Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale
Discussione generale, Montecitorio, 23 novembre 2011
Intervento di Marco Causi
Da molti anni, almeno dalla metà degli anni ´90 del passato secolo, le politiche di bilancio pubblico dei paesi appartenenti all´Unione europea, e ancor di più di quelli che hanno assunto l´euro come moneta comune, si realizzano all´interno di precise regole dell´ordinamento comunitario. La crisi globale scoppiata nel 2007-2008 e la sua trasmissione ai debiti sovrani europei hanno condotto l´Unione ad assumere iniziative per rafforzare queste regole, con proposte tendenti a introdurre una nuova disciplina del patto di stabilità e crescita, centrata sulla convergenza verso l´obiettivo a medio termine del pareggio di bilancio e comprendente anche i criteri di redazione dei quadri di bilancio nazionali, i meccanismi di sorveglianza e di correzione. Insomma tutto ciò che va sotto il titolo di riforma della "governance economica" dell´Unione.
Per i paesi della zona euro questa linea di azione è stata rafforzata dal Patto "euro plus", dove si prevedono meccanismi rafforzati per il concorso alla stabilità delle finanze pubbliche e per il coordinamento delle politiche fiscali, nonché l´impegno degli Stati aderenti a recepire nella legislazione nazionale le regole di bilancio fissate nel patto di stabilità e crescita. Gli Stati hanno libertà di scelta in ordine allo strumento giuridico da utilizzare (di livello costituzionale ovvero di normativa quadro). Anche l´esatta forma della regola sarà decisa da ciascun paese. Essa però deve valere a livello nazionale e subnazionale, e la Commissione europea ha il compito, tramite una procedura di consultazione, di assicurarsi, prima dell´adozione, che essa sia "compatibile e sinergica" con le regole dell´Unione.
Il Governo italiano ha, in questo contesto, preso l´impegno di introdurre la nuova regola all´interno della Carta costituzionale. Il Ministro dell´economia e delle finanze ha reso in tal senso comunicazioni alle Camere l´11 agosto 2011, proponendo una prima bozza di testo e potendo registrare fin da quel momento un ampio consenso parlamentare, esteso anche ai gruppi di quella che allora era l´opposizione, a lavorare nel merito per una soluzione condivisa. Il Governo ha poi depositato il 15 settembre una proposta di legge, in più punti differente rispetto alla bozza dell´11 agosto. Lavorando a partire da quella proposta e dalle altre presentate dai gruppi parlamentari, e anche in seguito ad un serrato programma di audizioni tecniche, le Commissioni affari costituzionali e bilancio sono arrivate a definire un testo base a partire dal quale si apre la presente discussione generale.
E´ importante ricordare che questo testo ha fatto sue alcune proposte suggerite, in sede di audizione tecnica del 25 ottobre, dal Prof. Piero Giarda. In particolare, è del Prof. Giarda l´idea di usare, come regola, il concetto di "equilibrio fra le entrate e le spese" piuttosto che gli altri variamente proposti (equilibrio dei bilanci e contenimento del debito, saldo strutturale, pareggio strutturale, ecc.), con la motivazione "che una Costituzione dovrebbe contenere solo proposizioni principali che esprimono concetti semplici". Ricordo questo passaggio non per mero citazionismo accademico, ma perché credo che neppure lui potesse prevedere, a neppure un mese da quella audizione, di diventare il Ministro incaricato di seguire per conto del Governo l´iter di questo importante provvedimento. Nel porgere allora al Ministro Giarda, a cui spetta oggi il compito di rappresentare per la prima volta in aula il nuovo Governo dopo al voto di fiducia del 18 novembre, i più sinceri auguri di buon lavoro per il nuovo incarico, mi consentirete di commentare che difficilmente il detto "l´uomo giusto al posto giusto" ha avuto una rappresentazione più pertinente, direi proprio puntuale e plastica.
