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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



26/03/2009 M.Causi
Disegno di legge delega sul federalismo fiscale
Una prima valutazione dei miglioramenti al testo introdotti su iniziativa del Partito Democratico
In cinque mesi di lavoro il Partito Democratico ha tentato di aggiustare l´originario testo "Calderoli" sul federalismo fiscale con l´obiettivo di renderlo conforme al dettato costituzionale, meno infarcito di egoismo territoriale, coerente con una visione innovativa dell´unità nazionale. Ad una prima valutazione, si può dire che molti di questi tentativi hanno avuto esito positivo, anche se l´impianto del testo resta comunque diverso da quello che il PD avrebbe voluto (ad esempio, la perequazione è per enti e non per "territori" e per "comunità", come proposto nel progetto di legge "Finocchiaro"; non c´è contestualità con la riforma amministrativa; non si avvia la riforma del Parlamento) e se alcune questioni non secondarie restano comunque aperte.
Complessivamente, sono state accolte − in via diretta oppure con riformulazioni − 26 nostre proposte al Senato e 45 alla Camera. In alcuni casi si è trattato di interventi di "ripulitura" e di coordinamento tecnico del testo. Ma in molti casi si è trattato di interventi sostanziali, che il presente documento illustra in dettaglio.
Principi generali
Per quanto riguarda i principi generali, viene istituita una Commissione parlamentare bicamerale di controllo sull´esercizio di deleghe così complesse e vaste, come elemento di garanzia non solo del Parlamento, ma dell´intero paese. Questo risultato, ottenuto durante la lettura in Senato, è stato migliorato alla Camera con tre ulteriori garanzie: la nomina del presidente della Commissione bicamerale è affidata ai Presidenti delle Camere; i poteri della commissione sono "rafforzati" (in caso di discordanza, il Governo deve passare per le aule delle assemblee); alla commissione è conferito anche un potere di indagine e di proposta (art. 3) .
Un altro importante risultato è il superamento del concetto di "territorialità" delle imposte erariali, che oltre ad essere incostituzionale portava con sé, nel testo originario del governo, un insopportabile segno di egoismo territoriale. L´intervento più importante è stato effettuato (in commissione Camera) all´art. 2 comma 2 lettera ee), dove il principio della delega è adesso quello della "riferibilità" al territorio delle compartecipazioni, "in conformità a quanto previsto dall´art. 119 della Costituzione". Ma rilevano anche altri interventi emendativi: il richiamo, alla lettera i) dello stesso comma 2 dell´art. 2, dell´art. 53 della Costituzione in materia di progressività e di capacità contributiva (introdotto in Senato), specificato alla Camera in termini di "salvaguardia dell´obiettivo di non alterare il criterio della progressività del sistema tributario e rispetto del principio di capacità contributiva"; il chiarimento che le compartecipazioni regionali al gettito dei tributi erariali sono definite in base al principio di territorialità "di cui all´art. 119 della Costituzione" (art. 7, comma 1, lettera d).
Una terza questione di fondo è quella relativa alla "road map" per l´attuazione dell´intero processo di riforma, che serve a incalzare il Governo nei prossimi mesi e a smascherare l´uso propagandistico che del federalismo fiscale fa la Lega Nord. E´ stato introdotto, in Senato, il termine di 12 mesi per il primo decreto attuativo, che dovrà contenere tra l´altro il quadro delle quantificazioni e i criteri per l´armonizzazione dei bilanci pubblici (art. 2, comma 6). E´ stato prescritto che un secondo decreto dovrà contenere la valutazione dei costi e dei fabbisogni standard in relazione ai livelli essenziali delle prestazioni (art. 2 comma 6, approvato in aula alla Camera). E´ stato chiarito, sempre alla Camera, che i l.e.a. e i l.e.p. sono disciplinati dalla legge statale (art. 19, comma 1-bis).
L´originario testo del Governo non conteneva alcuna previsione di coordinamento, con il rischio concreto di trasformare Stato, Regioni ed enti locali in "separati in casa" che non si parlano fra loro. Siamo risusciti a introdurre, in Senato, un principio di coordinamento della finanza pubblica "multilivello", già presente nel disegno di legge delega dell´art. 119 Prodi-Padoa Schioppa della precedente legislatura: insomma, autonomia sì, ma coordinamento Stato-Regioni-enti locali, ogni anno, con previsioni specifiche nel Dpef e nella legge finanziaria (art. 17).
