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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



28/07/2017 M. Causi
Riflessioni sulla riorganizzazione del TPL romano-laziale

Prime e provvisorie riflessioni sulla riorganizzazione del TPL romano-laziale

Gli storici problemi di regolamentazione del TPL a Roma e nel Lazio sono due: la sotto-dotazione finanziaria e la mancanza di una cabina di regia unitaria fra Roma e Lazio. A questi problemi si è aggiunto, a partire dal 2008-2009, il degrado gestionale delle aziende romane e il crollo degli investimenti per la manutenzione e il rinnovamento delle infrastrutture e delle flotte.

Sulla questione finanziaria va ricordato che ancora oggi il contributo regionale al TPL romano è inferiore a quello che, ad esempio, riceve Milano dalla Lombardia per ATM. Va anche ricordato però che la Regione Lazio ha fatto un importante passo avanti con le decisioni di agosto 2015: quello che resta da fare è un ultimo passo. L´altro elemento di arretratezza riguarda i ricavi tariffari. In linea generale, l´ultimo passo avanti della Regione, dopo quello di agosto 2015, e la riduzione dell´evasione tariffaria, insieme all´adeguamento ai costi standard, dovrebbero consentire uno scenario finanziario stabile. D´altra parte saranno proprio questi elementi (incremento ricavi tariffari e adeguamento a costi standard) a definire i criteri di premialità nelle nuove formule di ripartizione del Fondo nazionale trasporti, e quindi sarà comunque obbligatorio percorrere questa strada di recupero di efficienza.

Ancora di più si potrebbe fare se l´insieme delle risorse esistenti fosse assoggettato a una programmazione integrata e non più "compartimentata" come oggi e in passato (e cioè: TPL Roma, Cotral, ferrovie regionali, eccetera).

Il cuore della proposta che viene avanzata in questa nota è di andare a una radicale riforma della regolamentazione del TPL romano-laziale superando la separazione fra gli enti e creando una vera regia unitaria, ispirata al ben conosciuto modello di Parigi e Ile de France (ma anche Transport for London lavora con queste modalità, poiché programma e gestisce l´intera "Grande Londra", un territorio di dimensioni regionali in un paese in cui non ci sono gli enti "Regione").

Si tratterebbe in primo luogo di istituire un´unica agenzia pubblica di regolazione co-gestita da Regione, Comune di Roma capitale, Città metropolitana di Roma e Province laziali, seguendo appunto il modello della STIF parigina. L´agenzia dovrebbe subentrare e sostituire le due attuali agenzie della mobilità di Regione e Comune e le verrebbe assegnato il compito di organizzare la gestione di tutto il TPL romano-laziale (ferro: ferrovie regionali, metropolitane romane, ferrovie concesse; gomma: rete urbana, rete metropolitana, restante rete laziale).

Per ciascuno dei settori adeguate analisi tecnico-economiche dovranno stabilire l´ampiezza e la natura degli ambiti ottimali di gestione. A solo titolo di esempio, singole linee di ferro potrebbero generare opportunità per project finance di ristrutturazione e gestione (Roma-Lido); la riprogrammazione della rete su gomma a livello non solo urbano ma metropolitano potrebbe generare un certo numero di ambiti ottimali di gestione (due? tre? di più? Questo lo si deve stabilire con un´analisi tecnico-economica); allo stesso modo va esaminata l´opportunità di integrare o meno, ovvero con quali modalità, le gestioni ferroviarie.

Per ciascuno degli ambiti ottimali l´agenzia gestisce gli affidamenti ed esercita il controllo e monitoraggio dei relativi contratti di servizio. Essendo entrato in vigore l´articolo 27 della legge 96/2017, di conversione del DL 50/2017, sembra naturale che la scelta si avvarrà di procedure a evidenza pubblica, al netto dei settori esclusi come le ferrovie regionali, per evitare la decurtazione del 15 per cento ivi prevista come disincentivo per chi non vuole "fare le gare".

Com´è noto, le due modalità di evidenza pubblica sono la gara per il servizio e la gara a "doppio oggetto", dove si compete contemporaneamente per il servizio e per una quota azionaria dell´azienda pubblica. Per quanto riguarda questa seconda modalità è bene ricordare che il decreto legislativo "Madia" sulle società partecipate pubbliche garantisce significativi diritti al socio pubblico di una società mista di pubblico servizio anche ove la componente pubblica dovesse essere minoritaria. In particolare è previsto che il socio pubblico, ancorché minoritario, possa esercitare le funzioni societarie di controllo di gestione e di audit. Ciò nonostante si ritiene necessario in questa fase mantenere, nel caso di gare a doppio oggetto, il vincolo della maggioranza pubblica: al centro della riforma devono stare una regolazione più avanzata e moderna, finalmente funzionante, e una certa dose di liberalizzazione del mercato, e non la privatizzazione delle attuali aziende pubbliche.

