24.03.2009 L´Unità - Ma il bicchiere del federalismo, secondo il Pd, è mezzo pieno o mezzo vuoto? Difficile dirlo. Certo invece è che l´astensione, già praticata al Senato e quasi sicuramente confermata oggi alla Camera, è la via più indolore per portare all´incasso le tante modifiche ottenute dai democratici e per non spaccare un partito che sul tema ha, come si suol dire, sensibilità diverse. Il Pd deciderà come votare oggi all´ora di pranzo, ma nessuno dubita sull´esito della riunione del gruppo: sarà astensione. I no saranno una piccola minoranza, tra cui Furio Colombo e i rutelliani Mantini e Lusetti.
Franceschini, come già Veltroni, è convinto che alla fine le luci siano più delle ombre, e vede in questa scelta una possibilità per acquistare credibilità al Nord. Tra i deputati nordisti, del resto, non ci sono dubbi: tanto che il ligure Andrea Orlando era arrivato fino a ipotizzare un voto favorevole. In effetti il lavoro in commissione ha portato frutti: una quarantina di emendamenti Pd approvati.
Due i punti chiave delle correzioni targate Pd: aver evitato la «balcanizzazione» dell´Irpef, e cioè che si creassero 21 diverse Irpef, regione per regione. E aver aumentato i poteri della "bicameralina" composta da 30 parlamentari che avrà poteri consultivi sui decreti attuativi del governo ma anche di indirizzo. Altro punto chiave, la perequazione verticale: significa che, per i Comuni, la compensazione tra aree più forti e più deboli sarà a carico dello Stato. «C´è una distanza abissale dal testo originario del governo, per questo non ce la sentiamo di dire di no», spiega Pierpaolo Baretta, che insieme a Marco Causi ha seguito il dossier a Montecitorio. E tuttavia c´è un rischio, che Pierluigi Bersani ha bene in mente: che l´astensione non sia compresa dagli elettori, che crei un cortocircuito comunicativo a danno del Pd. Per questo l´ex ministro va dicendo da giorni che «dobbiamo spiegare bene il nostro voto».
L´atteggiamento delle altre opposizioni non aiuta: tra il barricadero no dell´Udc e il sì dell´Idv che flirta con Calderoli, la via mediatica è piuttosto stretta. Uno spunto lo offre Marina Sereni, che ha una parola d´ordine chiara: «Abbiamo scongiurato ogni ipotesi secessionista». Poi ci sono i mal di pancia dei sudisti, in gran parte rientrati. Dice Sergio D´Antoni, probabile capolista del Pd nel Mezzogiorno: «Su questi temi non ci obiezioni di coscienza, io voto in linea col partito». Ma nel merito? «Da sindacalista sono abituato a valorizzare i risultati ottenuti nelle trattative...però resta l´incognita della delega al governo, e io temo le pulsioni di questi signori. Dovremo vigilare molto sui decreti...».
Causi è molto netto sul rapporto Nord- Sud: «Abbiamo corretto così tanto che alla fine a lamentarsi saranno quelli del Nord, come dimostrano le critiche di Mercedes Bresso», spiega. «Abbiamo tenuto ferma la barra dell´unità nazionale, non siamo stati mai subalterni al leghismo. Abbiamo salvato 1,6 miliardi di fondi perequativi per le regioni del Sud». Una risposta netta a Michele Emiliano, segretario del Pd pugliese, che si era lamentato: «Per il sud è una scelta subìta, non condivisa».
Ma il Pd è intenzionato a dare ancora battaglia oggi in aula, per far approvare un altro pacchetto di emendamenti. Tra questi uno di Causi, che propone una modifica dei criteri di nomina dei dirigenti nelle regioni, negli enti pubblici, nelle Asl. Si punta a introdurre criteri trasparenti e di merito per disboscare la giungla di dirigenti lottizzati. In commissione è stato bocciato «per eccesso di delega». «Ci hanno spiegato che c´era troppa carne al fuoco», sorride Causi. «Ma non ci arrendiamo».
24 marzo 2009