Riforma
delle politiche tributarie: a che punto siamo?
Marco Causi
Le
distorsioni e le inefficienze del sistema tributario italiano da superare con
il processo di riforma in corso sono riconducibili a due grandi capitoli:
disegno del sistema tributario e amministrazione delle imposte. In questa nota faccio il punto di "metà legislatura"
sulle azioni avviate e su quelle da programmare per i prossimi mesi. La nota è
una rielaborazione del documento che ha fatto da base alla sessione dedicata al
fisco, svoltasi il 9 marzo, nell´ambito degli incontri fra il Gruppo
parlamentare del PD e il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Per quanto
riguarda il disegno del sistema
tributario (tax design) la
situazione è ben nota. La tassazione sul lavoro (prima della legge di stabilità
2015) è la più alta dell´UE, con un saggio implicito di tassazione del 42,8 per
cento contro una media UE del 36,1 per cento. Anche la tassazione sui redditi
d´impresa (25,9 per cento) è elevata, la terza in ordine decrescente nell´UE. Di
converso, è bassa la tassazione sui consumi, con un saggio implicito del 17,7
per cento contro una media UE del 19,9 per cento. Le imposte patrimoniali, pari
al 2,5 per cento del PIL, sono cresciute al di sopra della media UE in seguito
alle misure del 2012 (IMU, bollo sui conti bancari e finanziari). E´ alta
l´evasione fiscale, la cui stima ufficiale (elaborata per la prima volta
nell´ottobre 2014) è di 91 miliardi, di cui 40 sull´IVA e 44 sulle imposte
dirette. Il gap fra gettito IVA teorico e gettito effettivo (32 per cento) è il
terzo più alto nell´UE. E´ alta l´erosione fiscale, e cioè la contrazione di
gettito legale derivante dai regimi di agevolazione, stimata ufficialmente
nella legge di stabilità 2015 in 161 miliardi, uno dei valori più elevati
dell´OCSE.
Anche per
quanto riguarda l´amministrazione delle
imposte (tax implementation) i
problemi sono conosciuti e strutturali. Il costo amministrativo per ottemperare
ai doveri tributari è molto elevato. Secondo stime UE per una PMI italiana sono
necessarie 269 ore di lavoro all´anno contro 179 nella media UE, quasi il 50
per cento in più. Le frequenti variazioni alla legislazione tributaria minano
la stabilità e la prevedibilità dell´ambiente in cui le imprese operano, e
questo rende più difficili le decisioni di investimento. La normativa in alcune
aree è contraddittoria (ad esempio: elusione fiscale e abuso del diritto) e anche
questo rende più incerto l´ambiente per le imprese e per le decisioni di
investimento. Nell´amministrazione prevale l´approccio di intervenire ex post,
in sede di verifica, e non si sono sviluppati i nuovi metodi proposti dall´OCSE
per l´intervento ex ante, attraverso sistemi di tutoraggio e di collaborazione
cooperativa (cooperative compliance),
nonché attraverso l´uso ottimale delle informazioni in possesso della stessa
amministrazione. Il sistema della riscossione da ruoli, nonostante la riforma
del 2005, mostra gravi carenze, come dimostra il fatto che nell´arco
dell´ultimo decennio le somme effettivamente riscosse sono circa il 12 per cento
di quelle caricate. Seppure in lieve riduzione, il contenzioso è molto ampio e
il numero di procedimenti pendenti presso la giustizia tributaria è di circa
633 mila. In un terzo dei casi il giudice dà ragione al contribuente, ma la
percentuale sale al 45 per cento nei giudizi di merito. Ritardi storici si sono
accumulati nell´adeguamento e nella modernizzazione di alcuni strumenti
fondamentali per l´efficienza e l´equità del sistema tributario, primo fra
tutti il catasto. La "macchina" dell´amministrazione (Agenzie fiscali, SOGEI,
Equitalia) è stata trascurata durante gli anni dell´Italia berlusconiana, e
necessita urgentemente di una nuova attenzione sul piano dell´organizzazione,
delle procedure, della formazione dei dirigenti, delle tecnologie.
