Finalmente anche l´Europa ha un piano. Dopo settimane di discussioni, i capi di stato e di governo dell´area Euro sono d´accordo sul fatto che le banche europee hanno bisogno di un salvataggio di emergenza.
Meglio tardi che mai. I dettagli però non sono chiari. Pare che ogni stato membro debba trovare la sua soluzione personalizzata, mentre è evidente che per ricostituire la fiducia nei mercati finanziari è necessaria una soluzione europea.
Il taglio dei tassi di interesse sicuramente contribuirà ad evitare una recessione profonda. La Banca Centrale Europea sta svolgendo il suo ruolo di prestatore di ultima istanza. Ha fornito nuovi strumenti per rivitalizzare il mercato monetario in crisi. Ma la crisi finanziaria ormai non è più soltanto una crisi di liquidità. Il problema è la solvibilità delle banche. Gordon Brown ha deciso di utilizzare i soldi dei contribuenti per ricapitalizzare e nazionalizzare le banche in crisi, agendo nel pubblico interesse e mostrando una decisa capacità di leadership.
Quando il Presidente Sarkozy ha invocato una azione concertata, la Germania ha rifiutato il suo appoggio. Sarkozy ha agito responsabilmente come presidente dell´Unione, ma ha raccolto la sfiducia tedesca, forse da lui stesso generata durante la presidenza francese.
Ma il problema è molto più profondo. Con 27 stati membri nell´Unione Europea e 15 nell´area euro, l´Europa non è più in grado di muoversi. Gli economisti politici sanno bene che la capacità di un gruppo di agire collettivamente diminuisce all´aumentare del numero dei membri. Lo chiamano il problema dell´azione collettiva. La soluzione è delegare il processo decisionale ad una autorità sopranazionale.
L´Europa ha delegato la politica monetaria alla Banca Centrale Europea per buoni motivi. Ha anche trasferito potere decisionale alla Commissione Europea in altre aree di azione politica, in particolare in politica della concorrenza. Entrambi sono esempi di successo di politica europea. Ma gli stati membri si sono rifiutati di trasferire i loro poteri ad una entità di supervisione per il mercato finanziario. E´ ormai tempo che ciò avvenga, come il governo italiano, con Tommaso Padoa Schioppa, ha chiesto in passato.
I problemi sono complessi. Le autorità nazionali conoscono meglio le banche locali e i regolamenti specifici, e questa conoscenza è fondamentale quando si tratta di prendere la decisione giusta. L´integrazione dei mercati finanziari d´altro canto ha creato interdipendenze che vanno ben oltre i confini nazionali. Hypo Real Estate e Fortis ne sono un esempio. Una crisi bancaria in Italia potrebbe spazzar via il sistema bancario di Austria e Slovenia.
L´Unione Europea dovrebbe trasferire la gestione delle crisi alla Commissione Europea. Il modello adatto potrebbe essere quello in atto per la politica della concorrenza: al di sotto di una certa soglia, i governi nazionali mantengono le loro competenze. Ma quando c´è un rischio reale di una crisi che destabilizzi il sistema finanziario, l´Europa deve assumere il controllo.
Ma chi paga poi alla fine? La resistenza tedesca alle soluzioni europee ha una spiegazione semplice: la Germania non si può più permettere di essere il ragioniere dell´Unione. Operazioni di salvataggio di grande entità mettono in difficoltà il consolidamento del bilancio, in un momento in cui la crescita economica sta rallentando. Ma evitare un crollo finanziario è un compito dell´Europa per antonomasia. Perché non autorizzare l´Unione Europea ad emettere Union Bonds nel mercato dei capitali, attività che sarebbero garantite di concerto da tutti gli stati membri e riscattate una volta finita la crisi con i proventi futuri delle banche e i capital gains? Questi fondi potrebbero essere usati per garantire emissione di nuovo debito per le banche o investiti in banche che hanno bisogno di ricapitalizzazione. Invece di nazionalizzare le banche, le si potrebbe europeizzare − anche se in fondo lo sono di già, europee.
Questo consentirebbe all´Europa di gestire una crisi sistemica senza minare le politiche di bilancio degli stati membri. Darebbe ai mercati finanziari la garanzia che l´Europa è in grado di sostenere le sfide del nostro tempo. Sarebbe molto meno costoso per i contribuenti europei. Permetterebbe di verificare la potenziale attrazione di titoli europei in una fase dominata dal flight to quality. E aprirebbe la strada all´utilizzo di questo strumento per il sostegno degli investimenti pubblici di livello europeo, come suggerito quindici anni fa da Delors.
Investimenti che saranno necessari, in un futuro molto vicino al presente, non solo in chiave antirecessiva, ma soprattutto per affermare che l´Europa esiste e vuole giocare un ruolo attivo nella stabilizzazione della crisi e nella generazione di meccanismi per la crescita sostenibile nel nuovo mondo multipolare verso cui siamo proiettati.