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Marco Causi

Professore di Economia industriale e di Economia applicata, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Deputato dal 2008 al 2018.

La soluzione più conveniente non è sempre quella liberistica del lasciar fare e del lasciar passare, potendo invece essere, caso per caso, di sorveglianza o diretto esercizio statale o comunale o altro ancora. Di fronte ai problemi concreti, l´economista non può essere mai né liberista né interventista, né socialista ad ogni costo.
Luigi Einaudi
 



07/02/2010 Marco Causi
Il futuro di Acea
Note e proposte per una campagna pubblica di discussione.
 
Acea è un´importante azienda romana che opera in un settore strategico per lo sviluppo della città. Migliaia di addetti, centinaia di milioni di investimenti, eccellenza tecnologica e industriale a livello nazionale ed europeo (basti pensare alla qualità dell´acqua), presenza in tante parti d´Italia nel settore idrico ed in quello elettrico, impegno in prima linea sul fronte delle energie da fonti rinnovabili e nel settore del "waste to energy".
Sul suo futuro si deve aprire una discussione pubblica e trasparente non solo perché la sua proprietà è per il 51% pubblica, del Comune di Roma. E non solo perché Acea gestisce, in regime di concessione o di contratto di servizio, tanti fondamentali servizi pubblici nell´area romana, così come in altri territori italiani. Ma anche perché il futuro di Acea ha un impatto importante sul futuro dell´economia, dell´occupazione, dell´innovazione tecnologica della città di Roma, oltre che sulla stessa evoluzione dello scenario nazionale nel delicato e importante settore idrico ed energetico.
Negli ultimi 15 anni Acea ha fatto uno storico salto di qualità. Da carrozzone sonnacchioso e protetto da grasse rendite di posizione, è diventata una delle principali multiutility italiane, capace di espandere le sue attività in un quadro di regolazione pubblica che le ha chiesto sempre più efficienza.
Ha unificato la gestione della rete di distribuzione elettrica di Roma, la principale d´Italia, acquistando la rete ex Enel. Ha acquisito, tramite gara, numerose gestioni idriche nel Lazio, in Toscana, in Campania ed in Umbria, diventando di gran lunga la più grande industria idrica italiana, l´unica competitiva per scala e per competenze tecnologiche con i colossi europei. Ha moltiplicato per dieci la sua originaria capacità di generazione elettrica, con l´acquisto e il "revamping" di tante centrali ex Enel in molte parti d´Italia, in joint venture con Electrabel o attraverso la controllata Tirreno Power. Ha affrontato la sfida della liberalizzazione elettrica, diventando un operatore di livello nazionale sui mercati di vendita all´ingrosso e al dettaglio, anche grazie a una serie di accordi con altre aziende locali, in particolare in Puglia e in Umbria. Ha unificato il sistema di gestione idrica dell´intera Provincia di Roma, con una notevole mole di investimenti, e ha raggiunto elevati standard di capacità tecnologica per il controllo della qualità dell´acqua. Ha investito sugli impianti di termovalorizzazione, e grazie a questi investimenti Roma e il Lazio reggono oggi un equilibrio, pur non ancora stabile, dell´intero ciclo dei rifiuti. Ha in corso un rilevante piano di investimenti nel fotovoltaico e nell´eolico.
Con il collocamento in borsa Acea è stata assoggettata al controllo e alla valutazione indipendente del mercato, uscendo da un circuito di governance politica e affermando un modello di "public company". Punita dal mercato, all´inizio del passato decennio, in seguito alla bolla delle comunicazioni, è stata in seguito premiata per la nuova strategia di concentrazione sulle missioni industriali dell´acqua e dell´energia, perseguita dalla giunta Veltroni, con una crescita del titolo da circa 3 euro nel 2003 fino a circa 14 euro nel gennaio 2008.
Da circa un anno la strategia di Acea è incerta, e nebuloso se non preoccupante appare il suo futuro.
Il completamento del progetto industriale avviato nel 2003, ovvero il completamento del progetto "multiutility", in linea con le migliori esperienze industriali del settore, prevedeva l´acquisizione della rete romana del gas e la crescita così anche nel settore del gas, accanto all´acqua e all´elettricità. Quel progetto è stato bloccato, peraltro senza fornire né agli azionisti nè alla collettività romana e nazionale alcuna spiegazione sulle ragioni di questa bocciatura di strategia e management. E ciò è avvenuto nonostante quel progetto fosse parte di una strategia più complessiva, di dimensioni nazionali, nel settore energetico, sostenuta non solo dal precedente Governo, ma anche da quello attuale, legata fra l´altro alla crescita europea di Eni.
Quel progetto, peraltro, non è stato sostituito da nessuna ipotesi alternativa da parte del nuovo management insediato dalla nuova amministrazione comunale di Roma. Un management che, ad un anno quasi dal suo insediamento, brilla soltanto per inerzia e inazione. Il nuovo piano industriale, recentemente approvato, si limita ad una mera dinamica inerziale dello status quo, senza esplicitare alcuna scelta strategica chiaramente definita.
I risultati di questa situazione sono sotto gli occhi di tutti, ed assolutamente deludenti.
L´utile economico della gestione (letto in comparazione con i risultati prodotti dal precedente management) mostra una flessione di oltre il 100%, con connessa e parallela flessione del patrimonio netto dell´azienda:
 
