In memoria di Paolo Leon
Roma, 14 giugno 2016[i]
Paolo Leon nasce a Venezia nel 1935. E´ Professore emerito di
Economia pubblica a Roma Tre, dove insegna dal 1992 nella Facoltà di economia
"Federico Caffè", oggi Scuola di economia e studi aziendali, di cui è stato fondatore
insieme a un gruppo di studiosi provenienti da "La Sapienza". In precedenza
insegna a "La Sapienza" di Roma, alla Scuola superiore di pubblica
amministrazione e alle Università di Venezia (IUAV), Catania, Bologna. Fra il
1959 e il 1961 è research student al
King´s College di Cambridge, UK, dove studia con Richard Kahn e Joan Robinson,
eredi e custodi del pensiero di John Maynard Keynes. Negli anni successivi
lavora alla Banca Mondiale, in una carriera che lo porta ad assumere posizioni
dirigenti in quella istituzione internazionale.
Tornato in Italia, accanto al percorso accademico, Paolo Leon si
tuffa con grandi energie e ricchezza di idee e di strumenti metodologici nell´impegno
civile e politico e in quello professionale. Non è agiografico affermare che
Paolo attraversa e partecipa lungo cinquanta anni alla storia e alle vicende pubbliche
del nostro paese.
Lavora come economista in ENI e Italconsult. Partecipa alla
fondazione di tre centri di ricerca, Crel, Arpes e Cles. Di quest´ultimo è
amministratore delegato fino al 2001 e fino a oggi consigliere scientifico.
Partecipa alla fondazione dell´Associazione per l´Economia della Cultura e
dirige per dieci anni, fra 2002 e 2012, la rivista Economia della Cultura. Nel
1997 è Vicepresidente dell´ENEA per tre anni. Fra 1999 e 2002 è membro del
Comitato di esperti per la politica della ricerca del Ministero per
l´Università e la ricerca scientifica e tecnologica. Fra 2002 e 2009 è
consulente tecnico del Ministero dell´ambiente a supporto dell´Avvocatura dello
Stato per la valutazione economica dei danni ambientali. Fra 2007 e 2012 è
Presidente dell´Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici del
Comune di Roma.
La lista delle pubblicazioni, delle relazioni, dei report
ufficiali prodotti da Paolo nell´ambito di questi molteplici impegni è
impressionante. Se adesso non ne faccio l´elenco, risparmiandovi, dovete ringraziare
Paolo, che stanotte, mentre scrivevo queste righe, è venuto da me sfoderando la
sua meravigliosa risata e mi ha rimproverato: non vorrai mica annoiare tutti
con la lettura del mio curriculum vitae? Sei il solito formalista e ti perdi
nei particolari: una critica che mi ha fatto tante volte…
Paolo è una persona speciale, non solo per il suo curriculum. E´
allegro, sorridente, trasmette voglia di vivere, di conoscere, di curiosare sul
mondo. E´ una persona gentile. Se adesso dicessi che è un vero galantuomo, di
nuovo mi prenderei un suo scappellotto per usare una categoria che puzza un po´
di piccolo borghese… Quando dico che è gentile intendo non solo che è corretto
e cortese, ma che è solare, aperto alle relazioni, portatore di un grande
capitale di fiducia nei rapporti con le persone. Chi è accanto a lui percepisce
questa energia positiva e ne usufruisce.
Paolo è presbite, vede bene in lontananza. Una caratteristica
complicata per tutti, ma soprattutto per gli economisti, la maggior parte dei
quali tende alla miopia (in alcuni casi quasi alla cecità). Paolo pensa che
l´economia sia solo una parte del problema umano e della sempiterna indagine su
di esso. Pensa che la vera scienza economica sia quella che sa confrontarsi con
la storia, con la filosofia, con la società e le sue convenzioni, con le istituzioni
che le collettività costruiscono (non solo le istituzioni pubbliche, anche
quelle di mercato, come le organizzazioni d´impresa). E poi con i bisogni delle
persone e con i complicati processi attraverso cui i bisogni si trasformano in
diritti (o, in molti casi, in domanda di diritti). Assumendo, naturalmente, un
rigoroso metodo analitico sul piano formale, su quello logico e sul piano della
valutazione dei dati statistici − di cui Paolo è un vorace consumatore.
A Paolo non vanno a genio, e non lo ha mai nascosto, le teorie
economiche dominanti non solo oggi ma da almeno trent´anni, che pretendono di
interpretare tutto sulla sola base del presupposto individualista e
utilitarista. Che cercano di rendere endogeno al loro paradigma lo Stato e le
altre istituzioni sociali che le collettività usano per la loro regolazione. L´homo oeconomicus, insomma, che domina
solitario, ad una sola dimensione, sull´uomo tout court, su quello vero, a più dimensioni. Teorie e approcci che
poi, non riuscendo a spiegare le forme di organizzazione collettiva, dallo
Stato fino in giù, ad esempio ai cosiddetti corpi intermedi, arrivano all´aberrante
conclusione che tutte queste formazioni sociali sono ostacoli da
ridimensionare, se non da eliminare.
