Commissione bicamerale per l´attuazione del federalismo fiscale
Seduta del 19 aprile 2011
Intervento di Marco Causi su "verifica dello stato di attuazione e correzioni"
L´approvazione del decreto sulla finanza regionale e sulla sanità ha rilanciato la discussione pubblica e politica sull´attuazione della legge 42/2009 sul federalismo fiscale. Il decreto sulle Regioni è stato profondamente modificato durante l´iter parlamentare; ma l´architettura della riforma resta ancora zoppicante, barocca e incompleta. Il Partito Democratico ha quindi chiesto di aprire una fase di riflessione, per verificare i decreti già approvati e valutare ogni opportuna correzione. Valutiamo positivamente l´accoglimento della nostra proposta, che si è fra l´altro accompagnata con la proroga fino al 21 novembre 2011 del termine per l´emanazione dei decreti di attuazione e con l´estensione a tre anni (invece di due) del tempo disponibile per ulteriori decreti correttivi e integrativi.
A nostro giudizio il processo di attuazione della legge 42 sta procedendo in modo piuttosto confuso. Al di là degli aspetti quantitativi (5 decreti legislativi finora approvati, 3 formulati in via preliminare dal Governo ma in fase di discussione o non ancora discussi in bicamerale, 4 decreti di cui non è ancora cominciata la lavorazione, 67 atti normativi da predisporre a ricaduta dei soli cinque decreti già approvati), è possibile individuare, da un lato, singole questioni di merito sul contenuto dei provvedimenti e, dall´altro lato, una serie di criticità più sistemiche, concernenti il disegno generale della riforma. Tali criticità potrebbero trovare soluzione nei decreti integrativi e correttivi che il Governo ha preannunciato per i prossimi mesi. In qualche caso emerge la necessità di correggere e chiarire lo stesso testo originario della legge delega.
Si tratta di problemi di natura differente che possono essere raggruppati ed esemplificati in sette diversi titoli.
Aspetti critici del decreto Regioni
Resta nel testo del decreto, così come modificato dal parere approvato dalla Commissione bicamerale, un´ambiguità sulle modalità con cui distinguere i trasferimenti e le spese storiche delle Regioni fra ciò che è relativo ai servizi essenziali e alle funzioni fondamentali e ciò che non lo è. Questa ambiguità va sciolta, poiché la legge indica chiaramente che la perequazione sulla prima categoria avviene tramite il fondo perequativo a compartecipazione Iva, mentre la perequazione via addizionale Irpef vale solo per la seconda categoria. Il Governo ha già accolto in merito un´osservazione al parere sullo schema di decreto, successivamente trasformata in precise proposte di "limatura" degli articoli 2 e 11 dello stesso decreto. Tali proposte incontrano l´assenso dei tecnici della Commissione, dei tecnici del Governo e dei tecnici della Conferenza delle Regioni. E´ indispensabile che il Governo si attivi velocemente per acquisire tali modifiche.
Restano aperte poi, a nostro giudizio, alcune questioni in materia di sanità, le quali peraltro derivano dal parere emanato con larga maggioranza dalla Commissione sanità del Senato:
· Introdurre fra i parametri di riferimento dei costi standard indicatori di tipo socio economico, con la prioritaria finalità di contribuire alla razionalizzazione e alla modernizzazione delle reti di offerta tramite adeguati investimenti;
· Sciogliere l´ipocrisia di definire il fabbisogno standard con lo stesso termine con cui si definisce la quota di riparto;
· Arricchire il sistema informativo della sanità (NSIS) dei dati relativi ai percorsi di cura individuali, con procedure che garantiscano la privacy, come primo passo per una più efficace valutazione dell´efficienza e dell´efficacia dei servizi sanitari.
Interventi immediati sul decreto Comuni
E´ nota la nostra contrarietà complessiva al decreto sui Comuni. Sarebbe comunque necessario intervenire urgentemente sui seguenti punti:
· Estendere anche ai Comuni la "clausola di salvaguardia" relativa alle programmazioni finanziarie contenute nel Dl 78 che è stata adottata per le Regioni nel decreto a loro dedicato;
· Verificare sul piano quantitativo il funzionamento dei fondi di riequilibrio provvisori per Comuni e Province;
· Verificare sul piano quantitativo la previsione della compartecipazione Iva ai Comuni;
· Coordinare, nel caso dei Comuni, il Fondo di riequilibrio con il calcolo della compartecipazione Iva;
· Introdurre norme di indirizzo per il coordinamento fra i Fondi di riequilibrio destinati a Comuni e Province da parte di Stato e Regioni.