 
30 set 2007 (C)
 30 set 2008 (B)
 30 set 2009 (A)
 Var. %
(A-B)
 Var. %
(A-C)
UTILE
NETTO

Gruppo
mln euro
 105
 113
 -5,10
 -105%
 -105%
 
 
 31 dic 2007 (C)
 31 dic 2008 (B)
 30 set 2009 (A)
 Var. %
(A-B)
 Var. %
(A-C)
PATRIMONIO
NETTO

mln euro 
 1.434
 1.458
 1.315
 -9,8%
 -8,4%
 
Le difficoltà della gestione comprimono la capacità di realizzare investimenti al servizio della città e degli utenti:
 
 
 31 dic 2007 (C)
 31 dic 2008 (B)
 30 set 2009 (A)
 Var. %
(A-B)
Var. %
(A-C) 
INVESTIMENTI
mln euro 
 380
 417
 312
 -25%
 -18%
 
Mentre esplodono i debiti:
 
 
 31 dic 2007 (C)
 31 dic 2008 (B)
 30 set 2009 (A)
 Var. %
(A-B)
 Var. %
(A-C)
PFN
mln euro 
 1.323
 1.633
 2.108
 29,04%
 59,36%
 
Una situazione non a caso severamente punita dalla valutazione indipendente del mercato, con un crollo del titolo a circa 6 euro, in proporzione ampiamente superiore a quanto sarebbe giustificato dalle dinamiche aggregate generate dalla crisi economica, e una riduzione del valore della capitalizzazione di borsa del 35% negli ultimi due anni:
 
 
02 gen 2008 (C)
02 gen 2009 (B)
29 gen 2010 (A)
Var. %
(A-B)
Var. %
(A-C)
QUOTAZIONE
AZIONI 
 14,23
 9,7
 7,77
 -19,95%
 -45,43%
 
 
 
30 set 2007 (C)
30 set 2008 (B)
30 set 2009 (A)
Var. %
(A-B)
Var. %
(A-C)
CAPITALIZZAZIONE
BORSA