Per Paolo questa non è affatto una questione ideologica. E´
una questione analitica e scientifica, su cui ha lavorato tanto nei suoi
contributi. Costruendo modelli interpretativi e affermando numerose tesi, che
la comunità accademica di Roma Tre prende l´impegno a valorizzare e mantenere
vivi con iniziative di ricerca e di discussione che verranno organizzate nei
prossimi mesi.
Paolo dimostra in modo ineccepibile che, ai fini del benessere
collettivo, lo Stato non deve essere Leviatano, ma non deve neppure essere
minimo. E che, gratta gratta, l´analisi economica si incontra sempre con
questioni morali (non a caso i primi economisti, come Adam Smith, erano
filosofi morali). Il paradigma della scarsità, ad esempio, è fondamentale per
la teoria convenzionale. E come la mettiamo con tanti consumi e tante
produzioni potenzialmente illimitate e inesauribili, come nel settore
culturale, di cui non a caso Paolo si è occupato intensamente? Un altro
esempio: perché mai in un contratto liberamente sottoscritto fra un soggetto
creditore e un soggetto debitore, lo stigma dell´inadempienza debba ricadere
soltanto sul debitore? Non a caso, le istituzioni del diritto fallimentare
regolano in tutti i paesi i possibili punti di equilibrio fra gli interessi
contrapposti. Ma nella discussione pubblica europea degli ultimi anni è
prevalente un´opinione negativa a carico dei soli debitori. Non si tratta con
ogni evidenza di un´opinione razionale, ma di un elemento culturale che ha
radici in convenzioni e credenze sociali, anche religiose, oltre che in interessi
geopolitici.
Paolo rappresenta una scienza economica attrezzata per
affrontare temi di questo tipo. Temi presbiti, non adatti alla miopia delle
opinioni convenzionali. Qui davvero troviamo l´eredità di Keynes, che scriveva:
"Guardiamoci dal sopravvalutare l´importanza del problema economico o dal
sacrificare alle sue attuali necessità altre questioni di più profonda e
duratura importanza. [Il problema economico] dovrebbe essere un problema da
specialisti, come la cura dei denti. Se gli economisti riuscissero a farsi
considerare gente umile, di competenza specifica, sul piano dei dentisti,
sarebbe meraviglioso"[ii].
Paolo − come l´economista dentista evocato da Keynes − forte di
teorie e metodi solidi, e forte di un elevato spessore culturale, è uno dei primi
e pochi economisti italiani che riesce a parlare con tutti, che pratica
davvero, non a parole, un´amplissima interdisciplinarietà. Parla, ascolta e
lavora con architetti, urbanisti, ingegneri, fisici, chimici, geologi, storici
dell´arte, archeologi, giudici, ambientalisti, formatori, insegnanti, e
naturalmente con imprenditori, sindacalisti, amministratori e funzionari
pubblici, decisori a livello governativo e parlamentare. Il suo impegno e la
sua produzione nell´economia applicata possono essere definiti con un solo
aggettivo: sterminati. Elenco solo i titoli.
Economie locali. Programmazione territoriale. Analisi
economica dei piani urbanistici. Beni culturali e settore culturale (in modo
pioneristico). Danno ambientale (altrettanto pioneristico). Formazione
professionale. Istruzione. Energia. Acqua. Trasporti pubblici. Ciclo dei
rifiuti. Ospedali. Organizzazione sanitaria. E poi investimenti pubblici,
mercato del lavoro, finanza pubblica, sistema tributario, tariffe, politiche
industriali, incentivi alle imprese, reindustrializzazione, evoluzione del
sistema delle professioni, job e
enterprise creation, studi settoriali, ad esempio sull´industria militare,
agricoltura, distretti industriali e sistemi locali di sviluppo. Politiche
strutturali e politiche per l´occupazione a livello europeo, con numerosi
contributi alla Commissione Europea (non sempre utilizzati, purtroppo…). E
ancora valutazione dei progetti e delle politiche, su cui Paolo dissemina in
Italia i metodi Banca Mondiale e Unione Europea per dare basi razionali e
documentabili alle decisioni pubbliche e collettive. Per dare gambe al
principio democratico di "conoscere per decidere".
Alla Grande Recessione scoppiata nel 2008 dedica i suoi due
ultimi libri, l´ultimo edito neppure un mese fa. Per tutti noi, un vero
lascito. Studia il funzionamento del nuovo capitalismo globale super
finanziarizzato. Le tendenze al mercantilismo. L´inettitudine europea, ma anche
l´incompiutezza delle riforme negli Stati Uniti durante il secondo Obama.
Spiega perché una variabile centrale dei nuovi squilibri globali sia da
individuare in meccanismi strutturali che deprimono la domanda effettiva, a
partire dal peggioramento nella distribuzione dei redditi e delle ricchezze.
Trae da tutto ciò allarmi preoccupati per le conseguenze politiche di queste
dinamiche, che − nelle sue parole - "non preludono a nulla di buono"[iii].