Ho voluto ricostruire il percorso degli ultimi mesi perché ritengo che, nonostante i distinguo e i caveat che tanto qualificato dibattito scientifico, in sede sia giuridica che economica, ha sviluppato intorno all´opportunità di costituzionalizzare il principio di equilibrio di bilancio, nel contesto attuale l´impegno assunto dal nostro paese deve inderogabilmente essere rispettato. L´Italia è al centro di una crisi di fiducia, e l´ultima cosa che può permettersi in questa fase, direi in questi giorni, è di non rispettare gli impegni presi. E anzi, l´impegno va rispettato in tempi brevi, raggiungendo in via preventiva, tramite consultazioni informali, il consenso necessario ad approvare fin dalla prossima settimana un testo definitivo che non venga modificato dalle seconde o terze letture del nostro bicameralismo, il quale sarà perfetto, ma che in questa circostanza gli osservatori europei e internazionali farebbero difficoltà a comprendere. Diamoci allora qualche giorno finale di lavoro, con la regia del Ministro Giarda, per apportare le ultime modifiche e limature al testo licenziato dalle Commissioni, con l´obiettivo di semplificarlo ulteriormente e di coagulare intorno ad esso la più ampia convergenza.
Nell´attuale contesto storico della politica economica italiana, d´altra parte, perseguire concretamente il pareggio di bilancio, mantenendo l´impegno assunto sulla data del 2013, è per l´Italia una scelta obbligata. Una politica diversa aggraverebbe pesantemente lo squilibrio finanziario, attraverso l´aumento della spesa per interessi, danneggerebbe ancora di più la crescita economica, aumenterebbe drammaticamente la percezione del rischio paese da parte degli investitori, fornendo così nuovo spazio di manovra agli attacchi speculativi in corso. Una regola costituzionale varata con il massimo consenso può segnalare ai detentori dei titoli del debito pubblico italiano la ferma volontà del paese di raggiungere il pareggio e di mantenerlo nel tempo, ben più di quanto sia possibile attraverso ordinari provvedimenti congiunturali di un Governo pro tempore.
E tuttavia, è necessario dirsi con franchezza che il rigore di bilancio, il raggiungimento del pareggio nel 2013, l´impegno "multipartisan" alla coerenza intertemporale di politiche finanziarie volte a ridurre il rapporto fra debito e Pil, sono condizioni necessarie ma non sufficienti a contribuire con qualche grado di affidabilità alla stabilizzazione delle gravi turbolenze finanziarie da cui è investita l´Italia e il suo debito sovrano. Se guardiamo i manuali di politica economica, l´odierna situazione dell´Italia, caratterizzata da un forte deficit nella bilancia corrente dei pagamenti e da un elevato rapporto fra debito pubblico e Pil, ha bisogno di politiche fiscali restrittive e politiche monetarie espansive.
Ma ci sono due grandi differenze fra i manuali e il contesto dell´euro zona. La prima è che l´Italia non controlla la politica monetaria, ergo il suo sforzo, così come quello degli altri paesi in squilibrio, compresa la Francia, deve essere aiutato da coerenti politiche monetarie e di stabilizzazione finanziaria in ambito europeo. La seconda è che l´euro zona nel suo complesso ha numeri aggregati ben più confortanti, nella bilancia dei pagamenti e nel rapporto fra debito pubblico e Pil, in relazione anche ad altre aree monetarie. Ergo, l´euro zona ha risorse e potenzialità per definire una cornice di crescita aggregata a compensazione dell´effetto deflattivo delle politiche di aggiustamento affrontate dai paesi deficitari. Una compensazione che può nascere da azioni che coinvolgano i paesi dell´euro, e quelli dell´Unione, nel loro insieme, e anche da un corretto mix di politiche asimmetriche fra paesi deficitari e paesi eccedentari all´interno dello spazio europeo.
Confidiamo allora che il nuovo Governo italiano, con la sua riconquistata autorevolezza e la forte reputazione europeista, possa svolgere un ruolo attivo per favorire quei cambiamenti di politiche economiche dell´Unione e dell´area euro che sono indispensabili per costruire, accanto alla politica fiscale nazionale restrittiva, le altre condizioni necessarie a dare speranza di successo all´obiettivo della stabilizzazione finanziaria dell´Italia. E non ci associamo per nulla ai critici sull´operato del nuovo Governo nei suoi primi giorni di vita: ha fatto bene il Presidente Monti a mettere l´Europa al primo punto della sua agenda. Perché e´ li´ che va ricostruito un rapporto fiduciario, che si era palesemente e pericolosamente incrinato negli ultimi mesi, ed e´ li´ che va definita la seconda e indispensabile gamba delle politiche di contrasto alla crisi dei debiti sovrani.