La definizione degli ambiti ottimali permetterà di completare il ragionamento politico spostandosi dal versante della regolazione a quello industriale. Per quanto riguarda il ferro, sarà probabilmente utile scorporare la divisione ferro dell´attuale Atac (si tenga conto che l´unificazione fra Trambus e Metro attuata nel 2009 è stato uno degli elementi che ha favorito il degrado gestionale). Al netto di eventuali modalità di affidamento specifico su singole linee (ad esempio Roma-Lido), la scelta che dovrà fare il Comune − in questo caso nella sua qualità di azionista e non di regolatore − sarà di attrezzare la sua azienda a competere per la gara ovvero di proporre una gara a doppio oggetto in modo da associare un buon partner industriale alla gestione dell´azienda. Restano in ogni caso salvaguardati i livelli occupazionali e professionali dei dipendenti.

Nella gomma la situazione è più articolata. Innanzitutto, la proposta che si sta (provvisoriamente e salvo ogni ulteriore approfondimento) avanzando in questa nota riguarda le reti attualmente gestite non solo da Atac ma anche da Cotral. Sul versante industriale quindi il ragionamento comprende le due aziende pubbliche locali, e non soltanto quella cittadina. In linea teorica gli azionisti pubblici (Comune e Regione) potrebbero attrezzare le loro aziende a competere "liberamente" sui diversi ambiti, anche se forse qualche elemento di coordinamento istituzionale non potrà non essere previsto. Dal punto di vista politico, se la ricaduta dell´operazione deve essere vera e radicale, e cioè determinare una significativa soluzione di continuità al confronto con un passato e un presente insoddisfacente, si ritiene che nei diversi ambiti solo due esiti dovranno essere determinati: o il subentro di nuovi gestori (che acquisiscano e "riorganizzino" le relative quote parti dei dipendenti Atac e Cotral) oppure la gara a doppio oggetto, e cioè il mantenimento della gestione ad Atac e/o a Cotral, rafforzate però dall´ingresso di partner industriali che ne ristrutturino il modello gestionale.

La proposta qui abbozzata dovrà naturalmente essere sviscerata in profondità sui diversi versanti (giuridico, tecnico, industriale, delle relazioni sindacali, eccetera). Gli approfondimenti preliminari prioritari sono due:

1)    Il primo riguarda il debito di Atac. Andrebbe compiuta una vera e trasparente due diligence per capire bene cosa c´è nella massa debitoria (e soprattutto per distinguere fra debito finanziario e debito commerciale). A prima vista la "ripartenza" del sistema nelle nuove condizioni di regolazione e di rinnovata gestione industriale qui auspicate dovrebbe implicare la separazione fra una nuova Atac e una bad company, con un passaggio quindi di crisi industriale. Alla bad company andrebbero traslati il debito finanziario e una quantità di attivi sufficienti a ripagarlo nel corso del tempo (riprendendo le operazioni di valorizzazione dei vecchi depositi non più funzionali, impostate con una delibera quadro del 2007 e poi interrotte da tutte le gestioni comunali succedutesi a quella Veltroni, e articolando inoltre, se necessario, adeguate clausole contrattuali fra new e bad company). Tuttavia, va anche verificato se lo scenario di una procedura a doppio oggetto non possa generare qualche ricaduta positiva sulla questione (con ricapitalizzazione dell´azienda e con la richiesta di una comprovata capacità di gestione finanziaria ai soggetti che si presenteranno alla gara);

2)    Il secondo riguarda gli investimenti. Qui ci sono due distinti versanti da esaminare. Uno è l´imprescindibile ritorno di un consistente flusso di investimenti pubblici per la mobilità collettiva e sostenibile dell´area romana, e su questo c´è da chiedere un impegno maggiore e costante nel tempo al governo nazionale, oltre che la verifica e la velocizzazione delle intese di programma già siglate. C´è da lavorare per far tornare adeguati spazi per investimenti nei bilanci della Regione (che, grazie all´assorbimento del deficit sanitario, è in condizioni migliori di qualche anno fa) e del Comune (che invece ha ridotto gli investimenti al lumicino). Il secondo versante riguarda il tipo di procedura a evidenza pubblica che si metterà in cantiere e la natura del contratto di servizio, se cioè debbano contenere anche uno spazio per gli investimenti oppure no. L´opinione iniziale di chi scrive questa nota è che il gestore debba essere in grado anche di fare investimenti, e ciò naturalmente dipende dalle condizioni finanziarie del contratto, che verrebbe così ad essere − come avviene nei settori elettrico, del gas e idrico − un contratto non solo di mera gestione ma anche in grado di attivare spazi sui margini operativi da destinare a investimenti e spazi in bilancio per ammortamenti.

 

Marco Causi

Roma, 28 luglio 2017

 

 

 

 

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