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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



23/12/2015 M.Causi
La legge di stabilità 2016. Una manovra di svolta

La legge di stabilità per il 2016 conclude il suo cammino parlamentare con 999 misure, una per ciascun comma del suo articolo unico. Alcuni critici storcono il naso: troppa carne al fuoco, una manovra che si disperde in tanti rivoli. Mi permetto di suggerire un´altra chiave di lettura: nelle misure messe in campo c´è il tentativo ambizioso di modificare la qualità delle politiche pubbliche nel nostro paese.

La politica economica non è solo quantità, è anche qualità. Nei terribili anni della crisi, 2011-2012, dovevamo occuparci solo delle quantità: ridurre il deficit, stringere la domanda interna per riportare equilibrio nei conti con l´estero. Poi ci siamo occupati del consolidamento della ripresa economica, sostenuto e favorito dai famigerati 80 euro, come hanno dimostrato scientificamente tutte le analisi effettuate da istituzioni, ad esempio Banca d´Italia, e da accademici, ad esempio Luigi Guiso e Pietro Reichlin. Adesso cominciamo ad entrare nella composizione qualitativa del bilancio pubblico, provando − con quasi mille interventi − a modificarne la struttura in funzione della crescita e dell´equità sociale.

Da un lato, 5,8 miliardi di tagli di spesa (spending review), dall´altro lato 1,4 miliardi nel 2016 e 1 miliardo strutturale a decorrere dal 2017 per un piano nazionale di contrasto alla povertà e all´esclusione sociale, finalizzato all´introduzione di un´unica misura di contrasto alla povertà − correlata alla differenza tra reddito familiare del beneficiario e soglia di povertà assoluta − e alla razionalizzazione degli strumenti e dei trattamenti esistenti. Qualcuno urla sul reddito minimo garantito, noi lo stiamo facendo con le modalità corrette. E poi 500 milioni per progetti di riqualificazione e ricucitura delle periferie metropolitane; un miliardo per la difesa e la sicurezza, che nei tempi di Daesh è un´assoluta priorità; 540 milioni per la cultura, in parte per il sostegno alla domanda da parte dei giovani e in parte per il potenziamento delle attività di tutela e valorizzazione dei beni culturali.

Insomma: si sta provando a fare una riqualificazione della spesa pubblica. La nuova regola del pareggio di bilancio per gli enti locali, che sostituisce il patto di stabilità interno, è congegnata in modo da liberare risorse per gli investimenti. Alla spesa sanitaria è concesso l´aumento di un miliardo (da 110 a 111), con 800 milioni dedicati esclusivamente ai livelli essenziali di assistenza (Lea), che finalmente verranno definiti per l´intero territorio nazionale e aggiornati ogni anno.

Sul versante sviluppo vanno menzionati il super-ammortamento per gli investimenti delle imprese in beni strumentali, l´eliminazione dell´Imu sui macchinari cosiddetti "imbullonati" (non si è mai visto un paese che tassa con un´imposta patrimoniale beni necessari alla produzione, e va ricordato che il superamento di questa distorsione era già contenuto nella riforma del catasto, che si dovrà in futuro realizzare in modo generale), gli sgravi contributivi per i nuovi assunti a tempo indeterminato (con esonero parziale), 617 milioni di credito d´imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, sgravi contributivi più elevati (con esonero totale) nel Mezzogiorno.

La fine del segreto bancario, a partire soprattutto dalla Svizzera, e l´inter-operabilità delle banche dati disegna la nuova strada per il contrasto all´evasione fiscale: trasparenza da parte dei contribuenti, approccio collaborativo da parte dell´amministrazione finanziaria. Il gettito della voluntary disclosure darà soddisfazione al governo, che non l´ha ancora impegnato nella sua interezza.

Insomma: abbiamo cominciato a lavorare in profondità, qualcuno direbbe "con il cacciavite". Allo stesso tempo abbiamo mantenuto il percorso di discesa del rapporto fra debito e Pil e sfruttato i margini di flessibilità, posizionando al 2,4 per cento l´indebitamento netto, che era programmato all´1,8 per cento. L´ottimismo del governo non è di maniera, è solido.

I principali fattori di rischio sono due: quello legato all´evoluzione geo-politica dei conflitti nel Mediterraneo, nel Medio oriente e nella stessa Europa; e quello legato al forte peso delle sofferenze nei bilanci delle banche italiane, la coda velenosa di sette anni di profonda crisi. Per gestire questi rischi è necessaria un´Europa proattiva e solidale, non un´Europa burocratica e ferma agli schemi del XX secolo. Anche qui ci stiamo provando, e sarebbe necessaria una più ferma coesione politica interna − invece dei consueti litigi da baraccone − a sostegno degli interessi italiani.

Marco Causi

pubblicato da L´Unità, 23 dicembre 2015

 

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