Il Tempo, 23
agosto 2016
Grandi Aziende, grandi problemi
L´intervento
di Marco Causi
Le municipalizzate di Roma sono grandi, le più grandi in Italia.
Un fatto banale, perché Roma è la più grande città del paese. E però a grandi
aziende corrispondono grandi problemi. Talvolta danno l´impressione di essere
troppo grandi, e cioè di generare diseconomie di scala (ad esempio nella
raccolta dei rifiuti e nello spazzamento). In altri casi pur essendo localmente
grandi restano piccole nella geografia industriale europea: un difetto comune
all´Italia intera, dove nelle «public utilities» siamo restati indietro nelle
economie di dimensione e nell´investimento in tecnologie e innovazione (ad
esempio nelle reti infrastrutturali). Storicamente le aziende romane hanno
sofferto non solo per gli errori della politica e del sindacato, ma anche per
il «federalismo sgangherato» dentro cui il Campidoglio si trova: Comune
ordinario, uguale agli altri, dentro una Regione in cui l´area metropolitana
romana crea squilibri altrove inesistenti, con la riforma di Roma Capitale
restata a metà del guado (o forse anche prima della metà…). Guardiamo il
trasporto pubblico. Molti stentano a crederlo, ma i costi standard del
trasporto romano sono in linea con quelli nazionali. Perché allora lo storico
deficit finanziario del comparto? Per due motivi: pochi ricavi propri (cioè
molta evasione tariffaria) e pochi contributi regionali. Se Roma avesse dal
Lazio lo stesso contributo che Milano ha dalla Lombardia non ci sarebbe deficit
da ripianare. Fra parentesi, è proprio il ripiano di questi deficit che ha
contribuito nel passato secolo a far lievitare il debito finanziario del
Comune.
Leggo che l´assessore Minenna intenderebbe far lavorare una
"task force" per capire da dove nasce il super-debito comunale: può anche
risparmiare la fatica, nasce in gran parte dal trasporto. E si manifesta oggi
in una drammatica emergenza di manutenzione ordinaria e straordinaria delle
reti e delle flotte. Sono appena arrivati al Campidoglio i circa 200 milioni di
euro ottenuti dalla giunta precedente e stanziati dal Governo sul cosiddetto
"decreto territori": sarebbe bene usarli in via prioritaria per investimenti su
questa emergenza (oltre che, come programmato, sulla pubblica illuminazione). A
Roma sono invece fuori linea, e non di poco, i costi standard del servizio di
igiene urbana. Lo sanno bene cittadini e imprese, che pagano una delle Tari più
alte d´Italia. A ciò contribuisce un modello di raccolta costoso (porta a porta
e differenziata in cinque tipologie), un modello di spazzamento inefficiente,
ma soprattutto il mancato completamento degli impianti per la chiusura del
ciclo dei rifiuti (quelli esistenti nascono fra 1995 e 2007, dopo di allora
niente) e una storia delle tariffe di conferimento in questi impianti che, come
indicano le indagini della magistratura, è caratterizzata (almeno) da scarsa
trasparenza, e forse da qualcosa di peggio. Gli impianti da completare sono
quelli di trattamento, non quelli di termovalorizzazione. Nel piano industriale
di Ama (settembre 2015) questi impianti sono programmati e finanziati: basta
attuarlo. Bene usare gli impianti già esistenti, bene coinvolgere Acea (chi
scrive lo fece fra 2004 e 2007), ma solo a condizione di ottenere tariffe eque
e trasparenti. Male, invece, cercare capri espiatori da additare sulla pubblica
piazza: Daniele Fortini è un galantuomo, che ha lavorato duro da inizio ‘14 per
portare Ama fuori dai disastri provocati dalle gestioni dei precedenti sei
anni.
Acea, quotata in borsa, è valutata dal mercato e non dalla
politica. Secondo me questo è un bene: vedremo se i 5 stelle romani, come
Pizzarotti, abbandoneranno posizioni ideologiche anti-mercato. Due osservazioni
finali. Primo, il Comune possiede diverse aziende strumentali, che cioè producono
per l´amministrazione e non direttamente per i cittadini. Potrebbe ispirarsi a
quanto fatto da Nicola Zingaretti, che ha riunificato in una sola cinque
aziende: meno consigli di amministrazione inutili, risparmi sui costi correnti
di ben il 15 per cento. Secondo, la sfida non è solo sulla gestione corrente
(efficienza), ma anche su investimenti e strategie industriali. Acea, Atac e
Ama sono imprese industriali. Analizzando i loro (grandi) problemi si vede bene
che derivano − al netto degli eventuali comportamenti scorretti che vanno
valutati in una diversa dimensione − dall´insufficiente sviluppo in senso
industriale della loro organizzazione e cultura aziendale. Non me ne vogliano
gli avvocati, compresa la nostra Sindaca, ma è di ingegneri, di tecnologi, di
addetti specializzati che abbiamo bisogno per risollevare i servizi pubblici
fondamentali della nostra città.
Marco Causi, deputato Pd, ex assessore Bilancio giunte Veltroni
e Marino