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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



02/11/2011 M.Causi
Poche cose, ma chiare
 
Governo e maggioranza annaspano e rischiano di far sprofondare il paese in una crisi dai contorni sempre più drammatici. Parlare di "cento proposte", come fa il ministro Romani; insistere sulla riduzione dei diritti senza dare in cambio una riforma del welfare, come fa il ministro Sacconi; ipotizzare "maxiemendamenti" alla legge di stabilità: ormai è puro stato confusionale, da mesi i cittadini italiani e le istituzioni europee e internazionali assistono a questo pasticcio di non-governo. Il tempo dell´operetta (così la stampa tedesca descrive la politica italiana nel declino del berlusconismo) è scaduto.
Il dovere delle opposizioni non è solo di dimostrare senso di responsabilità. E´ anche di impegnarsi su poche cose, ma chiare per l´opinione pubblica interna e, purtroppo sempre più importante, per quella internazionale:
1. le pensioni, con il passaggio al contributivo pro rata per tutti a partire dal primo gennaio, compresi i vitalizi dei parlamentari, utilizzando parte dei risparmi per migliorare il welfare destinato ai giovani;
2. un segnale sulle liberalizzazioni, con lo scorporo della rete del gas (molto meglio della privatizzazione dell´Eni, come ipotizzato da qualche superficiale esponente della maggioranza) e primi elementi di riforma degli ordini professionali (tariffe minime);
3. immediate decisioni su come reperire i venti miliardi delle manovre estive lasciati senza copertura e affidati a una delega fiscale da realizzare chissà come e chissà quando; se, tramite la razionalizzazione delle esistenti agevolazioni fiscali e ulteriori aumenti dell´Iva, si riuscisse a raggiungere una copertura superiore ai venti miliardi, dare un primo segnale di riduzione dell´Irpef sui redditi bassi e medio bassi (prima aliquota) e introdurre la nuova DIT (quella che oggi si propone di chiamare ACE) con l´azzeramento della tassazione sugli utili reinvestiti nelle imprese;
4. riforma del catasto e adeguamento del prelievo patrimoniale sugli immobili, ivi comprese le prime case, con una franchigia che esenti la metà dei proprietari e che potrebbe essere variabile sui territori;
5. introduzione di una patrimoniale erariale sulle grandi ricchezze personali, quelle sopra il milione e duecentomila euro, chiedendo così un contributo al cinque per cento degli italiani più abbienti;
6. immediata definizione del programma per la riorganizzazione della spesa pubblica (spending review), previsto entro il 30 novembre dalla manovra di agosto;
7. immediato trasferimento all´Agenzia del demanio, per l´avvio delle procedure di valorizzazione e, se conveniente, di dismissione, dei beni di proprietà della difesa non più necessari a scopi di sicurezza, come è già previsto dalle norme vigenti (cosiddetto "federalismo demaniale").
Infine, un cantiere veloce di riforme istituzionali: stabilità di bilancio in Costituzione; superamento del bicameralismo perfetto, istituzione di un "Bundesrat" delle autonomie, riduzione del numero di parlamentari; semplificazione dei livelli amministrativi intermedi.
Le opposizioni dovrebbero poi affermare che a una nuova, e più credibile, rappresentanza politica dell´Italia andrà affidata la missione di contrattare al meglio l´impianto complessivo delle politiche europee, a partire da quelle di regolazione del sistema bancario (dove le più recenti decisioni penalizzano il sistema Italia). Ma l´Italia deve potersi schierare, e far pesare di nuovo il suo ruolo politico dopo le figuracce del bunga bunga, anche sui grandi temi sul tappeto nel crinale storico della crisi: l´impianto delle politiche europee, il coordinamento fra le politiche economiche e fiscali dei paesi dell´euro, l´introduzione di un´imposta sulle transazioni finanziarie, la riforma della governance mondiale.
Il problema non è se l´Italia sia abbastanza o poco grande per potere permettersi di fallire. Il problema è che l´Italia deve riacquistare la voglia di riprendersi il destino nelle proprie mani, e quindi la voglia di dare un futuro a un grande paese che ancora tanto può dare ai suoi giovani e all´intera comunità europea e internazionale.
Marco Causi
 

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