliardi nel 2012, 2013 e 2014 tramite il taglio lineare dei regimi esistenti di agevolazione fiscale. La maggior parte di questi regimi va a vantaggio delle famiglie con redditi bassi e medio bassi, soprattutto tramite il meccanismo delle detrazioni Irpef (per lavoro, carichi familiari, sanità, istruzione, ecc.). Monti, allora, aumenta le tasse in modo certamente più equo di come le tasse sarebbero aumentate in base a quanto previsto dalle manovre estive. Per non parlare dell´impatto sociale che avrebbe avuto reperire, come pure era previsto, una parte di quelle risorse a carico della spesa assistenziale. La manovra Monti, invece, introduce una riforma dell´Isee che permetterà di selezionare con più efficacia ed equità l´accesso alle prestazioni sociali universalistiche, e finalizza i futuri risparmi al comparto della spesa sociale e assistenziale.
 
 
Perché solo più tasse, occorre anche ridurre la spesa!
 
La manovra aggredisce anche la spesa, in particolare quella per pensioni. Introduce alcune nuove regole importanti come messaggio politico (tetti alle retribuzioni dei dirigenti pubblici, regole per quelle dei manager delle aziende pubbliche, abolizione delle province), a cui si affiancano le riduzioni di spesa che dovranno essere fatte dagli organi costituzionali (Camere, Quirinale, ecc.). Non c´è dubbio però che:
 
a)     va continuato con perseveranza e impegno il lavoro di contenimento della spesa pubblica corrente primaria (al netto degli interessi), attraverso i costi e i fabbisogni standard e le spending review;
b)     va preso l´impegno che i proventi della lotta all´evasione (che questa manovra rafforza con alcune misure molto efficaci, come ad esempio la fine del segreto bancario ai fini fiscali) vadano nel corso del tempo impiegati per ridurre la pressione fiscale e non per inseguire la spesa.
 
 
Qualche tassa viene anche ridotta, per sostenere la crescita
 
Accanto alla parte "cattiva" della manovra fiscale, ce n´è anche una "buona":
 
a)     detassazione del capitale investito nel patrimonio d´impresa, una misura chiamata oggi Ace ("aiuto alla crescita economica", ma la vera origine è nella formula inglese "allowance for corporate equity"), ma che in realtà somiglia molto alla Dit e alla super Dit introdotte dai governi dell´Ulivo nella legislatura 1996-2001 e poi abrogati da Tremonti;
b)     deducibilità dall´Ires della componente Irap legata al costo del lavoro, con un vantaggio aggiuntivo per gli occupati giovani e donne;
c)     stabilizzazione permanente delle misure di incentivo fiscale per gli interventi di efficientamento energetico e di ristrutturazione (deducibilità al 36 per cento), e mantenimento per un anno del 55 per cento per l´efficientamento energetico.
 
L´impianto della manovra è coerente con l´obiettivo a medio termine di spostare la tassazione dai fattori produttivi (lavoro, impresa) alle "cose", cioè a consumi e patrimoni. Per quanto riguarda i consumi, va ricordato che l´aliquota effettiva media delle imposte sui consumi in Italia è inferiore del 4,4 per cento alla media dell´eurozona, anche per effetto dell´evasione.
 
Va notato che gli alleggerimenti fiscali sono solo dal lato delle imprese, e non delle persone fisiche. La scelta del governo è comprensibile, in una fase di acuta crisi produttiva: si cerca, soprattutto con la deducibilità della componente costo del lavoro, una misura che sostenga la competitività delle imprese e che riduca il cuneo fra retribuzioni e costo del lavoro (lo stesso aveva fatto nel 2007 il governo Prodi). E´ necessario allora ricordare che, se l´operazione di salvataggio dell´Italia avrà esito positivo, non appena possibile occorre mettere in piedi misure di riforma strutturale della tassazione sui redditi personali, con interventi prioritari sulla prima aliquota Irpef e sul sistema delle detrazioni per carichi familiari.
 
