Prime e provvisorie
riflessioni sulla riorganizzazione del TPL romano-laziale
Gli storici problemi di regolamentazione del TPL a Roma e nel
Lazio sono due: la sotto-dotazione finanziaria e la mancanza di una cabina di
regia unitaria fra Roma e Lazio. A questi problemi si è aggiunto, a partire dal
2008-2009, il degrado gestionale delle aziende romane e il crollo degli
investimenti per la manutenzione e il rinnovamento delle infrastrutture e delle
flotte.
Sulla questione finanziaria va ricordato che ancora oggi il
contributo regionale al TPL romano è inferiore a quello che, ad esempio, riceve
Milano dalla Lombardia per ATM. Va anche ricordato però che la Regione Lazio ha
fatto un importante passo avanti con le decisioni di agosto 2015: quello che
resta da fare è un ultimo passo. L´altro elemento di arretratezza riguarda i
ricavi tariffari. In linea generale, l´ultimo passo avanti della Regione, dopo
quello di agosto 2015, e la riduzione dell´evasione tariffaria, insieme
all´adeguamento ai costi standard, dovrebbero consentire uno scenario finanziario
stabile. D´altra parte saranno proprio questi elementi (incremento ricavi
tariffari e adeguamento a costi standard) a definire i criteri di premialità
nelle nuove formule di ripartizione del Fondo nazionale trasporti, e quindi
sarà comunque obbligatorio percorrere questa strada di recupero di efficienza.
Ancora di più si potrebbe fare se l´insieme delle risorse
esistenti fosse assoggettato a una programmazione integrata e non più
"compartimentata" come oggi e in passato (e cioè: TPL Roma, Cotral, ferrovie
regionali, eccetera).
Il cuore della proposta che viene avanzata in questa nota è
di andare a una radicale riforma della
regolamentazione del TPL romano-laziale superando la separazione fra gli enti e
creando una vera regia unitaria, ispirata al ben conosciuto modello di Parigi
e Ile de France (ma anche Transport for
London lavora con queste modalità, poiché programma e gestisce l´intera
"Grande Londra", un territorio di dimensioni regionali in un paese in cui non ci
sono gli enti "Regione").
Si tratterebbe in primo luogo di istituire un´unica agenzia pubblica di regolazione co-gestita da
Regione, Comune di Roma capitale, Città metropolitana di Roma e Province
laziali, seguendo appunto il modello della STIF parigina. L´agenzia
dovrebbe subentrare e sostituire le due attuali agenzie della mobilità di
Regione e Comune e le verrebbe assegnato il compito di organizzare la gestione
di tutto il TPL romano-laziale (ferro: ferrovie regionali, metropolitane
romane, ferrovie concesse; gomma: rete urbana, rete metropolitana, restante
rete laziale).
Per ciascuno dei settori adeguate analisi tecnico-economiche
dovranno stabilire l´ampiezza e la natura degli ambiti ottimali di gestione. A
solo titolo di esempio, singole linee di ferro potrebbero generare opportunità
per project finance di
ristrutturazione e gestione (Roma-Lido); la riprogrammazione della rete su
gomma a livello non solo urbano ma metropolitano potrebbe generare un certo
numero di ambiti ottimali di gestione (due? tre? di più? Questo lo si deve
stabilire con un´analisi tecnico-economica); allo stesso modo va esaminata
l´opportunità di integrare o meno, ovvero con quali modalità, le gestioni
ferroviarie.
Per ciascuno degli ambiti ottimali l´agenzia gestisce gli
affidamenti ed esercita il controllo e monitoraggio dei relativi contratti di
servizio. Essendo entrato in vigore l´articolo
27 della legge 96/2017, di conversione del DL 50/2017, sembra naturale che
la scelta si avvarrà di procedure a evidenza pubblica, al netto dei settori esclusi
come le ferrovie regionali, per evitare la decurtazione del 15 per cento ivi
prevista come disincentivo per chi non vuole "fare le gare".
Com´è noto, le due
modalità di evidenza pubblica sono la gara per il servizio e la gara a "doppio
oggetto", dove si compete contemporaneamente per il servizio e per una
quota azionaria dell´azienda pubblica. Per quanto riguarda questa seconda
modalità è bene ricordare che il decreto legislativo "Madia" sulle società partecipate
pubbliche garantisce significativi diritti al socio pubblico di una società
mista di pubblico servizio anche ove la componente pubblica dovesse essere
minoritaria. In particolare è previsto che il socio pubblico, ancorché
minoritario, possa esercitare le funzioni societarie di controllo di gestione e
di audit. Ciò nonostante si ritiene necessario in questa fase mantenere, nel
caso di gare a doppio oggetto, il vincolo
della maggioranza pubblica: al
centro della riforma devono stare una regolazione più avanzata e moderna,
finalmente funzionante, e una certa dose di liberalizzazione del mercato, e non
la privatizzazione delle attuali aziende pubbliche.