Il processo
di riforma sta avanzando lungo due direttrici: la prima, relativa al tax design, è attuata tramite
provvedimenti ordinari, e soprattutto con la legge di stabilità 2015; la seconda, relativa alla tax implementation, è attuata tramite la
legge di delega fiscale approvata
nel marzo del 2014. Tuttavia, fra le due direttrici ci sono incroci e
complementarietà.
Tax design per la crescita: meno
imposte su lavoro e impresa
Il Country
Report Italia 2015 della Commissione Europea promuove la strategia di riforma
contenuta nella legge di stabilità 2015, vedi http://ec.europa.eu/europe2020/pdf/csr2015/cr2015_italy_en.pdf , basata su un "tridente d´attacco".
Il "bonus" 80 euro, anche se
contabilizzato come spesa, è in realtà una riduzione IRPEF per il lavoro
dipendente con retribuzioni basse e medio-basse (quasi 10 miliardi). Per la UE si tratta, sul piano economico,
di un "tax credit". La misura ha
già avuto effetti quantificati e rilevati sul reddito disponibile. Per i suoi
effetti sui consumi bisogna tenere conto che i consumi si muovono con qualche
mese di ritardo a fronte di variazioni del reddito disponibile percepite come
permanenti: poiché la misura è stata resa permanente a partire da gennaio 2015,
gli effetti cominceranno a farsi vedere nei prossimi mesi. La Commissione
Europea sottolinea che la misura è importante anche per un altro aspetto,
disconosciuto dal dibattito italiano: "could
have also a positive impact on labour demand and competitiveness in the
medium-to-long term to the extent that it translates into lower wage claims"
(pag. 69).
Riduzione delle imposte sulle imprese: 5,6 miliardi sull´IRAP con la deduzione del costo del lavoro per i contratti a tempo
indeterminato. La Commissione Europea stima che la somma di questa misura con
il bonus Irpef abbassa la tassazione implicita sul lavoro di 1,5 punti,
riducendo nella misura di un quarto il gap italiano al confronto con la media
europea. Questo vale in generale, ma naturalmente gli effetti sono più
rilevanti per le retribuzioni basse e medio-basse: Banca d´Italia stima che per
questi livelli retributivi (usando una mediana di 20 mila euro) le due misure della
legge di stabilità 2015 abbassano il
cuneo fiscale del 4,6 per cento, quasi azzerando il gap italiano con la media
UE.
Per le
imprese va ricordato che alla riduzione IRAP si aggiunge la riduzione IRES determinata dall´ACE, e
cioè dal regime di tassazione agevolata per gli utili portati a patrimonio
d´impresa introdotto nel 2012, grazie al quale alla fine del 2014 le imprese
hanno beneficiato di una riduzione d´imposta per circa 4 miliardi.
Esenzione dal pagamento dei contributi
sociali per tre anni per i
dipendenti assunti nel 2015 con contratti a tempo indeterminato. In
combinazione con l´entrata in vigore delle nuove normative contrattuali per il
lavoro dipendente introdotte con il Job´s Act è prevedibile che queste misure
sostengano la domanda di lavoro. Andrà valutato quanto di questo sostegno si
tradurrà in aumento netto della domanda di lavoro e quanto in trasformazione di
rapporti di lavoro già esistenti con forme contrattuali atipiche o a tempo
determinato.