 
Imposte patrimoniali: più 16 miliardi
 
L´Italia è in penultima posizione fra i paesi Ocse per il peso delle imposte sul patrimonio, circa un punto di Pil in meno. La manovra introduce una rilevantissima (storica) correzione strutturale a questo dato, con un contributo delle nuove imposte patrimoniali pari a più di un punto di Pil. La correzione del sistema fiscale verso i patrimoni viaggia su cinque gambe, e la più importante è la nuova imposta municipale propria (Imu).
 
 
La nuova imposta municipale
 
L´Imu era già prevista dai decreti di attuazione del federalismo fiscale, ma viene anticipata al 2012 e ne viene estesa la base imponibile con l´ampliamento alla prima casa e l´aumento della valutazione delle rendite catastali. Per quanto riguarda l´estensione alla prima casa, l´ultimo decreto varato da Calderoli prevede un´imposta molto simile a carico anche delle prime case (una nuova Tarsu-Tia ancorata ai valori catastali come "imposta comunale sui servizi"). Lega e Pdl farebbero bene, quindi, a non stracciarsi le vesti. Anche loro si erano, in limine mortis, resi conto che non si può fare il federalismo fiscale senza dare una vera autonomia tributaria ai comuni, un elemento che il PD ha sempre sottolineato e che lo ha portato a contrastare e votare contro i decreti di attuazione del federalismo relativi ai comuni del precedente governo.
 
Monti ha affrontato la questione con una significativa discontinuità e ha rafforzato l´autonomia tributaria dei comuni. Oltre all´Imu nasce il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, anch´esso legato ai valori catastali. Su questi tributi i comuni potranno esercitare un ampio margine di flessibilità tramite la variazione delle aliquote: l´Imu sulla prima casa ha un´aliquota base del 4 per mille (la vecchia Ici prima casa aveva un´aliquota media superiore al 5 per mille) e i comuni potranno variare del +/- 2 per mille; l´Imu ordinaria ha un´aliquota del 7,6 per mille, variabile nell´intervallo +/- 3 per mille; il tributo sui servizi concede ai comuni un contributo aggiuntivo alla vecchia Tarsu-Tia pari a 0,30 euro per metro quadrato e la facoltà di una maggiorazione fino a 0,40 euro.
 
Per ridurre l´impatto sociale della nuova Imu sulla prima casa è prevista una robusta detrazione di 200 euro, che aumenta per due anni di 50 euro per ogni figlio fino al massimo di 400 euro. Ai comuni viene attribuito il gettito dell´Imu sulle prime case e la metà dell´Imu ordinaria; l´altra metà va allo stato sotto forma di sovraimposta erariale. Andrà meglio messo a fuoco nei prossimi mesi il coordinamento di questa importante riforma con il funzionamento del fondo di riequilibrio e del fondo perequativo destinati ai comuni in attuazione del federalismo fiscale.
 
Alcuni punti critici restano aperti: la mancata differenziazione dell´Imu ordinaria a seconda che l´abitazione sia o meno locata (la riforma favorisce di fatto le abitazioni non locate al confronto con quelle locate, e questo non va bene); il sistema delle detrazioni, dove la detrazione fissata in modo rigido a livello nazionale contraddice la scelta di una più accentuata autonomia tributaria dei comuni (meglio sarebbe stato devolvere ai comuni la gestione delle detrazioni); l´assenza di proposte sulla questione dei soggetti esenti (no profit), alla luce dell´imminente pronunciamento comunitario (meglio sarebbe utilizzare l´introduzione sperimentale della nuova Imu per ampliare l´obbligo di dichiarazione a tutti i soggetti, compresi quelli esenti, per disporre almeno di una completa base informativa).
 