La definizione degli ambiti ottimali permetterà di completare
il ragionamento politico spostandosi dal versante della regolazione a quello
industriale. Per quanto riguarda il ferro, sarà probabilmente utile scorporare
la divisione ferro dell´attuale Atac (si tenga conto che l´unificazione fra
Trambus e Metro attuata nel 2009 è stato uno degli elementi che ha favorito il
degrado gestionale). Al netto di eventuali modalità di affidamento specifico su
singole linee (ad esempio Roma-Lido), la scelta che dovrà fare il Comune − in
questo caso nella sua qualità di azionista e non di regolatore − sarà di attrezzare
la sua azienda a competere per la gara ovvero di proporre una gara a doppio
oggetto in modo da associare un buon partner industriale alla gestione
dell´azienda. Restano in ogni caso salvaguardati i livelli occupazionali e
professionali dei dipendenti.
Nella gomma la situazione è più articolata. Innanzitutto, la
proposta che si sta (provvisoriamente e salvo ogni ulteriore approfondimento)
avanzando in questa nota riguarda le reti attualmente gestite non solo da Atac
ma anche da Cotral. Sul versante industriale quindi il ragionamento comprende
le due aziende pubbliche locali, e non soltanto quella cittadina. In linea
teorica gli azionisti pubblici (Comune e Regione) potrebbero attrezzare le loro
aziende a competere "liberamente" sui diversi ambiti, anche se forse qualche
elemento di coordinamento istituzionale non potrà non essere previsto. Dal
punto di vista politico, se la ricaduta dell´operazione deve essere vera e
radicale, e cioè determinare una significativa soluzione di continuità al
confronto con un passato e un presente insoddisfacente, si ritiene che nei
diversi ambiti solo due esiti dovranno essere determinati: o il subentro di nuovi
gestori (che acquisiscano e "riorganizzino" le relative quote parti dei
dipendenti Atac e Cotral) oppure la gara a doppio oggetto, e cioè il mantenimento
della gestione ad Atac e/o a Cotral, rafforzate però dall´ingresso di partner
industriali che ne ristrutturino il modello gestionale.
La proposta qui abbozzata dovrà naturalmente essere
sviscerata in profondità sui diversi versanti (giuridico, tecnico, industriale,
delle relazioni sindacali, eccetera). Gli approfondimenti preliminari
prioritari sono due:
1)
Il
primo riguarda il debito di Atac.
Andrebbe compiuta una vera e trasparente due
diligence per capire bene cosa c´è nella massa debitoria (e soprattutto per
distinguere fra debito finanziario e debito commerciale). A prima vista la
"ripartenza" del sistema nelle nuove condizioni di regolazione e di rinnovata
gestione industriale qui auspicate dovrebbe implicare la separazione fra una
nuova Atac e una bad company, con un
passaggio quindi di crisi industriale. Alla bad
company andrebbero traslati il debito finanziario e una quantità di attivi
sufficienti a ripagarlo nel corso del tempo (riprendendo le operazioni di
valorizzazione dei vecchi depositi non più funzionali, impostate con una
delibera quadro del 2007 e poi interrotte da tutte le gestioni comunali
succedutesi a quella Veltroni, e articolando inoltre, se necessario, adeguate
clausole contrattuali fra new e bad company). Tuttavia, va anche verificato
se lo scenario di una procedura a doppio oggetto non possa generare qualche
ricaduta positiva sulla questione (con ricapitalizzazione dell´azienda e con la
richiesta di una comprovata capacità di gestione finanziaria ai soggetti che si
presenteranno alla gara);
2)
Il
secondo riguarda gli investimenti.
Qui ci sono due distinti versanti da esaminare. Uno è l´imprescindibile ritorno
di un consistente flusso di investimenti pubblici per la mobilità collettiva e
sostenibile dell´area romana, e su questo c´è da chiedere un impegno maggiore e
costante nel tempo al governo nazionale, oltre che la verifica e la
velocizzazione delle intese di programma già siglate. C´è da lavorare per far
tornare adeguati spazi per investimenti nei bilanci della Regione (che, grazie
all´assorbimento del deficit sanitario, è in condizioni migliori di qualche
anno fa) e del Comune (che invece ha ridotto gli investimenti al lumicino). Il
secondo versante riguarda il tipo di procedura a evidenza pubblica che si
metterà in cantiere e la natura del contratto di servizio, se cioè debbano
contenere anche uno spazio per gli investimenti oppure no. L´opinione iniziale
di chi scrive questa nota è che il gestore debba essere in grado anche di fare
investimenti, e ciò naturalmente dipende dalle condizioni finanziarie del
contratto, che verrebbe così ad essere − come avviene nei settori elettrico,
del gas e idrico − un contratto non solo di mera gestione ma anche in grado di
attivare spazi sui margini operativi da destinare a investimenti e spazi in
bilancio per ammortamenti.
Marco Causi
Roma, 28 luglio 2017