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Marco Causi
Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.
La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
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13/12/2015 M.Causi La crisi delle banche: interventi di emergenza e interventi di sistema |
Quattro piccole banche territoriali italiane sono andate in
crisi e rischiano di fallire, sotto il peso di 9 miliardi di sofferenze, quasi
il 40 per cento dei loro attivi. Il governo è intervenuto con un decreto di
urgenza per minimizzare i danni, dentro le regole europee. Diciamo subito,
partendo dalla fine, che l´intervento del governo è necessario ed è efficace.
Ma che l´entità raggiunta nel sistema bancario italiano dai crediti deteriorati
(più di 200 miliardi), coda velenosa della crisi dell´economia reale, chiama in
causa politiche di sistema e non solo di emergenza. Nella costruzione di queste
politiche il riformismo italiano deve avere la forza di contrastare e
sconfiggere posizioni di rendita e conservatorismi − ad esempio proseguendo il consolidamento
industriale del settore bancario avviato con la riforma delle Banche Popolari −
e le istituzioni europee devono avere la saggezza di affiancare l´Italia,
evitando comportamenti miopi e inerzie burocratiche − ad esempio sbloccando
finalmente le trattative in corso da un anno per un´azione di sistema che
permetta di ridurre il peso delle sofferenze nei bilanci bancari. Bastano pochi numeri a dimostrare l´utilità dell´intervento
governativo. E´ vero che, per effetto delle regole che impediscono il salvataggio
prima di aver fatto partecipare ai costi della crisi gli azionisti e gli
obbligazionisti subordinati, alcune migliaia di risparmiatori vengono colpiti −
e si dovrà mettere in campo ogni azione sensata e ragionevole per garantire loro
giustizia, se ingannati, nelle sedi giudiziali e stragiudiziali, e comunque sostegno
di tipo sociale se le perdite subìte dovessero determinare condizioni di particolare
vulnerabilità. Ma è altrettanto vero che il salvataggio consente di non
interrompere le funzioni essenziali dei quattro istituti e con ciò protegge gli
interessi di un milione di correntisti e di 200 mila imprese il cui credito −
cioè la sopravvivenza − è garantito da quelle banche, oltre che di 6 mila
lavoratori. Si parla di più di 12 miliardi di depositi e più di 2 miliardi di
obbligazioni ordinarie.
Le critiche che si sentono e leggono in questi giorni non
stanno in piedi. I provvedimenti di Banca d´Italia − non del governo, che non
ne ha la competenza - che hanno avviato la risoluzione sono opponibili nelle
sedi giudiziali, come sta avvenendo nel caso di Spoleto, e lì si vedrà
certamente che nessuna decisione è stata presa al buio o senza motivazioni.
L´uso del Fondo di garanzia interbancaria avrebbe portato all´infrazione
comunitaria, con ciò gettando incertezze su tutte le azioni successive −
collocamento sul mercato delle nuove banche, cessione dei crediti deteriorati
da parte della "banca cattiva"; insomma, bene ha fatto il governo a scegliere
la strada della prudenza, sempre con la finalità di preservare attività e
valore delle nuove banche liberate dalle sofferenze. Le responsabilità
amministrative, e se del caso penali, dei vecchi gruppi dirigenti delle banche
andate in crisi sono già in corso di accertamento e lo saranno anche in futuro
se nuovi elementi venissero a galla. Per arrivare ad una conoscenza piena di
quello che è successo nel sistema bancario del paese il PD si è detto
disponibile ad avviare il lavoro di una Commissione nella sede propria della
democrazia repubblicana, il Parlamento.
Nulla da rimproverarci allora, come sistema paese? No. In
prospettiva storica, c´è il rimpianto di non avere seguito la strada della
Spagna nel 2012, con una ristrutturazione del sistema bancario aiutata da fondi
europei (e anche italiani). Sempre fra 2012 e 2013, quando le regole
dell´Unione bancaria furono negoziate, più attenzione e forza contrattuale
andavano forse poste a difesa delle particolarità italiane (fattori di rischio
speciali per le piccole imprese, elementi di gradualità nella transizione verso
il nuovo sistema di risoluzione delle crisi, metodi di controllo interni delle
banche). Sull´uso del Fondo di garanzia il conflitto è emerso adesso: forse
sarebbe stato meglio alzare prima l´attenzione. Con molto ritardo poi si è
proceduto a portare il sistema fiscale di svalutazione dei crediti bancari in
linea con quello europeo e sono stati conferiti alla Banca d´Italia i nuovi
poteri di rimozione degli amministratori delle banche mal gestite: per entrambe
le norme si è dovuto aspettare luglio 2015. E la stessa Banca d´Italia ha
qualcosa da rimproverarsi: poiché alla base del sistema bancario c´è la fiducia,
per evitare che questa possa essere scossa dalle crisi è necessaria
un´informazione pubblica più tempestiva e più completa. Ed è necessario un
coordinamento più stretto e continuo fra le diverse istituzioni che, ciascuna
per la sua competenza, svolgono i loro compiti in modo indipendente, ma che
soltanto stando unite potranno difendere gli interessi del paese.
Marco Causi
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