La strada maestra delle riforme passa per il Parlamento. Se davvero Governo e maggioranza vogliono percorrerla, quella strada, hanno un primo modo semplice e immediato per dimostrarlo: far funzionare pienamente i meccanismi di garanzia previsti per l´attuazione della legge delega sul federalismo fiscale.
Infatti, le modalità di approvazione dei decreti del federalismo fiscale prevedono un ruolo importante del Parlamento, attraverso la Commissione bicamerale appositamente istituita, oltre che attraverso le Commissioni finanziarie di Camera e Senato. L´idea che il Governo possa fare tutto da solo, in concertazione con i Governi di Regioni, Province e Comuni attraverso le intese nelle Conferenze Stato-Regioni-autonomie, è un´idea sbagliata. Di più: è un´idea che rischia di diventare un segnale davvero brutto e negativo sul metodo che Governo e maggioranza intendono seguire per la discussione più generale delle riforme istituzionali.
La legge sul federalismo fiscale prevede un ruolo per il Parlamento lungo tutto il percorso della sua attuazione. La Commissione bicamerale: (a) può esercitare un potere di proposta, fornendo al Governo elementi utili alla predisposizione dei decreti; (b) dialoga direttamente con i governi locali e regionali attraverso un Comitato di rappresentanti delle autonomie territoriali costituito presso la stessa Commissione (un primo esperimento, di fatto, di lavoro parlamentare con caratteristiche "federali"); (c) non solo deve esprimere, come di consueto, il parere parlamentare sulle proposte di decreti presentate dal Governo, ma, nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi al suo parere, costringe il Governo a presentarsi di fronte alle assemblee plenarie e a verificare, tramite il voto su eventuali risoluzioni, la tenuta della maggioranza sulle proposte del Governo in dissenso con quelle della Commissione; (d) verifica lo stato di attuazione della riforma fino alla conclusione della fase transitoria (sette anni).
Il Partito Democratico proporrà alla Commissione bicamerale, che comincia i suoi lavori la settimana prossima, di impegnarsi su alcuni grandi temi sui quali il Parlamento non deve semplicemente aspettare le proposte del Governo (leggendole magari sui giornali o ascoltandole nei talk show televisivi), ma deve concorrere a stabilire indirizzi e ipotesi di lavoro, con la piena partecipazione delle opposizioni: (a) livelli essenziali delle prestazioni; (b) metodologie di calcolo dei costi standard; (c) riassetto del sistema delle imposte e dei tributi locali e regionali; (d) quadro finanziario complessivo.
Finora il Parlamento ha ricevuto soltanto un primo decreto, relativo al cosiddetto "federalismo demaniale". E´ un decreto fortemente lacunoso, che non apre la strada a una reale razionalizzazione dell´uso degli immobili pubblici, si limita a stabilire procedure per la devoluzione di quote marginali di immobili statali agli enti locali con l´unica finalità di venderli, prevede procedure di dismissione discutibili e potenzialmente incompatibili con recenti sentenze della Corte Costituzionale, e non affronta neppure il tema di come queste dismissioni patrimoniali si riflettono sullo stock del debito pubblico statale e locale.
Al di là dei correttivi che andranno apportati a questo decreto, e al di là del fatto che il tema del patrimonio pubblico dovrà con ogni probabilità essere affrontato con ulteriori atti, è necessario che il Parlamento, tramite la Commissione bicamerale, assuma l´iniziativa sull´intera architettura di attuazione del federalismo fiscale. Il modo in cui le proposte delle opposizioni su questi temi saranno recepite nei prossimi giorni sarà un´importante cartina di tornasole per capire se il Governo Berlusconi e la sua maggioranza vogliono aprire un cantiere di riforme davvero funzionante o restano ancora schiavi di approcci propagandistici e strumentali.
Marco Causi
9 aprile 2010