Intervento nell´ambito
dell´audizione di Mario Draghi a Montecitorio
Saluto il
Presidente Draghi a nome del gruppo del PD e lo ringrazio. Penso sia opportuno esprimere
un senso di orgoglio per il fatto che sia un nostro concittadino, un italiano,
a ricoprire in questa fase storica un ruolo così importante. Importante non
solo in sé, visti gli ampi poteri della BCE, ma soprattutto perché si tratta
della più importante istituzione propriamente federale dell´Unione Europea.
Un´istituzione che sta compiendo un lavoro cruciale non solo per contrastare la
crisi ma anche per costruire consenso intorno a politiche comuni, superando
ostacoli di grande rilevanza che nascono, nei diversi paesi membri, dalle differenze
di storia, culture, costituzioni formali e materiali, radicati punti di vista
delle pubbliche opinioni. Noi vorremmo, in un futuro che speriamo prossimo,
vedere all´opera altre istituzioni propriamente federali, in un processo sempre
più intenso di integrazione delle politiche pubbliche nell´area euro e
nell´intera Unione. Per non lasciare sola la politica monetaria, che è
condizione necessaria ma non sufficiente affinché l´Europa compia passi avanti
nella sua incompiuta costruzione politica e istituzionale e possa perseguire
obiettivi economici e sociali più ambiziosi.
Proseguo con
alcune domande.
Alcuni
temono che possa nascere una contraddizione fra QE e nuove strette sui
requisiti prudenziali per le banche. Il vice direttore della Banca d´Italia,
Fabio Panetta, ha affermato: "In questa fase − di ripresa ancorché modesta - un
ulteriore inasprimento dei requisiti di capitale e di liquidità per le banche
rischierebbe di frenare l´offerta di credito, allontanando la ripresa economica…l´attività
di supervisione microprudenziale deve confrontarsi con le esigenze di carattere
macro-prudenziale…coniugando le esigenze della stabilità delle banche con
quelle della ripresa produttiva". Qual´è l´opinione del Presidente su questa
esigenza di coordinamento fra politica monetaria e vigilanza prudenziale?
Alcuni
ritengono che le normative europee di supervisione bancaria non siano
soddisfacenti in tema di valutazione della rischiosità dei titoli sovrani e in
tema di valutazione degli strumenti finanziari di carattere più tipicamente
speculativo. Ciò determina, secondo questo punto di vista, che in questa sede parlamentare
è stato ricordato dal Governatore Visco, asimmetrie e svantaggi che colpiscono
in particolare paesi, come l´Italia, in cui il debito pubblico è alto e la
tradizione dell´industria bancaria è quella delle banche commerciali piuttosto
che di investimento. Cosa ne pensa il
Presidente? E´ possibile pensare ad una revisione di alcune di queste norme,
sempre con l´obiettivo di rendere al massimo efficace la trasmissione del QE
all´economia reale?
Uno degli
effetti dei nuovi sistemi di regolazione è la riduzione del "banco-centrismo"
nel finanziamento dell´economia. Si tratta di un impatto di particolare rilievo
e problematicità in Italia, per le tradizioni storiche dei rapporti
banca-impresa nel nostro paese. Attraverso quali canali e predisponendo quali
strumenti il QE può esercitare effetti positivi sui flussi di finanziamento non
bancario alle imprese? E, in parallelo, come può la politica monetaria aiutare
il Piano Junker?
E poi,
quanto contano nelle difficoltà europee gli squilibri macroeconomici, come l´eccesso
di surplus di parte corrente tedesco, accanto a quelli sempre citati di tipo
finanziario? E che valutazione dà la BCE della riforma delle Banche Popolari?
Infine, il
QE nasce da una valutazione ampiamente condivisa dei rischi connessi ad uno
scenario deflazionistico. Alcune variabili però possono iniziare a muoversi in
senso opposto. Quali valutazioni ha la BCE nel suo orizzonte di previsione
circa l´andamento del prezzo del petrolio e la trasmissione sui prezzi interni
della svalutazione del cambio?