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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



29/08/2011 M.Causi
Kafka, l´Iva, la Germania e la democrazia
Leggendo i resoconti giornalistici della discussione interna alla maggioranza sulle modifiche alla manovra di ferragosto c´è da deprimersi. Si ha l´impressione che i dirigenti di PDL e Lega non si rendano conto della gravità storica della situazione in cui versa il paese e la sua finanza pubblica. Tre esempi.
Kafka e l´Iva. La discussione sull´Iva è kafkiana. Sembra che nessuno, nella maggioranza, abbia letto l´articolo 1 comma 6 del decreto di ferragosto, dove l´aumento dell´Iva è già introdotto. Esso servirà a raggiungere l´obiettivo di copertura di 16 miliardi nel 2013 e di 20 miliardi nel 2014 assegnato alla delega fiscale e assistenziale. Tutti infatti hanno capito, a partire dai mercati e dall´Unione Europea, che era quello l´anello debole della manovra di luglio. Tagli alle agevolazioni fiscali e alla spesa assistenziale non potranno portare, realisticamente, più di 5, forse 6, miliardi. Ecco allora le nuove misure di agosto, che valgono un po´ meno di otto miliardi e sono sostitutive, e non aggiuntive, di quelle previste (e non coperte credibilmente) a luglio. Ed ecco poi la nuova clausola di salvaguardia che usa Iva e accise per blindare la copertura. Sul punto Tremonti ha ragione a resistere alla sua coalizione. Ma dovrebbe ammettere di essere lui stesso rimasto intrappolato dagli espedienti barocchi e dalla scarsa trasparenza delle misure che il suo Ministero ha predisposto, e che la maggioranza non ha capito o fa finta di non capire.
Cosa ci chiedono Germania e Francia? Molti dirigenti del centro-destra si affannano a valutare cosa potrebbe fare l´Italia per recuperare credibilità di fronte all´Unione Europea, alcuni si lamentano dell´ingerenza franco-tedesca e della BCE sugli affari interni italiani. Eppure è tutto molto semplice: se dalla crisi dell´euro si esce con "più Europa", occorre dare segnali non solo di stabilizzazione ma anche di convergenza fiscale. In Francia, ad esempio, ogni cittadino proprietario della casa in cui abita paga annualmente al proprio municipio un importo pari in media, nel 2009, a 1.502 euro come somma di due imposte, relative una ai servizi comunali e una alla proprietà. In Germania la tassa locale si chiama "Grundsteuer" e l´aliquota media in vigore è l´1,9 per cento, più di due volte e mezzo quella della vecchia Ici, più del doppio della nuova Imu, e legata a valori catastali ben più vicini dei nostri a quelli di mercato. Perché il contribuente francese o quello tedesco dovrebbero addossarsi il rischio del debito pubblico italiano se in Italia prevalgono regimi fiscali di favore, la cui natura è di generare e mantenere facile consenso politico "anti-tasse" a vantaggio della coalizione di governo? Per non parlare, ovviamente, dell´estensione del fenomeno evasione. Molto si parla di coesione e di responsabilità nazionale. Perché il centro-destra non accoglie la proposta, avanzata dal PD in Commissione bicamerale sul federalismo, di ancorare il finanziamento dei Comuni, se non ad una imposta sulla proprietà, almeno ad una "service tax"? Si potrebbe: eliminare l´addizionale comunale Irpef, destinata a sicuri aumenti; inglobare la Tarsu-Tia; dare un po´ di respiro ai Comuni; volendo, anche un contributo ai saldi finanziari aggregati. E si potrebbe soprattutto dare un segnale politico di convergenza dell´Italia verso i regimi fiscali esistenti in tutti i paesi europei (e non solo).
Privatizzazioni e democrazia. Una strada per far cassa è vendere attività pubbliche. Ma il nostro centro-destra non ha avuto alcuna idea migliore se non quella di riproporre in modo pressoché integrale, nel decreto di ferragosto, i meccanismi di "privatizzazione forzata" dei servizi pubblici locali che la maggioranza assoluta del popolo italiano aveva rigettato non più di due mesi fa con i referendum. Qui non c´è soltanto mancanza di idee, c´è vero disprezzo per la democrazia. A nessuno degli ineffabili (e frastornati) dirigenti di PDL e Lega è venuto in mente che potrebbero essere velocemente destinati ad alienazione tanti beni immobiliari della Difesa. Ciò è, peraltro, già previsto nelle norme vigenti, a partire dal decreto sul cosiddetto federalismo demaniale. Nessuno però se ne sta occupando. Il PD se ne è ricordato e propone che il Ministro della Difesa renda noti entro 30 giorni gli elenchi dei beni da avviare a dismissione e che il relativo processo sia coordinato dall´Agenzia del Demanio, in modo da non disperdersi in mille rivoli locali. Qualcuno dal governo e dalla destra sarà in grado di raccogliere questa semplice proposta?
Marco Causi
29 agosto 2011
 

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