Berlusconi ormai non stupisce più, è un disco rotto che recita sempre gli stessi versi, incurante della caduta verticale di credibilità che gli deriva dalla puntuale mancata realizzazione delle sue promesse elettorali. E´ così con le leggi speciali, più volte promesse a varie città, a seconda dei turni elettorali, e mai arrivate in porto.
Si comincia con Roma, campagne elettorali del 2001 e del 2006, durante le quali Berlusconi promise il rifinanziamento della legge speciale per Roma Capitale (la legge 396 del 1990) a condizione, naturalmente, che gli elettori della Capitale avessero scelto il candidato sindaco del centrodestra. Ma si sa: il buongusto istituzionale non è proprio ciò in cui Berlusconi eccelle. Paradossalmente, la legge speciale per Roma Capitale verrà totalmente definanziata a partire dal 2010 proprio dall´attuale governo a un sindaco "amico" come Alemanno. Tanto amico da farsi prendere un po´ in giro dal governo, accettando l´azzeramento della vecchia legge speciale in cambio di un futuro decreto su Roma capitale, da approvare nell´ambito dell´attuazione della legge 42 sul federalismo fiscale, decreto di cui non c´è ancora oggi alcuna traccia.
Si continua con Firenze, con promessa di una legge speciale durante la campagna per le elezioni comunali del 2009, puntualmente smentita dai fatti. Il Sindaco Renzi continua a pretendere che la promessa venga mantenuta, ma ha poche speranze.
Il massimo gioco teatrale, però, viene raggiunto a Venezia, durante le elezioni comunali del 2010. Il copione si ripete: se votate Brunetta, insinua il centrodestra, verrà rinnovata e rifinanziata la vecchia legge speciale per la città della laguna, la 139 del 1992. I veneziani il teatro lo conoscono bene e non abboccano. Si ritrovano così, dopo aver eletto un sindaco di centrosinistra, con il ministro Brunetta delegato, con decreto del 14 maggio 2010, a svolgere le "funzioni di impulso, promozione e coordinamento delle iniziative legislative dirette a modificare la normativa vigente in materia di salvaguardia di Venezia e della sua laguna". Insomma: un candidato sindaco uscito sconfitto dalla competizione elettorale diventa ministro delegato alle normative speciali per la sua città. Con buona pace del federalismo e, soprattutto, con buona pace dell´infinita litania a cui il centrodestra ci ha abituato sull´intangibilità della sovranità popolare così come espressa dai responsi elettorali. Orsoni, però, fa buon viso a cattivo gioco e accetta di collaborare con il ministro delegato per predisporre un testo di legge. Ha fatto bene Orsoni, non solo per naturale responsabilità istituzionale, ma anche perché per l´ennesima volta il gioco ipocrita di Berlusconi è stato scoperchiato. La bozza di disegno di legge per Venezia viene portata (pro forma) da Brunetta nel Consiglio dei ministri del 22 dicembre del 2010 è lì resta insabbiata. Ad oggi, non se ne ha notizia.
Promettere leggi speciali durante le campagne elettorali delle grandi città d´arte italiane è, insomma, uno degli sport preferiti da Berlusconi (comunque, meno dannoso di altri suoi svaghi prediletti…). Che queste promesse non vengano mantenute è poi altrettanto automatico. Nel caso di Roma dopo il 2008, attenzione, anche con un sindaco di centrodestra.
Ci pensino bene allora gli elettori e le elettrici di Napoli, a cui in questi giorni vengono fatte promesse del tutto analoghe a quelle propinate ai cittadini di Roma, di Firenze e di Venezia. Anche i napoletani d´altronde, come i veneziani, conoscono bene i segreti dell´arte teatrale.
Piuttosto, Berlusconi e il suo candidato a sindaco di Napoli dovrebbero rispondere a una semplice domanda: perché questi interventi non vengono regolati con semplici decreti di attuazione della legge 42 del 2009 sul federalismo fiscale? Da alcuni mesi il Governo sforna decreti attuativi del federalismo fiscale a rotta di collo, per l´evidente preoccupazione della Lega Nord che una crisi politica o la fine della legislatura possano interrompere la realizzazione di uno dei progetti che le sta più a cuore. Questa legislazione affrettata e compulsiva sta generando numerosi pasticci, soprattutto sul fronte della riforma della finanza comunale.
In ogni caso, proprio la legge 42 prevede che possano essere emanati decreti legislativi per "specifiche realtà territoriali, con particolare riguardo alla realtà socio-economica, al deficit infrastrutturale, ai diritti della persona, alla collocazione geografica degli enti, alla loro prossimità al confine con altri Stati o con regioni a statuto speciale, ai territori montani e alle isole minori, all´esigenza di tutela del patrimonio storico e artistico, ai fini della promozione dello sviluppo economico e sociale" (lettera c, comma 1, articolo 16).
La nuova grammatica istituzionale del federalismo, insomma, non contempla più leggi speciali, ma "interventi speciali" nell´ambito di quanto previsto dal quinto comma dell´articolo 119 della Costituzione. Se davvero Berlusconi avesse voluto fare un "intervento speciale" per Napoli, sarebbe bastato impegnare Calderoli a portare in Parlamento, per il previsto parere della commissione bicamerale per l´attuazione del federalismo, un apposito decreto legislativo. Non solo ciò non è avvenuto, ma non è neppure previsto in base alla programmazione dei futuri decreti annunciati dal governo (si veda, ad esempio, quanto dichiarato da Calderoli il 19 aprile in commissione bicamerale in sede di verifica dello stato di attuazione della legge 42).
Dopo Roma, Firenze e Venezia, insomma, anche a Napoli le bugie di Berlusconi hanno le gambe cortissime.