Abbiamo poi introdotto un´importante novità, anche al confronto con il disegno di legge Prodi-Padoa Schioppa: la valutazione dei fabbisogni standard per il finanziamento dei servizi essenziali e delle funzioni fondamentali tramite i costi standard (efficienti) e gli obiettivi di servizio che si intendono perseguire. Gli obiettivi di servizio rappresentano la variabile "ponte" fra situazione attuale e l.e.p. Il processo di avvicinamento a questi standard viene chiamato "Patto di convergenza": convergenza verso standard uniformi di costo e di copertura dei servizi su tutto il territorio nazionale (art. 2, comma 2, lettera f e art. 17). Questi principi, presenti in modo dettagliato nel progetto di legge "Finocchiaro", sono stati accolti al Senato in modo eccessivamente sintetico, ma sono stati emendati positivamente alla Camera.
Un´altra novità voluta dal Partito Democratico è che la "divergenza" di qualche ente, prima di venire sanzionata con poteri sostitutivi e con punizioni di vario genere a carico degli organi politico-amministrativi, attivi procedure consensuali volte a riportare in carreggiata l´ente, sulla falsariga di quanto sperimentato nella sanità con il Patto per la salute. Si introducono quindi "Piani per il conseguimento degli obiettivi di convergenza", si rafforza l´assistenza tecnica delle sedi centrali (conferenza permanente) a favore degli enti che hanno bisogno di aiuto, si valorizza il metodo della diffusione delle migliori pratiche fra enti dello stesso livello, si introducono "Piani di riorganizzazione" dell´ente se a vantaggio di quest´ultimo scattano i meccanismi compensativi previsti nella fase transitoria (art. 17; art. 5, comma 1, lettera a; art. 19, comma 1, lettera c-bis).
Infine, è stato introdotto al Senato, e meglio specificato alla Camera, un percorso per l´istituzione delle città metropolitane. E alla Camera si è introdotto un meccanismo per l´eventuale avvio di tale processo anche nella città metropolitana di Roma capitale, che il Senato − tutto concentrato su Roma capitale − si era dimenticato
Assetto del sistema di finanziamento e di fiscalità
L´eliminazione della riserva di aliquota sull´Irpef-Ire come tributo proprio delle Regioni, ottenuta alla Camera, evita il rischio di "balcanizzazione" dell´imposta progressiva sui redditi. Questo rischio era stato denunciato da importanti settori dell´opinione pubblica e della comunità scientifica ed è stato eliminato con la nostra iniziativa. Ciò ha portato a qualche malumore fra gli amministratori del Nord, ma occorre ricordare che il vero colpevole è il Governo, che nel suo testo non mette al centro della riforma federale i tributi propri di Regioni ed enti locali. Anzi, dice di voler superare l´Irap, dopo aver colpito al cuore l´Ici.
E´ stato invece per iniziativa del PD che, in Senato, sono state meglio definite le materie imponibili di competenza di ciascun livello di governo, con particolare riguardo ai comuni (immobili; art. 12, comma 1, lettera b) e alle province (mobilità; art. 12, comma 1, lettera c).
Per quanto riguarda i fondi perequativi, la nostra idea è che per essi deve restare centrale la funzione dello Stato. Perequazione verticale, insomma, e non orizzontale. Abbiamo ottenuto che questo principio venisse inserito nell´originario testo del Governo, riducendone così il "potenziale" di egoismo territoriale, per i due più importanti fondi perequativi: quello per i servizi essenziali delle Regioni (art. 9, comma 1; inserito in Senato) e quello per le funzioni fondamentali degli enti locali (art. 13, comma 1, lettera a; inserito in commissione Camera). Il primo sarà approvvigionato da una compartecipazione all´Iva, il secondo dalla fiscalità generale.
Il finanziamento "base" per le Regioni, poi, verrà stabilito sulla base delle aliquote dei tributi e delle compartecipazioni tali da assicurare la piena copertura dei fabbisogni standard in una sola Regione, e non in "almeno" una Regione, come prevedeva il testo originario. Per tutte le altre Regioni scatterà il fondo perequativo. Questa modifica, introdotta al Senato, rende la perequazione più equa, a garanzia delle Regioni con minore capacità fiscale.