Omissioni
In alcuni casi i decreti legislativi approvati non affrontano alcuni punti rilevanti della riforma che, al contrario, visti gli oggetti dei singoli decreti, dovrebbero essere coerentemente considerati da tali provvedimenti. Si tratta quindi di colmare tali lacune mediante i prossimi decreti integrativi, anticipando il prima possibile almeno alcuni elementi "programmatici". Esempi:
· Sistema della perequazione dei Comuni "a regime";
· Relazioni finanziarie Regioni-Comuni (possibilità da parte delle Regioni di stabilire criteri di riparto del fondo perequativo tra i Comuni e Province inclusi nel proprio territorio integrativi di quelli fissati dallo Stato);
· Collegamento fra fabbisogni standard di Comuni e Province e LEP, sia nei settori finanziati da interventi multilivello (come ad esempio assistenza e istruzione) sia nei settori dove prevalgono le funzioni fondamentali degli enti territoriali, anche finanziate via tariffe (acqua, rifiuti, trasporto pubblico locale, viabilità, illuminazione pubblica);
· Definizione dei livelli "adeguati" del servizio di trasporto pubblico locale (parte corrente);
· Trattamento delle spese ordinarie in conto capitale;
· Trattamento delle fonti di finanziamento della spesa in conto capitale diverse da quelle ordinarie (emissione di debito, proventi straordinari);
· Costruzione delle regole per il funzionamento dei "piani per il conseguimento degli obiettivi di convergenza", ad esempio integrando opportunamente il decreto "premi e sanzioni".
Incoerenze
Una lettura trasversale dei decreti finora approvati o in via di approvazione (soprattutto quelli del federalismo municipale, del federalismo regionale, dei fabbisogni standard degli enti locali e quello degli interventi speciali) fa emergere una serie di incoerenze nel disegno generale, di carenze di coordinamento tra le varie componenti della riforma. Si tratta di contraddizioni che derivano dall´approccio "di breve respiro" seguito dalla riforma. Un approccio inadeguato perché: a) ha avuto come obiettivo centrale soltanto la fiscalizzazione dei trasferimenti statali; b) è condizionato da una malintesa applicazione della clausola di invarianza finanziaria in cui ogni nuova risorse deve trovare esatta corrispondenza in una risorsa abolita; c) ha lavorato per livelli di governo senza tener conto delle esistenti interrelazioni/sovrapposizioni; d) ha fatto riferimento soltanto allo scenario attuale di devoluzione delle funzioni di spesa. Esempi:
· Finanziamento della spesa in conto capitale e, in particolare, della spesa infrastrutturale, che chiama in causa a sua volta:
o Il coordinamento fra la perequazione infrastrutturale e la definizione dei fabbisogni standard;
o Il coordinamento (almeno programmatico) fra spese in conto capitale ordinarie e interventi speciali;
· Finanziamento delle funzioni di spesa Lep "multilivello" quali assistenza ed istruzione;
· Fondi perequativi per Comuni e Province: coordinamento tra componente statale e componente regionale;
· Legame fra LEP, loro ricognizione e fissazione di obiettivi e livelli di servizio, anche con riferimento al ciclo della decisione di finanza pubblica.
Su queste questioni appare necessaria una fase di approfondimento tecnico e metodologico, simile a quella affrontata nei mesi scorsi sulla questione dei costi e dei fabbisogni standard, ad esempio attraverso l´organizzazione di seminari istituzionali.
Appare prioritaria, soprattutto, la riforma della struttura finanziaria dei servizi oggi erogati in una situazione "multi-livello". Ad esempio, nel caso dell´assistenza è necessario ricostruire un vero quadro della situazione esistente, oggi non conosciuta, e passare per la determinazione dei Lep e dei fabbisogni standard tenendo conto congiuntamente delle prestazioni oggi erogate, separatamente, da Stato, Regioni, Province e Comuni. A questo fine i procedimenti di valutazione analitica dei fabbisogni standard varati con i precedenti decreti per Comuni e Province e con l´ultimo decreto per Regioni devono potersi integrare.