E´ essenziale che questa strategia continui
in futuro,
compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica. Nel triennio di riferimento
della legge di stabilità essa è finanziata con aumenti di IVA e accise e con
riduzioni di spesa. Aumenti delle imposte indirette per finanziare riduzioni
del carico fiscale su lavoro e imprese sono coerenti con l´obiettivo di
modificare le attuali distorsioni del tax
design italiano. Riduzioni di spesa sono coerenti con l´obiettivo di
evitare il dilemma del "moltiplicatore del bilancio in pareggio" − e cioè il
fatto che riduzioni contemporanee di imposte e di spesa pubblica si elidono a
vicenda e che anzi l´impatto macroeconomico può essere negativo per il ruolo
"moltiplicativo" della spesa pubblica − se tali riduzioni si concentrano sulle
spese pubbliche più inefficienti e meno produttive e salvaguardano invece
quelle che esercitano i maggiori impatti sulla crescita (istruzione,
innovazione, ricerca e sviluppo, progetti infrastrutturali essenziali per la
produttività di sistema).
La legge di
stabilità 2015 contiene due misure di rilievo per la lotta all´evasione e per
la deflazione del contenzioso: la piena
utilizzabilità da parte dell´Agenzia delle entrate dei dati relativi ai movimenti
sui conti bancari e finanziari (che completa una norma introdotta nel 2012 ma
ancora non operativa); un ravvedimento
operoso particolarmente conveniente. Queste misure hanno una connessione
con altri importanti processi in corso: la fine
del segreto bancario, sancita dall´accordo multilaterale di Berlino a
partire dal 2017 e anticipata da una serie di accordi bilaterali che l´Italia
sta firmando con paesi che vogliono uscire dalla black list, a partire dalla Svizzera; la collaborazione volontaria (voluntary
disclosure) introdotta dalla legge sul rientro dei capitali, estesa non
solo ai capitali detenuti all´estero ma anche a quelli nascosti in Italia.
Se questi
strumenti potranno intrecciarsi con un recupero di fiducia da parte dei
contribuenti e di credibilità da parte dello Stato, mentre si riducono le
imposte su lavoro e impresa e, con l´attuazione della delega fiscale, si
semplificano e modernizzano le relazioni fra contribuenti e amministrazione
tributaria, si può pensare al 2015 come
all´anno in cui si chiude con il passato e si costruisce in Italia un nuovo
"patto fiscale", basato su due parole d´ordine: da un lato "fisco amico",
dall´altro "trasparenza del contribuente".
Problemi rimasti aperti dopo la
manovra 2015 e nuovi temi in agenda
Mentre la
struttura fondamentale, e più rilevante sul piano dell´impatto, della manovra
2015 è corretta, è stata "promossa" dall´UE e non mancherà di esercitare
effetti positivi nel corso dell´anno, difficoltà e criticità sono emerse su due
versanti, se si vuole, più "laterali", ma non meno importanti, che andranno
risolti entro il 2016.
Il primo è
il nuovo regime dei minimi forfetari.
"Estratto" dalla delega fiscale e messo in legge di stabilità, rappresenta un
tassello importante per semplificare e ricostruire un rapporto positivo con il
fisco per una vasta platea di lavoro autonomo (partite IVA). Tuttavia, avendo
ricompreso nel nuovo regime generale il precedente regime destinato soltanto ai
giovani, il suo disegno si è scontrato con la questione contributiva, la quale assume
un rilievo ben diverso se si parla di giovani (che devono assolutamente
costruirsi una posizione contributiva) o di meno giovani (che possono anche
farne a meno, se già ne hanno una). La questione è stata risolta
temporaneamente mantenendo la vigenza del precedente regime, ma aspetta una
soluzione definitiva. Sarebbe importante trovarla contemporaneamente all´introduzione
della nuova imposta sul reddito
d´impresa (IRI), prevista dalla delega fiscale, che interviene sulla platea
del lavoro autonomo più strutturato, quella insomma che viene subito oltre il
"popolo delle partite IVA", e cioè le imprese che non hanno la forma di società
di capitale. L´IRI abbatte la tassazione per gli utili che restano all´impresa,
e favorisce così − al pari dell´ACE per le società di capitale − il processo di
rafforzamento patrimoniale.
