Il dollaro nasce come moneta dei nuovi Stati Uniti
nel 1785, ma soltanto trent´anni dopo viene affiancato da un bilancio federale
e da regole di integrazione finanziaria. Ci volle una guerra, quella del 1812,
la "seconda guerra di indipendenza". In mancanza di un bilancio federale
la giovane repubblica fu messa in ginocchio per l´assenza di risorse con cui
sostenere l´esercito; la nuova capitale Washington invasa e distrutta; la
nazione salvata dalla decisione inglese di concentrare lo sforzo bellico
sull´Europa contro Napoleone e dalle insperate vittorie dell´armata del Sud del
generale Jackson.
L´euro è entrato in circolazione da quindici anni.
Ma gli Stati che lo hanno adottato, entrando nell´Unione Economica e Monetaria
europea, non ne hanno altri quindici per completare il progetto. Devono farlo
presto. Non hanno neppure bisogno di una vera guerra guerreggiata (speriamo…).
Dovrebbe essere più che sufficiente la tempesta che si è abbattuta sull´Europa,
il rischio di una sua disintegrazione, il crescente clima antieuropeo nelle
opinioni pubbliche, la sfida neoisolazionista di Trump con i suoi aspetti
inediti, poiché condita da una certa aggressività e non, come accaduto nella
storia, dalla dottrina del non intervento.
Per fare il salto di qualità nelle politiche
economiche le parole chiave sono due: bilancio federale e condivisione dei
rischi. Un bilancio federale integrato, gestito da un Tesoro dei paesi euro,
può permettere all´Unione di intervenire in modo asimmetrico, e cioè aiutare i
paesi quando vengono colpiti in modo specifico (ad esempio con un sussidio
europeo di disoccupazione, come proposto nel documento italiano di Padoan un
anno fa). Può gestire le azioni necessarie a superare altre asimmetrie, come
gli squilibri macroeconomici che derivano dalla persistenza di elevati avanzi
di bilancia dei pagamenti (il caso della Germania). Può superare, grazie a una
gestione diretta e non mediata dagli Stati, la sfiducia dei paesi "forti" nei
confronti degli apparati statali dei paesi "deboli".
Può finanziarsi rendendo europea la base imponibile
delle imposte sulle società eliminando questo tipo di concorrenza fiscale
all´interno dell´Unione: un obiettivo da sempre perseguito dall´iniziativa
italiana, rilanciato nel recente Rapporto del gruppo di lavoro Monti e oggi,
grazie alla Brexit, più realisticamente perseguibile.
Condivisione dei rischi significa completamento
dell´Unione bancaria, assicurazione europea sui depositi, rafforzamento delle
capacità e del ruolo del meccanismo europeo di stabilità (ESM), ad esempio
nella gestione delle crisi bancarie e dei crediti deteriorati del settore
creditizio, in prospettiva dei debiti sovrani.
E´ chiaro che tutto ciò non ha nulla a che fare con
la politica dello "zero virgola". Vista in questa prospettiva la discussione
sull´aggiustamento di 3,4 miliardi che la Commissione europea chiede all´Italia
è surreale. Attenzione però: sbaglia la Commissione sullo "zero virgola", ma
sbaglierebbe anche l´Italia a non tenere conto dei vincoli che derivano
dall´appartenenza all´Unione. Questi vincoli in realtà, se maturerà il passo
avanti necessario alla salvezza dell´euro, aumenteranno. Cresceranno le zone
della decisione pubblica da trasferire a una sovranità di tipo federale.
L´Italia non può chiedere agli altri la condivisione dei rischi se non è
disponibile a contropartite politiche di rilievo importante. Nessuno in Italia
può cullare l´illusione di rilanciare il paese con qualche flessibilità
aggiuntiva da "zero virgola", e non proseguendo invece un lavoro di lunga lena e
di medio termine per la riforma e la modernizzazione delle strutture portanti
del sistema paese.
Questo, a me sembra, è il compito del PD. Ogni altra
fuga in avanti, o di lato, porterebbe a negare il motivo per cui il PD è nato.
Se anche noi abbiamo talvolta sbagliato, sperando che qualche "zero virgola" di
flessibilità aggiuntiva ci avrebbe aiutato a togliere dal fuoco la bollente
castagna delle riforme, siamo in tempo per riflettere e modificare alcuni
atteggiamenti. Senza però illudere il paese che ci sia una strada diversa da
quella delle riforme e della stabilità.
Marco Causi