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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



29/04/2017 M.Causi
Il lascito di Paolo Leon. Contro il mercantilismo. Per una scienza economica meno "ignorante" e più umile

Quasi un anno fa è scomparso Paolo Leon, dopo avere attraversato per più di cinquant´anni le vicende storiche, politiche ed economiche italiane.

Numerose iniziative sono in corso per ricordarne l´opera. La Fondazione Giacomo Brodolini ha dedicato una sezione dell´ultimo fascicolo della rivista Economia & Lavoro a una raccolta di scritti che ripercorrono il suo pensiero come economista teorico e applicato, che verrà discussa in un evento organizzato il 3 maggio dalla sua Università, Roma Tre. In quell´occasione verrà presentato il premio "Paolo Leon", che sarà assegnato annualmente a giovani economisti/e per tesi di laurea specialistica. Il premio è finanziato dal Cles, il centro studi fondato da Leon più di 35 anni fa, e gestito dal Centro studi e documentazione "Piero Sraffa", di cui Leon è stato presidente. Il 15 giugno il MAXXI e l´Associazione per l´economia della cultura, di cui Leon è stato fondatore, hanno programmato un convegno che si concentrerà sul suo contributo all´analisi economica dei beni e delle industrie culturali.

Leon si è affermato come economista di grande valore fin dagli anni sessanta del secolo scorso, grazie a studi sulla dinamica economica in cui le continue e imprevedibili trasformazioni dei sistemi capitalistici trovano una lettura di stampo keynesiano che le collega non solo ai fenomeni schumpeteriani di "distruzione creatrice" dal lato dell´offerta, ma anche all´incessante evoluzione della domanda di consumi e della sua composizione. Leon citava come suoi maestri Keynes, Caffè, Robinson, Sraffa, Kaldor, Sylos Labini; e come suo riferimento quella che una volta era chiamata la "scuola anglo-italiana": Pasinetti, Garegnani, Graziani, Roncaglia.

Durante gli anni settanta, all´impegno scientifico ha affiancato un´appassionata militanza nell´ambito della sinistra socialista e del sindacato. Negli anni ottanta e novanta, mentre partecipava alla fondazione dell´Università Roma Tre, ha moltiplicato il lavoro scientifico e professionale in numerosi campi di economia applicata, a supporto delle politiche pubbliche di livello nazionale e locale. È stato pioniere in Italia degli studi di economia della cultura, della valutazione economica del danno ambientale, dell´analisi costi-benefici degli investimenti pubblici, dell´applicazione di modelli macro-fondati all´analisi delle economie locali e alla pianificazione urbanistica, dei metodi di public policy evaluation.

È stato un tenace difensore del ruolo dello Stato per la stabilizzazione dell´economia e della crescita, per la sua regolazione e per la fornitura dei beni pubblici e meritevoli. Lo Stato di Leon non è il Leviatano, deve attenersi a criteri di trasparenza, di efficienza/efficacia, di valutazione delle sue stesse azioni; ma non deve essere minimo e deve esercitare una funzione di scelta, fondata sulla conoscenza della macroeconomia, per conto degli interessi della collettività (comunità). L´intervento pubblico sui beni meritevoli (ad esempio istruzione e formazione, beni e attività culturali) non deve limitarsi all´obiettivo dell´esistenza ma deve garantirne l´accessibilità e la continua riduzione dell´esclusione.

La sua curiosità e capacità metodologica di applicare a tanti problemi concreti una "buona" analisi economica, tesa a superare le aporie dell´analisi neoclassica, ricordano il metodo di Keynes, il quale scriveva: «Guardiamoci dal sopravvalutare l´importanza del problema economico o dal sacrificare alle sue attuali necessità altre questioni di più profonda e duratura importanza. [Il problema economico] dovrebbe essere un problema da specialisti, come la cura dei denti. Se gli economisti riuscissero a farsi considerare gente umile, di competenza specifica, sul piano dei dentisti, sarebbe meraviglioso». Per compiere l´esercizio di umiltà evocato da Keynes occorre possedere un livello culturale di elevato spessore e una grande signorilità. Paolo Leon li aveva entrambi, e li combinava con una perenne, sorniona ironia.

Ed era presbite. Negli ultimi dieci anni di attività scientifica si è dedicato allo studio dei nuovi meccanismi di funzionamento del capitalismo globale super-finanziarizzato in cui, dopo il divorzio fra Stati e Banche centrali, la moneta endogena sostituisce quella esogena e l´obiettivo dell´accumulazione sostituisce quello del profitto. Il capitalista diverge e si allontana dall´imprenditore, mentre il sistema ristagna e diventa più instabile e diseguale. Leon definisce i responsabili politici dei Paesi avanzati "poteri ignoranti" perché adottano politiche che ignorano due fondamenti macroeconomici essenziali: il ruolo di ultima istanza degli Stati per la stabilizzazione dell´economia; e il ruolo della distribuzione dei redditi e delle ricchezze per la determinazione della domanda effettiva, e dunque della crescita e dell´occupazione. Le conseguenze politiche di queste dinamiche "ignoranti", nelle sue parole, «non preludono a nulla di buono», mentre la sinistra politica tradizionale rischia la sorte che la storia ha riservato ai whigs: l´irrilevanza.

L´ultima frase del suo ultimo libro, edito soltanto un mese prima della scomparsa, letta oggi − dopo le elezioni statunitensi e mentre soffiano venti di guerre non solo commerciali ma anche guerreggiate − si dimostra profetica: «Una volta esautorato il potere pubblico, anche quando la moneta esogena sostituisce quella endogena, non ne segue altra autocoscienza pubblica che il mercantilismo, e governi mercantilisti sono altrettanto ciechi all´economia nel suo complesso degli imprenditori-capitalisti che proteggono. C´è allora da chiedersi se gli Stati mercantili, ridotta la sovranità nazionale, non cercheranno di ricostruirla attraverso il conflitto aperto con altri Stati». L´ultimo Leon ci impegna a fare tesoro della sua lucida capacità di guardare senza ombre la realtà, che appare minacciosa in assenza di una politica capace di riprendere, su scala al tempo stesso locale e globale, il governo dell´economia, la manovra della domanda effettiva e della crescita, la regolazione dell´offerta di beni pubblici e meritevoli, l´attenzione alla distribuzione del reddito. Leon ci invita a un confronto non ideologico, a conoscere la realtà per cambiarla, per allontanare, prima che sia troppo tardi, lo spettro della stagnazione secolare e del regresso della società e delle comunità che esso comporta.

Marco Causi

Leonello Tronti

 

 

 

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