Il secondo è
il fisco comunale, soprattutto in
relazione alle vicende dell´IMU, dell´IMU agricola e del perdurante assetto
provvisorio e altalenante dei rapporti finanziari fra i diversi livelli di
governo e della fiscalità locale e regionale. E´ necessario usare i prossimi
mesi per progettare la Local Tax e metterla a regime dal
2016. Con il nuovo tributo comunale si dovrebbe cercare di risolvere due
questioni non marginali di tax design:
ridurre il peso dell´imposta patrimoniale per i fabbricati produttivi (nessun paese
tassa in modo così pesante, con una patrimoniale, gli immobili produttivi delle
imprese), introducendo la deducibilità
dell´imposta dal reddito d´impresa; superare l´inefficiente sovrapposizione
di decisioni autonome e non coordinate sull´IRPEF da parte di Comuni e Regioni.
Nei mesi passati ci si era mossi − sulla falsariga di varie proposte avanzate
negli anni passati − con l´idea di assorbire nella Local Tax l´addizionale IRPEF comunale. A ben pensarci potrebbe
essere valutata un´altra strada, e cioè di abolire
l´addizionale IRPEF regionale, sostituendola con un´opportuna rimodulazione
delle compartecipazioni regionali all´IVA.
Nell´agenda
di lavoro sulle politiche tributarie dovranno trovare spazio alcuni nuovi temi.
Ne metto in evidenza tre.
Crediti deteriorati delle banche. A causa della prolungata recessione
dell´economia i crediti deteriorati (non
performing loans) nei bilanci delle banche hanno raggiunto nel terzo
trimestre del 2014 il 16,6 per cento, triplicando rispetto al 2008. Le
sofferenze bancarie ammontano a 177 miliardi. Si tratta di uno dei problemi più
rilevanti e prioritari da affrontare nei prossimi mesi, e non a caso il Country
Report sull´Italia vi dedica un intero capitolo e un focus di approfondimento. Con
bilanci bancari così compromessi si rischia che i segnali di ripresa in corso
siano soffocati dal credit crunch:
finora il razionamento del credito ha operato su una domanda fiacca da parte
delle imprese, depressa dalla crisi, sarebbe drammatico se dovesse operare
invece su una domanda che riprende a crescere, soffocando la ripresa. Le
soluzioni sono in corso di analisi da parte del Governo e di contrattazione con
l´UE. Va valutato il possibile contributo dello strumento tributario, visto che
la disciplina italiana della
deducibilità delle perdite e delle svalutazioni dei crediti bancari è una delle
meno favorevoli d´Europa (vanno spalmati in cinque anni). Una modifica in
questa direzione − in simultanea con altri interventi − non dovrebbe porre problemi in materia di concorrenza, diversamente
da altri eventuali strumenti.
Riordino dei regimi di agevolazione fiscale, soprattutto in materia di IVA. Le
agevolazioni IVA esistenti in Italia, sotto forma di aliquote ridotte ed
esenzioni, valgono il 45 per cento del potenziale gettito dell´imposta, contro
una media UE del 36 per cento. Se si recuperasse soltanto la metà di questo
gap, il gettito aumenterebbe di circa 10 miliardi. Sarebbe molto più equo ed efficiente agire in questa direzione
piuttosto che far scattare le clausole di salvaguardia: si tratta, sul lato
delle entrate, della stessa differenza che, sul lato delle spese, c´è fra tagli
selettivi e tagli lineari. Si potrebbero anche trovare risorse aggiuntive per
finanziare ulteriori riduzioni del cuneo fiscale. La delega fiscale era stata predisposta per questa operazione, in
modo da realizzarla senza passare dall´aula del Parlamento ma soltanto dalle
Commissioni con parere non vincolante. A questo punto, però, o si fa entro
giugno oppure si perde l´opportunità di utilizzare la delega.
Riorganizzazione della tassazione ambientale: è un punto sollevato dal Country Report
2015, dove si rileva che la tassazione ambientale in Italia, pur superiore alla
media europea, è tuttavia sbilanciata sulle accise e ha ancora una componente
molto marginale di strumenti legati al consumo di risorse e alla produzione di
inquinamento. Anche su questo versante la delega fiscale era fungibile, ma
credo che ormai sia troppo tardi per usarla come veicolo.