mln euro 
 2.943
 2.151
 1.905
 -11,43%
 -35,27%
 
L´amministrazione comunale di Roma ha smesso di esercitare le sue funzioni di azionista e non ha fornito alcun nuovo indirizzo alla società, contravvenendo agli obblighi di legge. Nessuna discussione si è svolta in Consiglio Comunale sulla mancata attuazione delle linee guida del Piano industriale di Acea approvato dallo stesso Consiglio nel 2007, né in alcuna occasione il Sindaco e il Consiglio Comunale si sono espressi in merito agli indirizzi strategici per l´azienda. Sembra quasi che l´azionista pubblico, pur avendo la maggioranza della società, abbia deciso di non esercitare i suoi diritti, abbandonando di fatto la principale azienda partecipata dal Comune a destini decisi con procedure e modalità che mancano del tutto di trasparenza.
Dopo l´approvazione dell´articolo 15 della legge 166/2009 (cosiddetto decreto "Ronchi") si è aperta una strada pericolosa, che potrebbe portare alla privatizzazione dell´azienda con procedure di "collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali".
L´incentivo alla privatizzazione contenuto in questa legge è maldestro e nocivo per i cittadini di Roma e della sua provincia, che hanno Acea come fornitore del servizio idrico integrato. Se il Comune non dovesse scendere sotto il 51%, la concessione idrica in essere decadrebbe e dovrebbe essere messa in gara. Con la discesa del Comune, in prospettiva, fino al 30%, la concessione idrica resterebbe non modificata nella "pancia" di Acea.
Per i romani si prospetta così il peggiore dei mondi possibile: privatizzazione del gestore idrico senza liberalizzazione del servizio, senza revisione della concessione, senza miglioramento dei controlli sulle tariffe e sulla qualità, senza alcuna procedura di gara (né per il servizio né per la scelta degli operatori privati che comprerebbero il pacchetto azionario che il Comune potrebbe mettere in vendita).
In altre parole, un monopolio naturale viene consegnato a privati, senza un´autorità di controllo a tutela degli interessi dei cittadini/utenti che non sia un potere politico locale per definizione "vicino e attento" alle esigenze dell´imprenditoria locale.
Ma altrettanto gravi sono gli altri potenziali impatti di una privatizzazione senza strategia. Il Comune rischia di vendere un pacchetto di azioni Acea ad un valore minimo, sia rispetto al loro valore storico, sia rispetto al valore che queste azioni potrebbero avere se l´azienda fosse gestita in modo efficiente, da un management credibile, dentro una ben definita strategia industriale. Una vendita che quindi potrebbe risolversi, insieme alla intoccabilità della concessione idrica romana fino al 2029, in un vero e proprio regalo ai compratori.
E non è dato di sapere quale sarebbe, in questo contesto, il futuro delle attività energetiche di Acea, sia quelle svolte in joint venture con Electrabel, sia quelle importanti per la sostenibilità del ciclo dei rifiuti di Roma e del Lazio, come i termovalorizzatori.
Le ricadute di un processo di privatizzazione privo di bussola strategica e di pensiero industriale, come quello che emerge dalle estemporanee dichiarazioni del Sindaco di Roma, possono essere molto pesanti. Per l´occupazione e il futuro della stessa Acea. Per la qualità, il costo e la disponibilità di servizi essenziali come l´acqua e i rifiuti nella più grande area metropolitana italiana. Per la tenuta industriale delle gestioni di Acea al di fuori di Roma, che sono state costruite nel corso del tempo attraverso offerte competitive e procedure di mercato, ma che si sono al tempo stesso consolidate grazie alla natura di Acea come "public company", dotata di un azionista di riferimento orientato alla redditività di lungo periodo dell´investimento e al corretto rapporto con le collettività locali servite. Ben diversa sarebbe la capacità competitiva di Acea nei settori in cui opera, a partire dall´acqua, se con la privatizzazione dovesse prevalere un modello aziendale orientato alla massima redditività nel breve periodo e meno attento alla trasparenza e all´efficienza dei processi di selezione dei fornitori. (come insegna, per restare nel Lazio, il caso di AcquaLatina).
Su tutti questi temi è indispensabile una discussione pubblica ampia, trasparente, informata.
Sulle spalle di Roma non possono ricadere operazioni di basso cabotaggio e dubbia prospettiva, decise in chissà quali stanze del potere, magari in contropartita di altri elementi all´interno di un risiko finanziario nazionale. I cittadini e le cittadine di Roma e i lavoratori e le lavoratrici di Acea, così come l´opinione pubblica nazionale, hanno il diritto di sapere, prima di potersi formare un giudizio sulla privatizzazione, almeno cinque cose:
(a) su quale piano industriale e su quali strategie il Comune di Roma intende portare Acea ? (b) cosa intende fare Acea nella prospettiva della gara per il servizio di distribuzione del gas a Roma, anche per difendersi dai potenziali concorrenti che possono fornire alle famiglie e alle imprese, congiuntamente, sia il gas che l´elettricità?
(c) è necessario ottemperare all´articolo 15, oppure non sarebbe saggio e prudente aspettare la pronuncia della Corte Costituzionale, che dovrà esprimesi sui numerosi ricorsi avanzati contro questa norma?
(d) in ogni caso, se si dovesse davvero applicare l´articolo 15 del decreto "Ronchi", sarebbe più conveniente privatizzare il servizio idrico, o sarebbe preferibile metterlo a gara, introducendo in quest´ultima le garanzie necessarie per gli investimenti, le tariffe, la qualità del servizio?
