ANCI − Associazione dei Parlamentari amici dei Comuni
Roma, 23 giugno 2009
Intervento di Marco Causi
E´ necessario più coraggio nella differenziazione delle funzioni tra comuni e province. Faccio un esempio. Se si vuole più concorrenza nell´offerta dei servizi di interesse economico generale (trasporti, acqua, rifiuti, energia, ecc.) ci deve essere qualcuno che si occupi in via sistematica e professionale della domanda. La pubblica amministrazione deve essere garante della domanda da parte dei cittadini e delle imprese: standard e qualità del servizio, tariffe, ecc. Qui c´è un evidente problema di ambito ottimale dal punto di vista tecnico-economico, soprattutto quando siano coinvolte reti, che porta a pensare ad un livello intermedio di governo, come la provincia, fatta esclusione per le città metropolitane.
Tuttavia, voglio ricordare agli amici parlamentari che sui servizi di interesse economico generale il Parlamento avrebbe molto altro lavoro da fare. La Banca d´Italia ha appena concluso una serie di studi, coordinati da Paolo Sestito e Magda Bianco, in cui vengono passate in rassegna le regolamentazioni introdotte negli ultimi quindici anni e in cui emergono con grande evidenza fabbisogni di "manutenzione" normativa in settori importanti come ambiente, acqua, trasporto pubblico locale, ecc. Non basta più concorrenza nell´offerta, se non c´è una buona regolazione, e la nostra ha urgente bisogno di essere rivista, a meno di non voler gestire tutto con i commissariamenti straordinari.
Secondo punto. Voglio ricordare che c´è poca chiarezza su come funzionerà nella legge 42 il fondo perequativo per le funzioni non fondamentali. E´ il fondo meno definito di tutta quella legge, e sarà probabilmente necessario attivare, soprattutto per i comuni più piccoli, non solo il livello di perequazione nazionale ma anche il livello regionale. C´è anche un po´ di ipocrisia sulla questione dell´autonomia finanziaria dei comuni: bisognerà in fase di attuazione stimolare affinché il governo si proponga di utilizzare tutti gli spazi possibili per l´autonomia finanziaria dei comuni, soprattutto nella direzione delle basi imponibili immobiliari.
Molti sollecitano riforme nelle modalità di esercizio dei poteri di indirizzo e di controllo dei consigli comunali e provinciali. Nessuno vuole tornare al passato, ma è evidente che la concentrazione dei poteri gestionali in capo a sindaci e presidenti ha progressivamente svuotato di ruolo i consigli. La mia opinione è che i poteri di indirizzo e di controllo dei consigli comunali e provinciali si esercitano nel modo migliore se possono basarsi su apparati informativi avanzati e innovativi in merito alla quantità e alla qualità dei servizi offerti dall´amministrazione, all´efficacia dell´azione amministrativa, al monitoraggio effettivo di cosa l´amministrazione comunale o provinciale fa con i soldi che il consiglio dà alla giunta e al sindaco, o al presidente, quando approva il bilancio.
E allora la proposta mi sembrerebbe quella di trasformare il rendiconto in un documento non più soltanto finanziario ma di vera e propria rendicontazione sociale. Ovvero, di allegare al rendiconto finanziario di comuni e province un vero e proprio bilancio sociale. Accanto alla parte finanziaria, esporre gli indicatori quantitativi di cosa si fa con quei soldi, assoggettare l´azione amministrativa anche a valutazioni di tipo qualitativo. Un rendiconto non solo finanziario, ma anche sociale, può diventare il terreno naturale su cui i consigli esercitano i poteri di indirizzo e di controllo, anche con modalità di raccolta e di verifica dei dati che garantiscano l´indipendenza e la terzietà rispetto all´esecutivo.
Infine, per quanto riguarda tutta la tematica dei controlli e della valutazione della gestione amministrativa dell´Ente, grazie alla legge 42 comuni e province avranno nuovi strumenti. Pensate quanto sarà importante il costo standard, e come tramite alcune sedi "federali" di condivisione dei dati finanziari ed economici si arriverà a definirne l´entità per i principali servizi essenziali o fondamentali. Tutte le amministrazioni avranno così un riferimento per l´erogazione dei servizi e potranno autovalutare il percorso e il raggiungimento del costo standard, o quali siano gli elementi locali che lo impediscono. Da questo punto di vista la legge 42 ha al suo interno, se ben sviluppati e ben attuati, meccanismi di controllo diversi da quelli del passato, non solamente preventivo o successivo, o meramente contabile o tecnico-amministrativo. Le procedure di convergenza e gli eventuali piani per il conseguimento degli obiettivi di convergenza hanno più attenzione agli obiettivi di servizio e ai costi standard, che non ai tradizionali controlli di tipo formale. Queste procedure andranno costruite nelle sedi di condivisione fra stato e autonomie locali previste dalla legge, e andranno sperimentate.
Credo sarà molto importante per il mondo degli amministratori e dei dirigenti e tecnici di comuni e province iniziare a confrontarsi con i costi standard, e se possibile anche con i bilanci sociali, quindi con bilanci che dicono cosa si fa, e non solamente quanto si spende.