L´intreccio fra evoluzione della finanza pubblica e attuazione del federalismo fiscale non va sottovalutato. E´ chiaro che la crisi economica scoppiata nel 2008 ha reso doppiamente difficile la riforma dei rapporti finanziari fra Stato, Regioni e autonomie locali, ed è chiaro che nessuno può muoversi, su questo terreno, in modo demagogico. D´altra parte, dietro l´attuazione della legge 42 c´è la riscrittura di un patto nazionale per il finanziamento di importanti servizi di welfare, e su questo non ci possono essere ipocrisie. Non possono gli enti locali e le Regioni addossarsi la responsabilità per aumenti di imposte e riduzioni di servizi che dovessero, se necessario, derivare da una più generale decisione sulle condizioni della finanza pubblica e sulle scelte di politica economica del paese, dentro i vincoli europei.
E´ da questa ipocrisia che il Governo deve uscire, accettando un vero confronto inter-istituzionale Stato-Regioni-autonomie dentro il processo di coordinamento dinamico della finanza pubblica. Fissare obiettivi di servizio e fabbisogni standard deve diventare un compito ordinario, annuale, del processo di decisione di finanza pubblica, in modo che ci sia coerenza fra risorse disponibili e servizi che si possono con quelle risorse erogare, senza determinare aumenti della pressione fiscale né dislivelli insopportabili fra territori ad ampia e meno ampia base fiscale locale.
Necessità informative
I meccanismi di finanziamento previsti dai decreti legislativi richiedono per la loro concreta applicazione informazioni che non sempre sembrano effettivamente disponibili all´amministrazione finanziaria con un adeguato grado di affidabilità. E´ opportuno fare il punto sullo stato dell´informazione necessaria al funzionamento della riforma. L´esempio principale è quello della compartecipazione Iva, per la quale il Governo è gravemente inadempiente, non avendo ancora ottemperato all´impegno assunto di rendere pubblici i dati del modello VT, al fine di verificarne l´affidabilità.
Attuazione dei decreti attuativi
Come messo in luce dal Servizio studi della Camera i decreti legislativi finora approvati rimandano a cascate di ulteriori adempimenti attuativi (Dpcm, decreti ministeriali, regolamenti, altri atti). Ciò riflette indubbiamente la complessità della riforma ma anche un certo grado di improvvisazione ed incompletezza con cui i decreti sono stati formulati, che costringe ad integrazioni ed aggiunte mediante successivi provvedimenti. E´ opportuno fare il punto sullo stato di avanzamento dell´"attuazione dei decreti attuativi", verificando i ritardi nei tempi di adozione dei provvedimenti previsti nei diversi decreti. E´ urgente, in particolare:
· Una verifica dello stato di attuazione del decreto sul trasferimento del patrimonio demaniale;
· Una verifica dello stato di attuazione del decreto sul calcolo dei fabbisogni standard di Comuni e Province;
· Una verifica dello stato di attuazione della riforma nelle Regioni a Statuto Speciale, soprattutto con riferimento all´applicazione dei nuovi meccanismi di finanziamento agli enti territoriali ricompresi in quei territori.
Incoerenze della delega
La specificazione dei principi direttivi della legge delega in indicazioni più puntuali mediante i decreti legislativi ha fatto emergere con maggiore chiarezza alcune carenze e incongruenze della legge delega. Sarebbe opportuno superare tali criticità attraverso un intervento correttivo sulla legge delega a cui poi conformare le revisioni dei decreti legislativi. Esempi:
· Sistema perequativo delle funzioni non-Lep regionali (limitato alla sola componente "trasferimenti" della spesa storica; articolo 8, comma 1, lettera h);
· Chiarimento in merito agli interventi speciali per lo sviluppo e la coesione nelle Regioni a Statuto Speciale, necessario al fine di mantenere unitarietà alle politiche strutturali di origine comunitaria e nazionale.