È il primo tentativo di riempire di contenuti concreti, cioè di cifre, la legge delega sul federalismo fiscale approvata dal parlamento nel maggio scorso. Il gruppo della Camera del Partito democratico (Pd), che si è astenuto nel voto finale ma ha contribuito al perfezionamento del testo del governo nell´iter parlamentare, ha commissionato uno studio a tre specialisti di finanza pubblica, Giampaolo Arachi, Vittorio Mapelli e Alberto Zanardi, per valutare, in particolare, gli effetti redistributivi delle misure.
Un argomento politicamente delicato perché con quei flussi si misura lo spostamento di risorse da una regione all´altra o da un comune all´altro. E si verifica se e quanto l´obiettivo di mantenere le risorse là dove sono prodotte, caro soprattutto alla Lega Nord che ne ha fatto il suo cavallo di battaglia politico, si può raggiungere.
«È solo un dato di partenza − spiega Gianclaudio Bressa, vicecapogruppo del Pd alla Camera − ma se non si comincia a ragionare su elementi concreti non si riempie quel guscio di principi che è la legge delega». I risultati dello studio danno comunque indicazioni importanti. «Sembra che i puntelli sulla perequazione − osserva Marco Causi, che rappresenta il Pd in commissione Finanze − funzionino. Le prime analisi fanno vedere che l´applicazione della legge non avrebbe effetti punitivi sul Sud. Si guadagna e si perde sulla base di altri fattori».
L´analisi delinea anche l´esigenza di correttivi all´impianto del federalismo fiscale uscito dal parlamento. «Tra i comuni − aggiunge Causi − si notano divari più accentuati che tra le regioni. Ci sembra necessario introdurre una perequazione a due livelli, nazionale e anche regionale. Inoltre, per molti comuni il salto dal vecchio al nuovo regime sarebbe assai brusco: una transizione di due anni, come previsto dalla legge, sarebbe difficile da gestire».
Gli esperti hanno fatto tre simulazioni che riguardano la spesa sanitaria, pari a circa l´80% delle uscite delle regioni, la spesa regionale per le funzioni non essenziali (circa il 10% del totale) e la spesa dei comuni per le funzioni non essenziali (circa il 20% del totale). Lo studio non copre quindi tutta la spesa né tutti gli enti locali ma è importante perché fornisce le prime indicazioni quantitative sugli effetti delle misure. E consente un confronto su elementi fattuali dopo che la legge è passata nella più totale assenza di valutazioni numeriche sulle conseguenze dei provvedimenti.