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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



14/06/2017 M.Causi
Sì al referendum per una nuova gestione dei servizi pubblici locali a Roma

Concordo con Walter Tocci (Corriere della Sera dell´11 giugno). Il referendum promosso dai radicali sul trasporto pubblico è un utile strumento per stimolare la discussione sui servizi pubblici locali a Roma. Una discussione a cui la giunta pentastellata si sottrae preferendo la conservazione inerziale degli assetti esistenti, i quali però sono con tutta evidenza insoddisfacenti. Aggiungerei alcuni punti alle riflessioni di Tocci.

Abbiamo oggi le valutazioni nazionali sui costi standard. Il dato su cui Roma è più fortemente disallineata non è il trasporto ma il servizio di igiene urbana. La discussione va quindi ampliata anche a raccolta dei rifiuti e spazzamento. Va poi ricordato che il quadro finanziario del trasporto pubblico romano ha finalmente trovato un equilibrio grazie ai nuovi impegni assunti dalla Regione Lazio nell´agosto 2015 (la giunta precedente aveva addirittura azzerato il contributo regionale!).

Nel trasporto su gomma, così come nella raccolta dei rifiuti e spazzamento, non ci sono economie di scala: la produttività delle imprese non migliora quanto più l´impresa è grande. E´ stato di recente pubblicato uno studio econometrico sull´evoluzione della produttività di Atac che dimostra questo punto anche per l´impresa romana (Marabucci e Spirito su Economia e Lavoro, vol. 50, n. 3, 2016). Lo studio mostra anche che le due fusioni (nel 2005 fra Atac e Sta, nel 2009 fra Atac, Trambus e Metro) hanno avuto un effetto positivo una tantum di riduzione dei costi. 

Da questo dato, oltre che da quanto sostiene giustamente Tocci, e cioè che in queste imprese (Atac, Ama) c´è un rilevante problema di management, io traggo una considerazione: pur non essendoci economie di scala non è indifferente, ai fini del costo e della qualità del servizio, la capacità industriale dell´operatore. Anche un eccesso di "spezzatino" insomma potrebbe portare inefficienze. 

E´ necessaria allora una valutazione tecnico-industriale. A Stoccolma, la cui area metropolitana ha dimensioni simili a Roma, il servizio di trasporto pubblico è affidato a due operatori. Nel Comune di Parigi, la cui dimensione equivale più o meno alla parte di Roma interna alle mura aureliane, raccolta rifiuti e spazzamento sono affidati a due operatori, uno al di qua e l´altro al di là della Senna.

A Roma forse ce ne vorranno più di due: ma il numero deve essere quello tecnicamente adatto a garantire alla città operatori con solida capacità industriale e manageriale. L´evoluzione delle aziende pubbliche esistenti può allora prevedere, piuttosto che la loro dissoluzione, ferma la garanzia del lavoro per i dipendenti, una ristrutturazione che le renda competitive nel nuovo scenario con l´ingresso di adeguati soci industriali e il modello, in almeno uno dei quadranti, della gara a doppio oggetto per il servizio e per il partner industriale. Questo è quanto avvenuto a Stoccolma nel trasporto. 

Forse uno scenario di questo tipo può generare minori conflitti durante il processo di riforma. In questa prospettiva si muoveva il piano industriale di Ama approvato nell´ottobre 2015 dall´assemblea capitolina, dove erano anche programmati e finanziati i nuovi impianti di trattamento su cui nei due anni successivi, colpevolmente, commissario straordinario e nuova giunta sono rimasti immobili.


 

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