Passeggiando sui Fori Imperiali verso il Colosseo tutti i
romani sanno che c´è archeologia sia a destra che a sinistra. Forse non tutti i
romani sanno che l´archeologia sulla destra - insieme al Colosseo - è gestita
dallo Stato, quella sulla sinistra dal Campidoglio. I turisti lo sanno bene: devono
pagare due biglietti dopo due file talvolta snervanti. Penso che in molti
(italiani, stranieri e anche romani in visita ai beni culturali della loro città)
si domandino il perché di questa stranezza, una vera assurdità. In altre città
non è così: esistono biglietti integrati, stabili accordi di collaborazione fra
Stato e Comuni.
A Roma la convivenza è sempre stata difficile. Solo a Roma una
Soprintendenza comunale ai beni culturali si affianca alle Soprintendenze
statali. Nel secondo decreto per Roma Capitale (2012) venne creata la
"Conferenza delle Soprintendenze". Il progetto principale era un Consorzio fra
Stato e Comune per la gestione integrata delle aree archeologiche centrali. Sono
stato relatore in Parlamento del decreto e nel 2015 sono stato testimone del suo
fallimento. La chiusura venne dalle strutture comunali, a fronte di aperture di
quelle ministeriali.
Oggi lo Stato ha deciso di rinnovare la gestione del "pezzo"
di archeologia romana di sua diretta competenza e il Comune ha deciso di opporsi
a questa riforma, già applicata con successo in tante parti d´Italia (la Reggia
di Caserta valga come esempio). Il mio commento sarebbe: nulla di nuovo sotto
il sole. Roma però non è una città qualsiasi. La riforma "Franceschini" deve
superare a Roma la vera prova del fuoco.
Tutela dei beni culturali e loro gestione sono missioni
diverse, in particolare se la gestione riguarda attrattori con milioni di
visite l´anno. La gestione richiede organizzazione, tecnologie e
professionalità specifiche. Si è cominciato con le Soprintendenze autonome
(1998). Oggi si creano nuove entità che hanno la gestione come missione principale.
Fra queste il Parco archeologico del Colosseo. E´ un passo avanti, così come la
scelta dei direttori tramite bandi internazionali.
Dov´è il problema? La conservazione del patrimonio a Roma
esprime fabbisogni ingenti. La Soprintendenza "multifunzione" del 1998 li ha
garantiti con le entrate di gestione dei siti. La separazione fra le due entità
genera incertezza. Bene ha fatto il ministro a dichiarare che nulla cambierà.
Meglio ancora si potrebbe fare scrivendo norme più cogenti sia nel decreto
istitutivo del Parco sia in quello che dovrà definire la nuova Soprintendenza
speciale dedicata a tutela, restauro, conservazione.
I modelli di gestione sono molto diversi fra Stato e Comune.
Passeggiando sui Fori verso il Colosseo, a destra i servizi aggiuntivi sono
affidati con gara a soggetti industriali di livello nazionale, a sinistra senza
gara a una municipalizzata del Comune. Non credo che il Comune possa affermare
che il suo modello sia più efficiente/efficace. E neppure lo Stato: non è mai
stato effettuato un confronto fra i due modelli. Quando smetteranno di
litigare, Stato e Comune dovrebbero affidare uno studio su questo punto a un
soggetto indipendente che goda della fiducia di entrambi.
Marco Causi