Tax implementation: la delega
fiscale e altro
Il Country Report segnala che l´attuazione
della delega fiscale "is progressing
slowly". In
effetti, la delega rischia di non essere attuata nella sua totalità. E´ un
peccato per tre motivi almeno.
Primo, fin
dal 2012, da quando ne è cominciato l´iter, l´UE ha considerato la delega fiscale uno dei principali punti di
riforma strutturale per far tornare l´Italia a crescere.
Secondo, la delega
è tarata per un amplissimo arco di
interventi (ad esempio, il già citato riordino delle agevolazioni fiscali)
che sarebbe molto più difficile e pericoloso attuare con strumenti legislativi
che devono passare per il voto delle aule parlamentari, e che invece possono
trovare un percorso più "protetto"
nell´esame da parte delle Commissioni Finanze ai fini dell´espressione di
un parere (peraltro non vincolante, anche se finora il Governo ha tenuto fede
al "patto" politico di recepire sempre le proposte di modifica avanzate dalle
Commissioni).
Terzo, la delega è il risultato di un equilibrio politico
molto importante, poiché è nata dall´iniziativa parlamentare ed è passata
in Parlamento senza alcun voto contrario. E soprattutto perché contiene al suo
interno tanti punti di innovazione e di possibile mediazione fra approccio
"pro-contribuente" e approccio "pro-Stato": un vero e proprio passo avanti
nella cultura politica italiana, abituata invece a dividersi costantemente fra
guelfi e ghibellini, nel nostro caso fra iper-garantisti e iper-giustizialisti.
Lo schema di
decreto sulla riforma del catasto è
pronto da alcune settimane, le schede tecniche di attuazione sono state
pubblicate da tempo sul sito dell´Agenzia delle entrate, è stata conclusa
un´ampia consultazione che ha trovato l´accordo con tutte le categorie e gli stakeholders interessati. Si tratta di
una riforma storica, che innova su
metodologie e strumenti fissati nel lontano 1939. La decisione di stabilire che
il principio di parità di gettito si attua a livello comunale ha ridotto ogni
preoccupazione sulla possibilità che da questa riforma derivino aumenti
d´imposta, tanto che perfino Confedilizia non protesta (è la prima volta da
sempre, in tema di catasto). Certo, da questa decisione discende una riduzione
dell´impatto della riforma in termini di equità e di efficienza orizzontale (fra
le diverse parti del paese). Tuttavia, per attuare questa riforma ci vorranno
cinque anni, e quindi nessun impatto è prevedibile nell´arco di questa
legislatura e ci sarà tutto il tempo in futuro, anche sulla base di dati reali
e non immaginari, per tarare l´atterraggio dei nuovi valori catastali. Penso che lo schema di decreto possa venire
al più presto in Parlamento, anche senza attendere gli altri: anzi è
meglio, per organizzare in modo efficiente il lavoro parlamentare, che gli
schemi di decreto arrivino con un certo scaglionamento.
La delega,
scritta sui principi OCSE, confrontata con la legislazione storicamente vigente
in Italia ha un orientamento
"pro-business" e "pro-certezza del
diritto". E questo è un bene, perché può permettere di migliorare
l´ambiente economico, ridurre l´incertezza sulle decisioni di investimento,
ridurre le aree di discrezionalità dell´amministrazione fiscale e spingere
questa amministrazione ad una forte innovazione di metodi, procedure,
organizzazione. In fase di attuazione è necessario curare in modo molto attento che l´equilibrio venga mantenuto, ed
evitare che il pendolo venga spostato in modo non ragionevole da un lato o
dall´altro.
La ricaduta
"pro-business" e "pro-certezza del diritto" emerge in molte parti della delega.
