di Duilio Giammaria
Come una metafora della stagione, il dibattito sul Sud si è scaldato in corrispondenza della "mezza estate". Al di là della eccessiva semplificazione delle formule proposte per rilanciare la politica meridionalistica, un articolo di Marco Causi sul Sole 24 Ore e le recenti affermazioni della Poli Bortone a proposito del Dipartimento Politiche di Sviluppo, sono l´occasione per rivedere la recente storia degli interventi pubblici e della filosofia che le hanno sostenute.
Dopo la fine della Cassa e dell´Agenzia per il Sud, dal 1998 l´intervento pubblico al Sud è stato governato dal Dipartimento Politiche di Sviluppo , il DPS voluto da Ciampi - che attraverso le regole e i meccanismi premiali sulle risorse aggiuntive (fondi strutturali e FAS) − ha di fatto controllato le leve dell´economia meridionale. L´analisi delle politiche recenti è interessante perchè riporta finalmente il discorso sulle "cose sin qui fatte" e non solo su quello che non è andato.
Lessons learned dicono gli anglosassoni ogni volta che analizzano i fatti recenti, "lezione imparata ", ovvero distinguere gli errori fatti dalle esperienze di successo.
Proviamo a farla questa analisi: il lavoro del DPS nato in un governo di centrosinistra, proseguì sotto diversi governi compresi quelli di centro-destra (con la nomina al Ministero dell´Economia, allora guidato da Giulio Tremonti, di Gianfranco Miccichè come Vice Ministro responsabile delle politiche di sviluppo al Sud). La stagione si concluse, nella scorsa legislatura con lo "lo spacchettamento" del Ministero dell´Economia.
Di quell´esperienza vanno riconosciute alcune peculiarità, ad esempio quella di aver mantenuto, anche nel governo di centro-destra un uomo come Fabrizio Barca, non solo nominato dal governo di centro-sinistra. In un paese gravemente ammalato di uno spoil system che spesso genera clientelismo e inefficienza, è un bell´esempio di condivisione e del riconoscimento della Pubblica Amministrazione come fucina di validi civil servant e della fondatezza di alcuni strumenti di politica economica.
Quali sono gli elementi che fanno rimpiangere quella stagione e quali invece gli errori commessi?
Ovviamente sulla materia ci sono molti libri e studi approfonditi che si basano su solide valutazioni e un´ampia base statistica messa a disposizione proprio dal DPS, ma proverò a sintetizzare alcuni punti cruciali.
L´ elemento di forza è stato, secondo me, quello di aver puntato sugli "obiettivi di servizio". E´ un parametro che fissa criteri oggettivi di misurazione dell´impatto degli interventi in alcuni settori fondamentali (istruzione, asili nido, servizi agli anziani, rifiuti, acqua). Il DPS inventò cioè un formidabile strumento capace di "pesare" e valutare "oggettivamente" il lavoro delle amministrazioni centrali, regionali e locali. In un paese in cui la polemica politica spesso copre le efficienze e le inefficienze del sistema, nascondendo dietro il clamore delle dichiarazioni e accuse incrociate, l´incapacità di accettare critiche e commenti, gli obiettivi, hanno l´ambizione di fornire un indice oggettivo.
Come conseguenza della oggettività della valutazione, furono predisposti "meccanismi premiali" per le amministrazioni che avevano raggiunto o superato gli obiettivi posti. Ma nonostante l´indubbia forza della proposta, qualcosa, non ha funzionato, poiché come è del tutto evidente, in quasi tutte le regioni meridionali, si sono prodotti fenomeni di cattiva gestione, quando non di spreco o addirittura di vero e proprio malaffare. Il motivo della scarsa efficacia sta essenzialmente nella comunicazione. In gran parte i principi e le pratiche sono rimasti nei documenti del DPS e nei cassetti delle amministrazioni. L´anello cruciale del meccanismo di valutazione delle politiche regionali, ovvero l´opinione pubblica, è stata largamente tagliata fuori dalla comprensione di questi fenomeni.
I nodi strutturali della bassa efficienza dei servizi, qualità e quantità dei beni pubblici, rimangono sostanzialmente irrisolti. Dal punto di vista dei cittadini meridionali, le politiche economiche orientate al miglioramento dei servizi sono, ancora oggi, in larga misura materia arcana. E questo spiega anche perché nonostante il macroscopico "spreco" delle risorse non ci sia mai stato un vero e propria reazione dal parte dei cittadini. Lo scandalo della sanità pugliese di cui si sta scoprendo la ramificata rete di connivenze, non sarebbe dovuto saltare agli occhi di tutti, se fossero stati espliciti agli amministratori e ai cittadini gli obiettivi da raggiungere?
E´ evidente che un bilancio di un impresa altamente specializzata come quella di un ASL è di difficile comprensione, ma perché non è scattato l´allarme sulla qualità e sui costi dei servizi? Non sarebbe stato possibile in questo caso far "accendere la luce rossa" sul tavolo degli amministratori?
Quindi, concludendo, quello degli "obiettivi di servizio" rimane uno degli strumenti fondamentale non solo dell´amministrazione ma anche della stessa democrazia. Non ci sarà una politica del Mezzogiorno, né una democrazia compiuta, sino a quando gli amministratori non potranno essere giudicati sulla qualità e il costo dei servizi forniti alla comunità. Tanto più in una società complessa come quella meridionale, in cui il gioco politico è spesso la sintesi di rapporti familiari, di clan, di corporazioni, rapporti non sempre visibili, in cui la valutazione oggettiva dell´operato degli amministratori, diventa materia contendibile, senza che l´opinione pubblica abbia gli strumenti, al di là della simpatia o antipatia per l´uno o l´altro degli schieramenti di partecipare e farsi un giudizio. E´ una questione di grande attualità in vista delle elezioni regionali su cui i candidati dovrebbero impegnarsi esplicitamente