Eugenio Bruno
ROMA
Esclusione dal patto di stabilità delle spese sui beni ricevuti dallo stato. Stretta sui fondi immobiliari.
Attribuzione di spiagge, laghi e fiumi alle regioni, dei piccoli bacini e delle miniere alle province e delle aree
dismesse dei grandi porti ai comuni. Sono alcune delle novità introdotte nel decreto legislativo sul federalismo
demaniale, che mercoledì prossimo otterrà il via libera della bicamerale di attuazione e, il giorno dopo,
l´approvazione definitiva del Consiglio dei ministri. Così da rispettare la dead line del 21 maggio prevista dalla
delega per il primo provvedimento di attuazione.
A fissare i tempi è stato l´ufficio di presidenza dell´organismo parlamentare guidato da Enrico La Loggia. Con
il "sì" della maggioranza e il "no" dell´opposizione che, Pd in testa, ha proposto di usare la proroga di 20 giorni
ammessa dalla delega per approfondire i «quattro nodi» elencati dal capogruppo democratico in
commissione, Walter Vitali: debito pubblico, beni culturali, immobili della difesa e oneri occulti di gestione. Ma
il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli ha respinto qualsiasi slittamento per non rallentare la
tabella di marcia decisa del Carroccio.
Per riuscirci l´esponente leghista ha garantito che accoglierà le oltre 35 osservazioni contenute nella bozza di
parere, depositata ieri dai relatori Massimo Corsaro (Pdl) e Marco Causi (Pd) e illustrata alla presenza del
leader leghista Umberto Bossi. A cominciare dall´attribuzione alle regioni del demanio marittimo e idrico non
«sovraregionale» (come il Po o il lago di Garda che resteranno statali) mentre i piccoli bacini chiusi e i canoni
di quelli più grandi andranno alle province insieme alle miniere. I comuni si concentreranno invece su terreni,
fabbricati e aree dismesse dei grandi porti per facilitarne la valorizzazione.
La valorizzazione potrà avvenire anche con il veicolo dei fondi di investimento immobiliare, purché formati da
«enti territoriali» che s´impegnino a detenere le quote dei fondi per almeno due anni. Senza dimenticare la
precisazione che «alle procedure di spesa relative ai beni trasferiti ai sensi delle disposizioni del decreto non
si applicano i vincoli relativi al rispetto del patto di stabilità interno» e il chiarimento che i proventi delle
eventuali vendite andranno per l´85% all´abbattimento del debito locale e per il restante 15% di quello statale.
Minori i ritocchi subiti dal procedimento di trasferimento. Sarà sempre uno o più decreti del presidente del
consiglio a decidere entro 180 giorni i beni da trasferire. Tuttavia, i vari livelli di governo potranno chiederne la
disponibilità, motivando la loro istanza, in 60 giorni anziché in 30. I cespiti "snobbati" saranno affidati
all´Agenzia del demanio che potrà valorizzarli d´intesa con regioni ed enti locali interessati. Ogni due anni
l´esecutivo dovrà verificare se nel frattempo si sono liberati altri beni e ricollocarli.
A queste modifiche concordate con Corsaro, Causi ne ha aggiunte altre dieci. Due quelle a cui tiene di più:
«dare più potere ai sovrintendenti nella scelta di valorizzazione dei beni culturali per superare l´inerzia della
burocrazia ministeriale»; «non limitarsi a trasferire gli immobili militari che la Difesa entro un anno rimetterà a
disposizione ma tutti quelli che oggi non sono utilizzati per esigenza di difesa e sicurezza nazionale».
Calderoli ci penserà su durante il weekend e lunedì darà la sua risposta. In base alla quale il Pd deciderà se
mercoledì voterà o meno lo stesso parere della maggioranza.
Sistemato il demanio, il governo si dedicherà alla relazione sull´impatto dell´intera riforma da presentare entro
il 30 giugno. Base di partenza i 133 miliardi che le regioni hanno speso nel 2008 (si veda Il Sole 24 ore di ieri)
per assicurare le funzioni fondamentali (sanità, istruzione e assistenza sociale) da perequare al 100%: su
quelli andranno calcolati i risparmi ottenibili con il passaggio ai costi standard.