Anche rispondendo a nostre sollecitazioni e proposte emendative, è stato inserito in commissione Camera un importante articolo aggiuntivo (art. 24 bis) sulla collaborazione fra Stato, Regioni ed enti locali nel contrasto all´evasione fiscale, con forme di compartecipazione al maggior gettito a vantaggio degli enti territoriali e regionali.
Tenuta della finanza pubblica
In molti settori dell´opinione pubblica è sentito il rischio che il processo di riforma federale possa generare aumenti di spese e quindi aumenti della pressione fiscale. Il Partito Democratico condivide questa preoccupazione, e ha ottenuto che i decreti attuativi siano corredati da relazioni tecniche che attestino il loro effetto ai fini dei saldi di finanza pubblica, da verificare da parte delle competenti Commissioni parlamentari (art. 2, comma 3, ottenuto in commissione Camera).
E´ stato poi inserito, in commissione Camera, il principio che "dalla presente legge e da ciascuno dei decreti legislativi non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica" (art. 26, comma 3-bis).
In commissione Camera sono stati introdotti altri "paletti" finanziari: il principio che gli scarti fra preventivi e consuntivi verranno attribuiti allo Stato, se negativi, ovvero verranno compensati dallo Stato, se positivi (art. 9, comma 1, lettera e; art. 19 comma 1 lettera e-bis); il principio di simmetria fra finanziamento e aumento/riduzione delle funzioni decentrate a Regioni ed enti locali (art. 2, comma 2, lettera r).
Si è poi introdotta una specificazione in merito al trasferimento del patrimonio statale agli enti locali: esso avverrà sulla base di "apposite liste che individuino i singoli beni da attribuire", mentre nel testo governativo era genericamente legato a "tipologie di beni" (art. 18, comma 1, lettera a).
Garanzie per i territori a più bassa capacità fiscale
Il processo di riforma genera preoccupazioni fra i cittadini e gli amministratori delle aree territoriali a più bassa capacità fiscale. Ciò è dovuto anche al contesto di comunicazione politica estremista e ideologica che la Lega Nord ha messo in atto. I meridionali più attenti sanno bene che anche i loro territori avranno da guadagnare da un processo che ha l´obiettivo di responsabilizzare maggiormente le classi dirigenti locali e di portare i servizi essenziali e fondamentali verso standard di costo e di copertura di livello europeo. Cosa che oggi non avviene nella maggior parte dei territori del Sud, e certo non per colpa della riforma del Titolo V.
Tuttavia, queste preoccupazioni sono condivise dal Partito Democratico, che è un partito nazionale e che, responsabilmente, dice le stesse cose in Veneto e in Calabria. E su questo versante il nostro Partito non solo non si divide fra Nord e Sud, ma in modo unitario e convinto ha fatto proprie una serie di indicazioni emerse da parte del pensiero meridionalista più avanzato, come quelle della Svimez.
Su nostra iniziativa, alla Camera, sono state salvaguardate dal calcolo dei nuovi fondi perequativi le risorse già destinate al fondo perequativo ex legge 549/1995. Si tratta di un fondo storico di circa 2,5 miliardi, di cui 1,7 assegnati a Regioni a statuto ordinario del Sud, le quali non potrebbero sopportare una drastica contrazione di queste risorse, che sono consolidate nei loro bilanci per il finanziamento di servizi essenziali e di interventi di sostegno allo sviluppo economico e sociale (art. 8, comma 1, lettera i).
A salvaguardia delle aree sottoutilizzate, il PD ha fatto suo un emendamento proposto dalla Svimez recante il principio che l´azione per la rimozione degli squilibri strutturali si attua attraverso interventi speciali "organizzati in piani organici finanziati con risorse pluriennali". La proposta è stata accolta in commissione Camera (art. 15, comma 1, lettera d).
E´ stato accolto un nostro emendamento che salvaguarda le aree sottoutizzate all´interno dell´art. 21 sulla perequazione infrastrutturale (art. 21, comma 1, lettera 1-bis), introducendo il deficit infrastrutturale e di sviluppo fra i criteri della ricognizione. La ricognizione prevista dal comma 1 dell´art. 21 è stata estesa alle reti viarie, con particolare attenzione al Mezzogiorno. E´ stato chiarito che la fiscalità di sviluppo per le nuove imprese è destinata alle aree sottoutilizzate (art. 2, comma 2, lettera hh).