(e) quali strategie sono in grado di sostenere un percorso di sviluppo, e non di ripiegamento, per Acea, con ricadute positive per l´occupazione e per il tessuto produttivo dell´intera città, e per la sua capacità di restare sede di localizzazione di imprese, come Acea, che portano investimenti di pregio in settori tecnologicamente avanzati, innovazione e attività di ricerca e sviluppo?
Da un punto di vista industriale, laddove si decida comunque di ragionare all´interno del corpus normativo della legge 166, ci si deve chiedere se sia possibile definire, in capo all´azionista, strategie alternative a quella della mera cessione delle azioni. Se questa ultima ipotesi appare di facile lettura laddove si considerino le esigenze di cassa di una politica più interessata ad una immediatezza di rapporti con il territorio che allo sviluppo industriale della città, di assoluto diverso spessore potrebbe essere una riflessione, nell´interesse dell´azienda e della città, che parta dalle esigenze finanziarie che un serio piano industriale pone ad Acea.
La società si trova oggi a vivere l´inizio di una stagione di straordinarie opportunità che le potrebbero consentire la ripresa di un percorso di crescita ed espansione che garantisce quello sviluppo industriale di cui l´economia locale (anche in considerazione dell´indotto che lo stesso comporta) ha disperatamente bisogno in questo momento di crisi economica.
Acea deve investire a livello adeguato nello sviluppo della rete elettrica (per ammodernamento della rete esistente e sviluppo della stessa a fronte dello sviluppo della città), nello sviluppo della rete idrica, nello sviluppo di progetti inerenti le energie rinnovabili (tanto nel fotovoltaico quanto nell´eolico), nella costruzione di impianti per la gestione del ciclo dei rifiuti, nella partecipazione alle gare che ai sensi della nuova normativa presto dovranno essere indette sul territorio nazionale per la gestione del servizio idrico integrato, nel completamento del progetto di creazione di una multiutility radicata nel proprio territorio di riferimento e proiettata verso una espansione nazionale (attraverso la partecipazione alla gara che dovrà essere indetta per la gestione del servizio di distribuzione del gas nella città di Roma).
Ma la situazione finanziaria sopra indicata impedisce alla società di disporre delle risorse necessarie a cogliere queste opportunità.
E allora, se davvero si volesse scegliere la strada di diluire l´azionista pubblico, ovvero se questa strada fosse normativamente obbligatoria, si potrebbe raggiungere questo risultato non attraverso un processo di cessione delle azioni ma attraverso un´operazione di aumento del capitale sociale.
E questa allora è la sesta domanda a cui il Sindaco di Roma dovrebbe rispondere: perché, invece di "svendere", non si punta su una ricapitalizzazione di Acea?
Basterebbe nominare, nella prossima assemblea dei soci di Aprile 2010, un Consiglio di Amministrazione che sia autorevole ed industrialmente competente, al quale conferire il mandato di redigere un piano industriale finalizzato allo sviluppo della società, che identifichi i fabbisogni di capitale necessari e, di concerto con l´azionista pubblico, predisponga un progetto di aumento di capitale sociale che riporti nel capitale sociale di Acea i piccoli azionisti, i fondi di investimento (italiani ed esteri), i fondi pensione e più in generale tutti quegli investitori interessati ad un titolo difensivo con prospettive di lungo periodo. Facendo leva finanziaria sul capitale raccolto, Acea disporrebbe a questo punto di tutte le condizioni necessarie per competere, nell´interesse della città, nel nuovo scenario di riferimento (un autorevole e competente Consiglio di Amministrazione, che scelga un management stimato dal mercato, e risorse finanziarie sufficienti alla realizzazione dei piani sviluppati).
Peraltro, è chiaro che un‘operazione finanziaria in ottica di sviluppo, che esplicita appieno tutte le potenzialità, allo stato inespresse, della società avrebbe valori sicuramente ben diversi rispetto a quelli ipotizzabili, nella condizione attuale, da una mera cessione di azioni, con beneficio evidente per la collettività.
In ogni caso, occorre che le istituzioni locali (Comune, Provincia, Regione) garantiscano i cittadini e le imprese di Roma su costi e qualità del servizio idrico integrato. Vanno rafforzate tutte le attività indipendenti di controllo (segreteria ATO2 presso la Provincia, Agenzia per i servizi pubblici locali presso il Comune) e va chiesto al gestore, in assenza di un´Autorità nazionale, l´adozione unilaterale di regole di comportamento mutuate da quanto previsto dalla Autorità per l´Energia Elettrica ed il Gas con riferimento al Gestore Indipendente della Rete Elettrica.
Di questo l´intera città deve discutere in modo informato, aperto e trasparente. La tardiva convocazione del Consiglio Comunale straordinario annunciata dal Sindaco Alemanno non potrà che essere un primo passo. Anche perché, e questo è un punto di assoluto rilievo politico, il Comune non dovrà e non potrà scegliere da solo, ma dovrà tenere conto degli orientamenti delle altre istituzioni locali da cui dipende la regolazione del servizio idrico (Provincia) e del gas (Regione) e dovrà aprire un´ampia consultazione con i soggetti sociali ed economici della città.
 

 
Acea, il Sindaco Alemanno e il Consiglio Comunale di Roma

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