Come e´ spesso accaduto nella nostra storia nazionale, tuttavia, lo stimolo europeo può essere trasformato in opportunità. E´ stato così nel lavoro di riscrittura dell´art. 81 della Costituzione. Un articolo che aveva implicito, nella volontà dei costituenti, il pareggio di bilancio, ma che non ha funzionato a partire dagli anni settanta e per tutti gli anni ottanta del passato secolo, e cioè da quando si e´ ampliata la sfera di intervento dello Stato nell´economia e nella società e la corrispondente legislazione di spesa, almeno fino a quando, con i trattati europei degli anni ´90, il vincolo sovraordinato ha costretto l´Italia a un maggiore rigore di finanza pubblica.
Tre mi sembrano le novità più importanti, su cui soffermarmi. La prima e´ il criterio di compensazione ciclica fra avanzi e disavanzi. E vorrei su questo ricordare che tale criterio risponde in pieno alle prescrizioni della teoria economica di Keynes, in particolare in tema di stabilizzatori automatici del bilancio pubblico. Non si fa un buon servizio a Keynes, infatti, imputando alle sue teorie l´eccessiva accumulazione dei debiti pubblici nelle economie dell´occidente. Keynes confinava chiaramente nel breve periodo, e quindi nel ciclo, il ruolo del finanziamento in disavanzo della spesa pubblica. Nel lungo periodo, invece, la teoria di Keynes sulle condizioni di stabilita´ finanziaria e di crescita di un sistema capitalistico mette al centro da un lato la politica monetaria, e in particolare il livello dei tassi d´interesse, più che la politica fiscale, come strumenti per ridurre l´incertezza previsiva sul futuro e la volatilità delle aspettative; e dall´altro lato la propensione al consumo, e quindi la struttura della progressività del sistema fiscale, piuttosto che il livello della spesa pubblica.
Secondo, l´allineamento della regola di bilancio fra Stato, enti pubblici, Regioni e autonomie territoriali. Un argomento, questo, che permette anche di migliorare alcune modifiche agli articoli 117 e 119 riformati nel 2001. Nella proposta si introduce, fra le competenze dello Stato, la stabilizzazione del ciclo economico, anche questo peraltro su suggerimento del Prof. Giarda. Si tratta di una dimenticanza della riforma del 2001, mentre la nuova formulazione è coerente con un ordinato sistema di federalismo fiscale, nel quale gli enti subnazionali hanno una prevalente funzione di tipo allocativo piuttosto che redistributivo oppure, appunto, di stabilizzazione. Ne deriva una garanzia di ultima istanza da parte dello Stato sui livelli essenziali delle prestazioni, i quali potrebbero subire nel corso del ciclo gli effetti negativi della variabilità dei gettiti dei tributi locali. Garanzia che comprende opportunamente, nel testo delle Commissioni, anche le funzioni fondamentali di cui alla lettera p) dell´art. 117, in parte coincidenti con la lettera m), ma in parte dotate di un loro pari rango costituzionale, oltre che di analogo valore in termini di coesione sociale. E infine il nuovo testo consolida, per le spese di investimento di Regioni ed enti locali, il procedimento della compensazione di comparto, ormai ben sperimentato attraverso il patto di stabilità interno, prevedendo anche la possibilità di realizzarlo all´interno dei territori regionali.
La terza novità riguarda la nuova legge ´rafforzata´ di contabilità e finanza pubblica, che completerà un ciclo di riforme cominciato con la legge 196 del 2009. In quella sede verranno definite le modalità per le attività di verifica e correzione da applicare non solo allo Stato ma anche alle altre amministrazioni pubbliche centrali e locali. Penso sarebbe utile ricordare in questa sede il principio del coordinamento. L´esperienza degli ultimi venti anni ha dimostrato che e´ la carenza di coordinamento ad avere determinato andamenti di finanza pubblica aggregati difficilmente prevedibili a causa appunto dei comportamenti scarsamente coordinati dei diversi livelli di governo. D´altra parte, i nuovi istituti di coordinamento introdotti proprio nella legge 196, in coerenza con quanto previsto dalla legge 42 del 2009 sul federalismo fiscale, non sono stati, per ormai due anni, mai applicati dal Governo, nonostante quello dimessosi pochi giorni fa fosse un Governo a forte priorità politica federalistica, almeno a parole. Credo quindi che il richiamo al principio di coordinamento, se non in Costituzione, almeno nel testo di legge di modifica costituzionale che tratteggia la nuova legge rafforzata di contabilità e finanza pubblica possa consolidare l´impegno, da parte di tutte le istituzioni della nostra Repubblica, a concorrere alle necessarie politiche di stabilizzazione finanziaria e di riduzione del rapporto fra debito e Pil.