Infine, ma non certo ultimo in termini di importanza, l´obiettivo del superamento del dualismo economico del Paese è stato introdotto, con un emendamento accolto in aula alla Camera, fra i principi generali della riforma (art. 1, comma 1).
Tenuta del sistema delle regioni e delle autonomie locali
Un asse costante dell´azione del Partito Democratico è stato di introdurre garanzie affinché il processo di riforma non si trasformi in un aumento delle difficoltà di gestione ordinaria per le amministrazioni locali e regionali.
In Senato abbiamo introdotto il principio dell´integrale finanziamento del "normale esercizio" delle funzioni attribuite a regioni ed enti locali (art. 2, comma 2, lettera e).
Alla Camera abbiamo ottenuto che i meccanismi di finanziamento contenuti nella delega si applicheranno anche nel caso di ulteriore trasferimento di funzioni ai sensi dell´art. 116 della Costituzione (art. 13 bis). In Senato, era già stato ottenuto che la stessa previsione venisse fatta in modo esplicito nel caso delle funzioni amministrative riconducibili al settore istruzione (art. 8, comma 2).
E´ stato poi accolto il nostro punto di vista, in commissione Camera, volto a dare il massimo di flessibilità al finanziamento dei servizi essenziali delle Regioni: compartecipazione Iva prioritaria ma non esclusiva (art. 7, comma 1, lettera a); chiarimento che vengono finanziate anche le funzioni che, pur restando di competenza esclusiva statale, vedono le Regioni esercitare funzioni amministrative (art. 7, comma 1, lettera a; art. 8, comma 1, lettera a); salvaguardia dei contributi erariali in essere sulle rate di ammortamento dei mutui delle Regioni (art. 8, comma 1, lettera g). Quest´ultima garanzia è estesa anche agli enti locali (art. 11, comma 1, lettera e). Infine, maggiori garanzie sul trasporto pubblico locale (art. 8, comma 1, lettera c).
Nella stessa direzione ci siamo mossi per gli enti locali, facendo prevalere la nostra opinione per una maggiore flessibilità in merito al finanziamento delle loro funzioni fondamentali: l´originario testo governativo introduceva solo una compartecipazione all´Irpef-Ire; in Senato si è ottenuta la possibilità di una compartecipazione anche all´Iva (art. 12, comma 1, lettera b). In aula Camera è stato accolto un nostro emendamento che introduce l´importante principio di una perequazione della finanza comunale a vantaggio dei Comuni storicamente sottodotati (art. 20, comma 1, lettera c). Al Senato avevamo ottenuto maggiore libertà dai vincoli del patto di stabilità per la spesa in conto capitale dei Comuni virtuosi (art. 12, comma 1, lettera l), ma alla Camera questa previsione è stata vincolata all´esistenza di adeguate compensazioni.
La salvaguardia delle specificità dei piccoli Comuni è stata subordinata alla loro associazione verso l´esercizio di funzioni che raggiungano bacini di popolazione da individuare con i decreti attuativi. Insomma: un vero incentivo all´associazionismo (art. 11, comma 1, lettera g, introdotto in commissione Camera).
Le infrastrutture sanitarie, assistenziali e scolastiche sono state inserite, su nostra richiesta, nella perequazione infrastrutturale (art. 21, comma 1, commissione Camera).
I limiti ancora presenti nel disegno di legge delega
Almeno otto sono, nel nostro giudizio, i limiti ancora presenti nel provvedimento, che non siamo riusciti a modificare per il parere contrario del Governo e della sua maggioranza parlamentare:
1. La commissione bicamerale non ha parere vincolante.
2. Manca, nella road map, il legame temporale fra attuazione del codice delle autonomie e attuazione del federalismo fiscale. Il legame è solo indiretto: poiché sarà necessario stabilire costi e fabbisogni standard sulla base dei l.e.p., questo sarà impossibile in assenza della perimetrazione delle funzioni amministrative di ciascun livello di governo. Tuttavia, non è stato accolto nessun nostro emendamento in merito (neppure quello "blando" che dava indirizzo per un "parallelismo" in fase di attuazione).