L´introduzione dell´Imu in condizioni di emergenza non ha consentito al governo di affrontare la questione del disegno tributario complessivo del federalismo. Ricordiamo che la proposta del PD prevede, nel momento in cui ai comuni sia assegnato un vero tributo proprio collegato alle basi imponibili immobiliari, l´abolizione dell´addizionale comunale Irpef. A regime, insomma, noi pensiamo che l´addizionale Irpef vada destinata alla flessibilità fiscale delle sole regioni, mentre l´Imu e il nuovo tributo rifiuti e servizi siano più che sufficienti per la flessibilità fiscale dei comuni. Anche a questo bisognerà pensare una volta terminata la fase più acuta della crisi.
 
 
Le altre quattro patrimoniali
 
Accanto all´Imu vengono introdotte, o riformate:
 
a)     l´imposta di bollo sulla detenzione di attività finanziarie, che si applica sui conti correnti con più di 5 mila euro di giacenza e sulle altre forme di detenzione di titoli;
b)     l´imposta sui beni di lusso (auto di lusso, imbarcazioni, aerei);
c)     l´imposta di bollo speciale annuale sui capitali scudati, che viene resa permanente e diventa così una sorta di "imposta sull´anonimato". Si tratta di una proposta che il PD aveva avanzato fin da agosto e che il governo Monti mette in campo, con una soluzione innovativa che la rende permanente e non una tantum
d)     l´imposta personale sul valore degli immobili e delle attività finanziarie detenute all´estero.
 
 
Ma allora: c´è o no la patrimoniale?
 
Lo spostamento verso imposte patrimoniali è strutturale e rilevante. Si tratta di imposte patrimoniali reali (fatta esclusione per il punto d) della lista precedente) e non personali. Molti avevano sposato l´idea di un´imposta patrimoniale personale. Un´imposta simile (sulle "grandi ricchezze") esiste in Francia, ma fornisce un gettito di poco più di un miliardo di euro. L´imposta patrimoniale personale è facilmente eludibile (e se lo è in Francia, figuriamoci in Italia) diversificando l´intestazione dei patrimoni, ad esempio fra i familiari oppure tramite società di comodo. Le imposte patrimoniali reali, peraltro, sono progressive "in sé", poiché i patrimoni hanno una distribuzione più concentrata dei redditi. In Italia non c´è miglior indice della capacità contributiva della qualità e del pregio, e quindi del valore, della casa di abitazione. Deve restare tuttavia fermo il duplice obiettivo di: a) dotare l´amministrazione fiscale italiana di un´affidabile anagrafe dei patrimoni personali; b) mettere in campo finalmente una riforma degli estimi catastali, al cui interno oggi esistono troppe distorsioni e difformità che riducono il potenziale di progressività dell´Imu.
 
 
Lotta all´evasione: il bicchiere è pieno per ben più della metà
 
L´obbligo di comunicazione all´anagrafe tributaria da parte degli intermediari finanziari di tutte le movimentazioni sui conti correnti e sui conti titoli è una forte discontinuità. Quando in passato Visco aveva proposto di rendere noti i soli saldi di fine anno e le giacenze medie era stato tacciato di essere un pericoloso vampiro comunista. E´ rilevante anche la trasformazione in reato penale della trasmissione di atti o documento falsi, ovvero di dati e notizie non rispondenti al vero (in questo secondo caso, previa verifica dell´assenza di dolo). Così come l´obbligo di pagamenti elettronici sopra i mille euro e l´introduzione di conti corrente "di base" gratuiti. Viene poi introdotto un nuovo regime semplificato e agevolato per le ditte individuali, i professionisti e le microimprese, che prevede da un lato collegamento telematico e tracciabilità, dall´altro lato semplificazioni e agevolazioni.
 
