Stavolta non basteranno le citazioni di Tocqueville. Non saranno sufficienti nemmeno le perifrasi sugli alberi storti o la riproposizione del ritornello liberale (no taxation without representation) in salsa leghista. E neppure le ricostruzioni storiche sugli anni della grande inflazione o su come cresceva e cresce il debito pubblico.
No, questa volta il ministro Tremonti non potrà nascondersi dietro la foglia di fico delle 122 pagine di tabelle allegate alla relazione sul federalismo. Non potrà truccare i dati o piegarli a ideologismi «un po´ pelosi». Alla vigilia dell´audizione del ministro in bicameralina, in programma per oggi, il Partito democratico ha illustrato le 10 domande che presenterà a Tremonti condizionando alle risposte il proprio appoggio ad una svolta federalista, che fin qui con la legge 42 ha in qualche modo condiviso. A più di un anno dall´approvazione della legge sul federalismo e alla vigilia di un consiglio dei ministri che dovrebbe varare il secondo dei decreti attuativi relativo alla determinazione dei fabbisogni standard di comuni e province, il Pd chiede chiarezza. Al ministro. Ma anche alla Lega.
Il capogruppo del Pd alla camera Dario Franceschini sul tema è stato categorico: «La Lega deve scegliere tra la fedeltà al federalismo e la fedeltà a Tremonti. E le due cose sono in palese contrasto tra loro». Tanto più che i democratici non sono più disposti a proseguire sulla strada di un percorso federale che non sia esplicitata nei costi e nella direzione. Dunque, c´è necessità di una scelta definita. Da parte del ministro, ma anche e soprattutto da parte del Carroccio. «Se la Lega vuole davvero il federalismo − ha incalzato Franceschini − noi continueremo a lavorare per un federalismo giusto, equo e solidale; se la Lega tradisce il federalismo andremo al nord a denunciarlo». Il Pd non ci sta più a concedere alibi a chi intende truccare le carte. «Vogliamo sapere qual è il quadro di riferimento − ha detto il capogruppo Pd in senato Anna Finocchiaro − quali sono i numeri, non vogliamo trucchi né finzioni ». E se la Finocchiaro ha avvertito che il Pd non è disposto a consegnare una pistola carica alle regioni ricche per far fuori quelle povere, i democratici hanno sottolineato come l´intero progetto federalista sia messo a dura prova da una manovra che di fatto, con i tagli agli enti territoriali, rappresenta l´ostacolo maggiore all´attuazione della riforma.
Ed è per questo che i democratici − da Walter Vitali a Marco Causi, da Rolando Nannicini a Marco Stradiotto a Sergio D´Antoni − prennunciano un eventuale voto negativo al documento della commissione sulla relazione del ministro. Dieci domande "non retoriche" ma puntuali perché sia modificato il senso della relazione del Tesoro sulla riforma. A cominciare dalla necessità di fare chiarezza sulla fiscalizzazione dei trasferimenti statali e sul fatto che la spesa sanitaria sia stata inclusa nella spesa locale discrezionale. A Tremonti i Dem chiederanno se i tagli ai trasferimenti operati dalla manovra incidano sulla possibilità di far fronte a servizi pubblici essenziali. «Non vorremmo − hanno spiegato − che con dati manipolati, cinici e non coerenti si finisca per distruggere spese giuste: scompare ad esempio il trasporto pubblico locale o la spesa sociale mentre compaiono gli incentivi alle imprese». Quel che manca nella relazione di Tremonti è lo spirito che aveva consentito al Pd di dialogare sulla legge delega a cominciare dalle clausole di salvaguardia per le autonomie più deboli come il patto di convergenza o la fissazione di un limite massimo della pressione fiscale. Dall´Imu alla non autosufficienza, dall´autonomia impositiva degli enti territoriali alla necessità di evitare che il federalismo si traduca in un aumento della pressione fiscale. Il Pd chiede una parola chiara e non ci sta a tollerare ancora ambiguità.
Raffaella Cascioli