3. Nel finanziamento dei servizi non essenziali delle Regioni sono previsti solo tributi propri e perequazione, e non tributi derivati e compartecipazioni. Il fondo perequativo per i servizi non essenziali delle Regioni non è soddisfacente: è di tipo orizzontale; non garantisce il pieno finanziamento delle spese nell´insieme delle Regioni; è distribuito con un criterio di capacità fiscale meno equo di quello da noi proposto.
4. Nel finanziamento delle funzioni non fondamentali degli enti locali non è chiaro se siano previste compartecipazioni non solo a tributi erariali ma anche a tributi regionali. Questa incertezza è grave, perché anche i trasferimenti di "secondo livello", quelli che oggi vanno dalle Regioni a Comuni e Province, andranno riformati ai sensi del Titolo V e trasformati in tributi propri, compartecipazioni e perequazione. E´ necessario, quindi, prevedere per gli enti territoriali la compartecipazione al gettito di tributi regionali.
5. Il fondo perequativo per le funzioni non fondamentali degli enti locali è ancora meno soddisfacente di quello dei servizi non essenziali delle Regioni: non ne viene individuata la fonte di approvvigionamento, né i criteri di calcolo e di riparto, e non ci sono garanzie del pieno finanziamento nell´insieme di comuni e province. E´ stato respinto un nostro emendamento che approvvigionava il fondo con la fiscalità generale, lo ripartiva in base ad un principio di capacità fiscale calcolato su un mix ampio di basi imponibili e garantiva il pieno finanziamento nell´insieme di comuni e province.
6. Non è stata accolta la nostra proposta di inserire la gestione dei trasporti pubblici fra i servizi essenziali delle Regioni.
7. Non è neppure stata accolta la nostra proposta di inserire i beni culturali fra le funzioni fondamentali dei Comuni. Eppure, più del 50% dei musei, archivi e biblioteche pubbliche è di proprietà dei Comuni.
8. L´autonomia dei diversi livelli di governo nella gestione della contrattazione collettiva (art. 2 comma 2 lettera ff) non è stata specificata né vincolata, al contrario di quanto richiesto dai nostri emendamenti.
Infine, non sono stati accolti nostri emendamenti in materie collaterali, ma politicamente rilevanti per sostanziare il processo di riforma in modo non soltanto fiscale-finanziario, ma anche strutturale: standardizzazione delle spese per investimenti, coordinamento dell´accesso di regioni ed enti locali ai mercati finanziari, revisione delle norme in merito all´esercizio dei poteri sostitutivi (accolto come ordine del giorno), nuovi indirizzi sulla selezione dei dirigenti negli enti pubblici locali e regionali e nelle entità a loro connesse in via diretta (agenzie, aziende speciali, società in house, ecc.), imponendo procedure pubbliche (accolto come raccomandazione).
Resta aperta la questione della partecipazione delle Regioni a Statuto Speciale al processo di riforma. Secondo l´opinione di molti il metodo dei costi e dei fabbisogni standard, poiché collegato alla sfera dei diritti dei cittadini e ad una riforma strutturale in materia economica e sociale, deve estendersi anche alle Regioni a Statuto Speciale. Alla Camera, infatti, era stato previsto che anche queste Regioni dovessero partecipare al "Patto di convergenza". Le prerogative di tali enti, tuttavia, impongono che ciò debba realizzarsi tramite la scrittura consensuale di specifiche norme di attuazione. Il Governo ha quindi presentato una modifica del testo, che il PD ha condiviso, orientata ad evitare contenziosi costituzionali e ad attivare il processo di applicazione della legge sul federalismo fiscale con procedure consensuali. Restano tuttavia due aspetti positivi: il primo è la previsione che le Regioni a Statuto Speciale con reddito procapite inferiore alla media nazionale possano accedere ai fondi perequativi per i servizi essenziali; il secondo è che, nei tavoli che il Governo aprirà con le Regioni a Statuto Speciale per il recepimento dei principi della legge sul federalismo fiscale, dovrà essere valutata la "congruità" dei trasferimenti ottenuti da queste Regioni successivamente all´approvazione degli Statuti autonomistici.
 

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