Fra le misure di contrasto all´evasione su cui la discussione pubblica si è soffermata negli ultimi anni alcune mancano all´appello, come la trasmissione telematica dell´elenco clienti fornitori (ma la trasmissione telematica è già obbligatoria sopra 3.000 euro per le persone fisiche e sopra 3.600 euro per quelle giuridiche) e i conti correnti dedicati delle ditte individuali e dei professionisti. Tuttavia, con la tracciabilità a mille euro e la piena informazione sui movimenti bancari e finanziari, si tratta di assenze su cui il giudizio politico va attentamente ponderato. Piuttosto, è necessario approfondire le piste di lavoro suggerite dal gruppo di lavoro sull´evasione fiscale presieduto da Giovannini, in direzione da un lato delle normative utili al contrasto dell´evasione e delle frodi Iva e dall´altro lato di ulteriori aree in cui sperimentare il meccanismo del contrasto di interessi in aggiunta a quelle già vigenti. Ed è necessaria una grande attenzione alle modalità di organizzazione e di funzionamento dell´amministrazione finanziaria, che sarà messa nelle condizioni di gestire una grandissima massa di dati e di informazioni e dovrà imparare a utilizzarle con efficienza e accortezza.
 
A completamento della manovra fiscale, negli aggiustamenti apportati in Parlamento, è stata introdotta una significativa riforma delle attività di riscossione coattiva, con il superamento del sistema di remunerazione di Equitalia tramite l´aggio e il passaggio a un sistema basato sul ribaltamento dei costi, esattamente come avviene per la fornitura di qualsiasi servizio pubblico soggetto a tariffa piena. Vengono anche migliorate, a vantaggio dei contribuenti, le condizioni di dilazione dei pagamenti. Insomma: prove generali di quel fisco "più amico" che Monti ha messo fra le priorità dell´azione di governo.
 
 
Perché dobbiamo salvare le banche?
 
Si fa molta demagogia sulle misure (europee e italiane) per il contenimento della potenziale crisi bancaria. La manovra Monti contiene la garanzia statale sulle obbligazioni bancarie, nonché la nuova Ace, che indirettamente beneficerà gli aumenti di capitale a cui le banche italiane saranno chiamate a breve anche sulla base di (in parte discutibili) regolamentazioni europee. Su questo punto è necessario che una forza riformista e responsabile come il PD non dia spazio ad alcuna slabbratura populistica.
 
Non solo una crisi bancaria può avere effetti sociali devastanti (si pensi ai cittadini che hanno i loro soldi nei conti correnti oppure nei titoli emessi dalle banche), ma questi effetti sarebbero ancora più gravi in un paese come l´Italia, dove il principale canale di finanziamento delle imprese è quello bancario. Si tratta di una peculiarità italiana, dovuta alla piccola dimensione media d´impresa, oltre che alla scarsa innovazione finanziaria che contraddistingue il nostro paese. E tuttavia si tratta di un dato da cui non si può prescindere. In Italia le banche sono il principale finanziatore dell´attività d´impresa, e tramite questo canale hanno attratto a sostegno del sistema produttivo nazionale ingenti capitali, approvvigionandosi sui mercati interbancari europeo e internazionale.
 
Quando ci si lamenta della scarsa capacità di attrazione di capitali esteri in Italia si pensa ai canali di investimento diretto. Tramite il canale bancario, però, e quindi tramite un canale indiretto, sono stati centinaia e centinaia i miliardi di euro di capitali arrivati in Italia: il prosciugamento di quel canale metterebbe in poco tempo in ginocchio l´intero paese. E lo stesso avverrebbe se il nuovo "rischio paese" percepito sul debito sovrano si dovesse trasmettere per un periodo abbastanza lungo (ma basta qualche mese!) sui tassi d´interesse di mercato pagati dalle imprese. Piuttosto, è necessario che il governo, tramite gli strumenti già esistenti, messi in campo con i provvedimento anti-crisi del 2008, ed eventualmente innovandoli e migliorandoli, e la Banca d´Italia, tramite i poteri di vigilanza, esercitino un costante monitoraggio affinché le misure di sostegno al sistema bancario si trasmettano a vantaggio (ovvero a minor svantaggio) delle imprese.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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