Pur rifuggendo dalle forme tradizionali dell´accademicismo,
Paolo fa scuola. Nei suoi centri di ricerca sono passati circa mille fra ricercatrici
e ricercatori: a tutte e tutti ha insegnato qualcosa. Fa scuola in tanti altri
modi. Ascoltarlo in un convegno o durante una riunione dà sempre qualcosa in
più. E questa esperienza formativa, e politica, l´hanno vissuta con Paolo
centinaia di amministratori locali, sindacalisti, dirigenti associativi, funzionari
pubblici centrali e locali, tanti normali cittadini. E qui, nelle aule come
questa dove oggi siamo riuniti, migliaia di studenti di questa Università, di
questa Facoltà, alla cui costruzione e al cui sviluppo Paolo dedica da
venticinque anni tantissima passione, lavoro, dedizione.
Nel suo fare scuola, Paolo trasmette elementi di deontologia
professionale che sono troppo spesso trascurati nei programmi didattici dei nostri
Dipartimenti universitari. L´importanza di confrontarsi e comprendere i diversi
punti di vista. L´indipendenza di valutazione. L´apertura non conformista, la
rigorosa difesa della libertà di pensiero, la necessità che l´analista non sia
gerarchicamente sottoposto al Potere, che sappia anche, e possa, dire di no.
In proposito, un ricordo personale. Intorno al1986-87 il Cles
ottenne due importanti incarichi di analisi costi-benefici, uno da svolgere a
Torino, con la Regione Piemonte, e uno a Palermo, con la Regione siciliana.
Lavorava allora al Cles Guido Viale. Andiamo da Paolo e ci candidiamo per svolgere
le attività di ricerca sul campo in quegli incarichi, pensando che sarebbe
ovvio e naturale, per me di andare a Palermo e per Guido di andare a Torino,
dove ciascuno di noi due ha rapporti, famiglia, consuetudini. Paolo ci guarda,
sornione, e ci dà una bella lezione, spiegandoci che l´indipendenza del
valutatore si misura anche con la distanza dall´ambiente, col fatto di esserne
sufficientemente estranei, comunque non influenzabili. E manda Viale a Palermo
e Causi a Torino.
A trenta anni di distanza, centinaia di migliaia di cittadini
e di turisti visitano le Residenze sabaude, la Venaria Reale, le magnifiche
sedi museali e culturali ristrutturate nella capitale piemontese dentro un
importante e pluriennale programma di investimenti pubblici che ha cambiato il
volto di quella città. Lì - come in tanti altri luoghi in Italia, Ferrara ad
esempio, oppure l´intera Umbria - c´è anche un pezzetto di lavoro di Paolo, a
cui si devono nuove e originali metodologie di valutazione economica degli
interventi sui beni culturali.
Paolo ha una grande passione politica. Da cinquanta anni non
si stanca di intervenire, commentare, fornire suggestioni e suggerimenti, di
contribuire, con le parole di Amartya Sen, a una "buona" discussione pubblica.
E´ intensa la sua attività editoriale, sui giornali, alla radio, in
televisione, dove spicca la sua capacità di spiegare con parole semplici
questioni anche molto complicate. In alcuni cicli della sua vita questa
passione lo ha portato in prima linea. Non sembri una contraddizione alla
passione politica il fatto che Paolo, contemporaneamente, ha un difficile
rapporto con il Potere e con la politica politicante. Non può che essere così,
e lo scrive lui stesso, di "provare fastidio di fronte all´arroganza pubblica"[iv].
Paolo vuole uno Stato più forte e moderno, con la S maiuscola,
che non si ritiri dall´esercizio di responsabilità e azioni collettive, che non
diventi "minimo". Lavora tanto con e per le pubbliche istituzioni e, appunto
per questo, conosce la potenziale arroganza dei potenti di turno − credo che ne
abbia conosciuti parecchi, in tanti e diversi cicli storici della vicenda
politica del nostro paese - e se ne difende con grande energia, con i pugni e
con i denti: difende la sua libertà, la sua indipendenza di giudizio. Nel 1982
viene espulso dal Partito socialista italiano, insieme a Franco Bassanini,
Tristano Codignola e altri, per avere denunciato i primi segnali di difficoltà
nel rapporto fra quello storico partito della sinistra italiana e la gestione quotidiana
del potere. Una questione che, è inutile dire, è ancora aperta per qualsiasi partito
o organizzazione politica, di sinistra o no.
Paolo è un uomo di sinistra, e ha vissuto tanti luoghi e tanti
momenti della sinistra italiana. Non da pochi anni manifesta scoramento e
preoccupazione per quello che gli sembra un progressivo indebolimento culturale
della sinistra. Che Paolo, con grande lucidità e lungimiranza, non confina in
un´analisi ristretta al recinto italico, ma vede, e studia, come fenomeno in
chiave internazionale, connesso alle tendenze globali del nuovo capitalismo.
E´ arrivato anche per me un momento che volevo rimandare,
quello di parlare di Paolo al passato. E´ difficile da fare, perché in verità
porterò per sempre con me, al presente, e non credo di essere il solo, il
ricordo del tuo sorriso, della tua gentilezza, della tua eleganza, della tua
passione, delle tue idee. Ciao Paolo.
Marco Causi