Ad esempio, nella nuova formulazione generale dell´abuso del diritto, con una chiara distinzione fra quello che
l´amministrazione deve dimostrare e quello che il contribuente può opporre, e
con la depenalizzazione delle condotte di elusione fiscale.
Per quanto riguarda
il penale tributario, la delega prevede la
depenalizzazione dei reati tributari minori e la ridefinizione, in chiave
pro-contribuente, della dichiarazione infedele e di quella fraudolenta con
altri artifizi. Dall´altra parte, prevede anche una definizione più rigorosa della frode fiscale con falsi documenti,
in modo da ricomprendervi fattispecie che oggi vengono perseguite tramite lo
strumento dell´abuso del diritto. A leggere con attenzione il testo della
delega, a mio parere c´è anche spazio per una depenalizzazione delle frodi
fiscali di piccola entità, purchè vengano mantenute la pena massima e il
principio di proporzionalità (e cioè soglie di non punibilità inferiori a quelle dei reati meno
gravi e, naturalmente, una soglia massima in valore assoluto).
E poi: il
nuovo istituto della "cooperative compliance",
l´ampliamento delle azioni di tutoraggio e la riforma dell´interpello. E l´allineamento
della normativa alle esigenze delle imprese
internazionalizzate, che può favorire sia l´internazionalizzazione delle
imprese italiane sia l´attrattività dell´Italia per imprese straniere (doppia
imposizione, ruling, ecc.). In questo campo, naturalmente, bisogna evitare
approcci che favoriscano la delocalizzazione e bisogna restare saldamente ancorati agli standard internazionali, in
particolare per ciò che riguarda le procedure di ruling. L´Italia ha promosso, durante il semestre di presidenza,
un´importante iniziativa UE per combattere le aree di elusione delle imprese
multinazionali, sarebbe incoerente far muovere la legislazione interna verso
un´altra direzione.
Il testo
sulla "cooperative compliance" è
pronto da mesi, e potrebbe essere inoltrato al Parlamento. Anche sulla fiscalità internazionale, a mia
conoscenza, esiste un testo pronto da tempo che ha ricevuto l´assenso da parte
degli stakeholders istituzionali competenti
in materia (Assonime, Confindustria, Abi). Potrebbe essere mandato in
Parlamento insieme alla riforma del catasto.
Sul versante
semplificazioni la delega ha
generato un importante decreto, contenente la dichiarazione pre-compilata e
tanti altri miglioramenti (come quello della riforma dell´istituto della
responsabilità solidale fra committente e fornitore). La frontiera ulteriore è
la fatturazione elettronica − con
l´abolizione di molti adempimenti a fini IVA − e lo scontrino elettronico. La
delega prevede l´obiettivo di incentivare l´uso dei mezzi di pagamento
elettronici, che costano meno e consentono maggiore tracciabilità. In questo
campo è in arrivo un regolamento comunitario che abbasserà − e definirà a
livello europeo − le commissioni per l´accesso ai sistemi di pagamento
elettronici. E´ il caso di aspettare il regolamento per ragionare sulle ulteriori
misure che potrebbero essere messe in campo.
La delega
consente di intervenire sulle strutture portanti del procedimento tributario,
con obiettivi di innovazione, modernizzazione, riduzione dei costi, deflazione
del contenzioso: riforma
dell´accertamento, riforma del contenzioso, riforma del processo tributario
(in parallelo, e in convergenza, con la riforma del processo civile). Si
tratta, qui, degli interventi più "pesanti" e complicati sul piano normativo. E´ necessario organizzare in modo serrato e
produttivo il lavoro, poiché in caso contrario temo che la scadenza di
giugno rischi di non poter essere rispettata.
