Il primo decreto di attuazione della legge 42 del 2009 (cosiddetto federalismo fiscale), quello relativo al trasferimento del patrimonio a regioni ed enti territoriali, è stato varato dalla commissione bicamerale per l´attuazione del federalismo, con l´astensione del Partito democratico. Va subito detto che il parlamento ha lavorato molto su questo decreto, riscrivendolo quasi interamente. E´ bene saperlo, in un momento in cui l´opinione pubblica è scossa da ondate anti-parlamentariste. Ed è bene ricordare che la bicamerale è restata l´unica sede in cui sopravvive un flebile rapporto fra maggioranza e opposizioni sulle riforme.
I decreti che passano per la bicamerale non sono come quelli usa e getta a cui il governo Berlusconi ci ha abituato, con effetti che si esauriscono in poche settimane, ma sono decreti che intervengono su aspetti strutturali del funzionamento della repubblica, con effetti che possono durare per anni. Per questo ci siamo lamentati della fretta manifestata dal governo, che ha rifiutato la proposta delle opposizioni di prendersi altri venti giorni di lavoro. Perché il tempo e la serenità di giudizio sono molto importanti per evitare di legiferare male, e di creare nuovi problemi anziché risolverli.
E questa è la principale nostra insoddisfazione, che ha contribuito alla decisione di un´astensione critica, nonostante i tanti miglioramenti apportati dalla bicamerale al testo iniziale. Con un chiaro caveat per le modalità di lavoro sui futuri decreti.
In ogni caso, il lavoro svolto dalla bicamerale ha convinto il governo a modificare numerose parti del testo. Per ciò che riguarda i beni immobili la filosofia, inizialmente orientata solo alla vendita, viene riportata sulle funzioni pubbliche: il trasferimento non avverrà "una tantum", ma con un processo continuo nel tempo, basato su decreti biennali, con l´obiettivo di ridurre i fitti passivi. È stata cancellata la parte relativa a una riforma dei fondi immobiliari pubblici. Il nuovo testo specifica, a garanzia della finanza pubblica, che se un ente territoriale vuole vendere un bene deve prima aver completato l´approvazione della variante urbanistica per la sua valorizzazione: insomma si vende (o si conferisce a un fondo) solo al "prezzo giusto", quello derivante dalle trasformazioni urbanistiche già approvate. Si è stabilito che i proventi delle eventuali alienazioni vanno tutti utilizzati per l´abbattimento del debito pubblico, quello locale (75%) e quello nazionale (25%).
Un punto di debolezza del decreto è l´esclusione dei beni appartenenti al demanio della difesa, "protetti" da norme precedenti, come quella su Difesa servizi spA. Su questo tema il governo ha mostrato una vocazione molto poca federalista. Rimettere in gioco questi beni potrebbe dare impatti ben superiori. Abbiamo però ottenuto l´introduzione di meccanismi che prevedono che i beni della difesa non individuati entro un anno potranno essere inseriti negli elenchi previsti dal decreto. Si è chiarito che non verranno trasferiti i parchi nazionali e le riserve naturali protette, e neppure i giacimenti di petrolio e di gas e le aree di stoccaggio di gas. Si sono esclusi dal trasferimento i bacini idrici di carattere sovraregionale (anche se, con un colpo di coda finale, sono stati reintrodotti i grandi laghi). Si è inserita un´importante garanzia: che gli eventuali procedimenti di sdemanializzazione dei beni trasferiti dovranno comunque essere fatti dallo stato, tramite l´Agenzia del demanio.
Va chiarito che la gestione dei demani idrico e marittimo è affidata alle regioni da più di dieci anni, da prima della stessa riforma del Titolo V. Resta allo stato, però, la regolazione dei criteri per le concessioni e i canoni. Nel decreto abbiamo inserito principi cogenti sia per il demanio marittimo, sia per quello idrico ad uso industriale ed energetico. Questi ultimi dovranno garantire l´unitarietà del sistema energetico nazionale ed evitare impatti negativi sui prezzi dell´elettricità.
La principale criticità che resta nel testo del decreto, e che rappresenta un altro motivo dell´astensione del Pd, riguarda il fatto che il codice civile non è stato ancora coordinato con le modifiche legislative apportate dalla legge 42, e da altre precedenti leggi in materia demaniale. Il Pd aveva proposto di posporre il trasferimento al chiarimento di queste contraddizioni legislative, per evitare il rischio di contenziosi, usando temporaneamente, se del caso, lo strumento del comodato d´uso. In ogni caso, il governo si è impegnato a farla, questa riforma degli articoli del codice civile, contestualmente all´attuazione del decreto. Va poi ricordato che, insieme ai beni demaniali, vengono trasferiti a Regioni ed enti territoriali costi di gestione e manutenzione che non sono stati ancora quantificati e che dovrebbero essere riconosciuti. A queste spese non si applicherà il patto di stabilità interno: anche questo non era previsto nel testo originario.
E comunque, il Pd ha promosso l´inserimento nel decreto di un´osservazione che impegna il governo a interventi in materia di dissesto idrogeologico, da programmare insieme alle regioni. Adesso si apre la pagina dei decreti più importanti, quelli in materia finanziaria e tributaria. E si apre con un nostro chiaro caveat: non sia più la fretta a orientare il lavoro delle riforme, ma la qualità dei contenuti e l´onestà del confronto istituzionale.
Marco Causi