Sì alla coesione nazionale, no agli errori contabili e alla macelleria sociale
L´emergenza finanziaria e la necessità di approvare rapidamente una manovra di stabilizzazione dei conti pubblici da oggi fino al 2014 non può condurre a sottovalutare gli errori fatti dal governo nella gestione della politica economica degli ultimi mesi. E a non denunciare e condannare duramente l´ultimo, clamoroso, errore contenuto nell´emendamento del governo alla manovra finanziaria approvata in Senato.
Qualche mese fa il governo concordò con l´Unione Europea l´obiettivo del pareggio di bilancio strutturale nel 2014, pari a una manovra di correzione a regime di circa 40 miliardi, il 2,3 per cento del Pil. Qualche settimana fa il governo ha presentato una manovra che ammontava a 25 miliardi, rimandando la definizione delle misure per gli ulteriori 15 all´attuazione di una riforma dei sistemi fiscali e assistenziali. L´incertezza su questo secondo "pezzo" di manovra è stata uno degli elementi che hanno scatenato le tensioni speculative contro l´Italia. Per cercare, affannosamente, di rimediare il governo scrive adesso nella versione finale del testo relativo alla manovra che 20 miliardi verranno trovati, nel 2014, con un abbattimento lineare del 20 per cento dei regimi di agevolazione fiscale vigenti in Italia, e allega un´apposita tabella.
Così descritta potrebbe sembrare un´operazione di rigore. Purtroppo non è così, si tratta al contrario di un modo pessimo e perverso da parte del governo di rispondere alla scelta responsabile delle opposizioni di agevolare e rendere il più possibile rapidi i tempi di approvazione della manovra, per lanciare un segnale ai mercati finanziari e venire incontro all´appello del Presidente Napolitano.
La somma totale dei costi derivanti dai regimi di agevolazione contenuti nella tabella è di 161 miliardi. Poiché il 20 per cento di 161 fa 32, emerge un grossolano errore contabile nel testo dell´emendamento governativo il quale, se applicato così come scritto, produrrebbe ben più dei 20 miliardi di obiettivo.
La tabella comprende poi 103 miliardi di agevolazioni alle persone fisiche: famiglia (carichi familiari, figli, sanità, istruzione, ecc.), lavoro dipendente, pensioni. E´ una totale assurdità pensare di decurtarle in via automatica del 20 per cento, chiedere cioè alle famiglie, al lavoro e alle pensioni un contributo di 20 (venti!) miliardi, che passerebbero per un drammatico aumento della tassazione personale sui redditi. La quale già oggi è per più del 90 per cento a carico dei soli redditi da lavoro dipendente e da pensione. Questo non è rigore, è macelleria sociale.
Ed è ignavia, incapacità di esercitare il dovere di governo in una situazione così drammatica per il paese. Dentro quella tabella, così come nella più complessiva riforma fiscale, va fatto un lavoro di selezione e di scelta razionale avendo come principi guida l´equità e la crescita. Che senso ha chiedere un sacrificio così elevato ai soli lavoratori, e per di più soprattutto a quelli a reddito basso e medio-basso (per i quali l´incidenza delle detrazioni e deduzioni vigenti ha un margine significativo) e ai pensionati, mentre i redditi da capitale immobiliare vengono tassati con un´imposta forfettaria sostitutiva del 20 per cento e i redditi da capitale finanziario vengono tassati al 12,5 per cento?
Il paese non può sopportare oltre i pasticci di questo governo, i suoi errori, la sciatteria e la supponenza con cui guarda alle questioni dell´equità e dello sviluppo, che si tengono insieme a filo doppio con gli obiettivi della stabilizzazione finanziaria. Forse non ce n´era bisogno, ma ecco un´ulteriore prova della necessità che questo governo cialtrone, che ha fatto perdere credibilità all´intero paese, se ne vada al più presto possibile a casa. Una prova ulteriore, ma forse la più grave: non ci può essere duratura coesione nazionale se i comportamenti non sono leali e se le scelte di chi ha in mano le redini dell´attività di governo sono così abborracciate, ottuse e miopi.
Marco Causi
14 luglio 2011