Per
l´attuazione della delega, accanto al circuito di produzione normativa di tipo tecnico-istituzionale
(MEF, Dipartimento finanze, Agenzie fiscali) la Presidenza del Consiglio ha
attivato un ulteriore circuito produttivo. Di per sé questo non è certo un
problema, ma anzi un´opportunità. A condizione però che i due circuiti siano coordinati con fermezza, che si evitino
duplicazioni, che i compiti siano assegnati con chiarezza, che esistano sedi in
cui, dopo il confronto di merito, si arrivi alla decisione. Non è impossibile:
è già stato fatto nella produzione delle norme sul rientro dei capitali, con la
sola differenza che la sede di discussione e di lavoro, in quel caso, era il
Parlamento.
Due temi di
attuazione della delega rivestono specifica sensibilità politica.
Primo, la riforma della riscossione. Le
iniziative demagogiche per "abolire Equitalia" si contrastano in modo efficace
varando la riforma della riscossione e della stessa Equitalia, che deve
diventare una vera società "in house" dell´Agenzia delle entrate e dell´Inps,
con tutti gli strumenti del "controllo analogo" e del monitoraggio sulla
gestione, e deve definitivamente recidere il cordone ombelicale della sua
provenienza dal settore bancario per diventare a tutti gli effetti un´Agenzia
pubblica. Occorre stabilizzare il settore della riscossione locale, in
partenariato con Anci; introdurre procedure di riscossione più "leggere" e meno
costose per gli importi di piccola entità; e infine cambiare nome a Equitalia.
Secondo, la riforma dei giochi pubblici. Questo
decreto legislativo sarà il primo vero e proprio Testo Unico in materia di
giochi pubblici mai redatto e supererà un quindicennio di legislazione estemporanea,
causale, non coordinata, il cui effetto è stato di far crescere questo settore
in modo disordinato e scomposto, tanto da generare un legittimo allarme sociale
nelle nostre comunità. Con il decreto si apre una fase nuova, volta alla
concentrazione e razionalizzazione dell´offerta di gioco pubblico, garantendo
gli obiettivi in termini di salute pubblica e di ordine pubblico, senza cedere
però alla campagna proibizionistica, per evitare di spostare il fatturato del
settore a vantaggio dell´offerta fuori concessione statale, sia quella legale
sia quella illegale.
C´è lavoro
da fare anche al di fuori della delega. Almeno in due aree principali.
Primo, investimento organizzativo sulle Agenzie
fiscali, e valutazione della riforma del 2012 che le ha ridotte da quattro
a due. L´attuazione della delega implica una rivoluzione all´interno delle
Agenzie, e soprattutto dell´Agenzia delle entrate (responsabile anche della
riforma del catasto). "Fisco amico" significa più prevenzione e meno
repressione, più consulenza e meno controllo formalistico. Nell´ambito della riforma della pubblica amministrazione è necessario
tenere conto delle specificità tecnico-professionali delle Agenzie, in
particolare per i processi di reclutamento e di formazione del personale
dirigente. La stessa attenzione va prestata a SOGEI, la quale è un perno vitale della riforma: se SOGEI non
dovesse riuscire a mettersi all´altezza della sfida, tanti obiettivi di
innovazione potrebbero cadere (dalla precompilata alla fatturazione
elettronica, dalla lotta all´evasione attraverso la tracciabilità alla gestione
di tutte le nuove procedure in cui è l´amministrazione a dover trovare ed
elaborare le informazioni, liberando i contribuenti da inutili adempimenti).
Secondo, presidiare
ed esercitare il massimo di presenza e proattività nelle diverse sedi internazionali in cui si
definiscono importanti regolamentazioni tributarie per il futuro. In ambito
OCSE-G20, dopo l´adozione dei Common
Reporting Standards che hanno aperto la strada alla fine del segreto
bancario, il dossier da seguire è BEPS (Base Erosion Profit Shifting), da
cui deriveranno le nuove regole per la tassazione delle imprese multinazionali,
in particolare nel settore dell´economia digitale, con l´obiettivo di
contrastare i fenomeni di elusione. In ambito UE, va sostenuto al più alto
livello politico il dossier relativo all´armonizzazione
delle basi imponibili per le società, che la presidenza italiana del
secondo semestre 2014 è riuscita a rimettere in moto.